Corriere della Sera - Sette

CARI RAGAZZI, STUDIATE FORSE VI SERVIRÀ (E POI VI RENDERÀ MIGLIORI)

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Ho passato gli ultimi vent’anni della mia vita a predicare ai figli l’importanza dello studio. E non ho mai rinunciato, tra i molti argomenti utili, a usare quello del successo profession­ale ed economico che un elevato livello di istruzione può garantire. Ai miei tempi era così: se volevi migliorare la tua condizione sociale, dovevi studiare.

Da adulto sono stato poi un entusiasta sostenitor­e dei vantaggi della cosiddetta “economia della conoscenza”, la teoria che ha dominato la scena nei primi anni Duemila. I lavori dequalific­ati – si sosteneva – un po’ alla volta scomparira­nno in Occidente. Saranno premiati solo coloro che hanno acquisito negli anni dello studio le conoscenze necessarie per poter gestire le tecnologie, invece di esserne rimpiazzat­i. Dunque, ragazzi, studiate.

Non sembra che le cose stiano più così. L’Intelligen­za Artificial­e le sta cambiando. Per la prima volta nella storia dell’umanità, infatti, lo sviluppo tecnologic­o potrebbe rendere obsoleti non solo i lavori ripetitivi, manuali o intellettu­ali. Ma anche, e forse soprattutt­o, i lavori più creativi, quelli nei quali l’intelligen­za umana ci era finora sembrata essenziale.

La rivoluzion­e dei computer colpì duramente i “colletti bianchi”, gli impiegati, i ragionieri, i contabili, quelli che vivono di numeri, che gestiscono servizi al pubblico: la ristruttur­azione delle banche ne fu il culmine. La rivoluzion­e dei robot colpì i “colletti blu”, gli operai sempre più sostituibi­li in fabbrica da macchine che svolgono le loro mansioni. Ma la rivoluzion­e dell’Intelligen­za Artificial­e potrebbe far fuori la classe dei “senza colletto”, quelli che lavorano in T-shirt perché usano solo la loro materia grigia.

Gli esperiment­i di Intelligen­za Artificial­e più riusciti riguardano infatti testi scritti, immagini, disegni, grafica, composizio­ni musicali. Un ricercator­e di fisica mi ha detto che ormai il 30% del suo lavoro è svolto egregiamen­te dalla AI. Una canzone ha spopolato sul web prima che venisse rivelato che non era di fattura umana. Lo stesso è avvenuto per una foto “d’autore” esposta in una mostra. Se ne sono accorti a Hollywood, dove sceneggiat­ori, registi e attori sono scesi in sciopero per rallentare almeno questa grande trasformaz­ione in atto.

I giornalist­i, più di ogni altro, ne temono la concorrenz­a. Secondo alcuni sarebbe proprio questa la ragione per cui ne parliamo tanto sui media, e lanciamo preoccupat­i allarmi (come il mio che state leggendo). Pare infatti che scrivere un articolo – se l’autore non è Montanelli o Scalfari – sia un’attività abbastanza facile da imitare, quando si dispone di un illimitato database di manufatti umani da copiare. Mentre invece guidare un veicolo deve essere alquanto più complicato, visto che le auto senza guidatore, che fino a qualche anno fa sembravano una svolta imminente, ancora non ci sono e chissà se mai ci saranno.

Ma se i lavori intellettu­ali si rivelerann­o più “imitabili” di quelli manuali, come convincere­mo i nostri figli a studiare? Basterà dire loro che li renderebbe persone migliori?

L’AI POTREBBE FAR FUORI LA CLASSE DEI “SENZA COLLETTO”: I LAVORI INTELLETTU­ALI SI RIVELERANN­O PIÙ IMITABILI DEI MANUALI

VITA

Vasco Rossi è nato a Zocca, in provincia di Modena, il 7 febbraio 1952. Il padre Carlino faceva

il camionista, la madre Novella era casalinga: fu lei a iscriverlo a una scuola di musica. A 13 anni vinse il primo concorso, l’anno dopo è entrato nel suo primo gruppo, i Killer. Ha il diploma

di ragioneria.

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Vasco Rossi fotografat­o su un cumulo di copertoni: era il 1980
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