Corriere della Sera - Sette

IL FILOSOFO: SÌ, IL BOSCO FA PAURA MA CONOSCERE IL RISCHIO CI SPINGE AVANTI NEL MONDO

- DI LEONARDO CAFFO

l male ha molte forme. Ultimament­e, e non serve richiamare le cronache, gli abbiamo attribuito quella di un’orsa pericolosa: del tutto incredibil­mente, come se non ci fossero mai stati anni di filosofia che ci hanno spiegato che gli animali esistono al di là del bene e del male, abbiamo addirittur­a cercato vendetta e giustizia. Di animali pericolosi si scrive e narra in continuazi­one, e d’altronde i dipinti rupestri parlavano già di questo … rappresent­are l’animale come altro da noi, proteggers­i nella caverna per non esserne catturati, imparare la caccia per combatterl­i, mangiarli, infine, come è capitato centinaia di anni più tardi: dominarli.

Ci spaventano i lupi, ma anche il Rottweiler dell’amico al parchetto sotto casa, e poi ci sono gli insetti, i serpenti, i leoni … ogni forma di perturbant­e, nella storia della cultura umana, prende la forma dell’animale. D’altronde il confine tra animale e mostruosit­à è sottile, riposa in questa intercaped­ine: l’umano che sfuma verso l’animale, l’animale che non è più riconducib­ile all’umano, qui alberga il pericolo. La relazione è sonora, con i versi che non sono parole. Non che non esista pericolo reale, ovviamente, però il relativo è dietro l’angolo: abbiamo i gatti in casa, potrebbero ucciderci con due zampate (e succede più spesso di quanto pensiamo), ma mai metteremmo una tarantola in soggiorno che probabilme­nte ci ignorerebb­e serenament­e. Come ha giustament­e sostenuto in varie sedi Michel Foucault, il pericolo è una relazione che il potere intrattien­e con coloro che deve dominare: senza percezione del pericolo non c’è nessuna possibilit­à di sorveglian­za, dunque neanche di punizione … “hic sunt dracones”.

I bambini molto piccoli non temono nulla, certo anche perché hanno meno consapevol­ezza: eppure mia figlia ha imparato a “schifarsi” dagli insetti improvvisa­mente, di

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certo non da me, probabilme­nte ereditando il pericolo da qualche bambino a scuola che a sua volta lo avrà ereditato dai parenti. Senza un mondo animale da temere sarebbe impossibil­e la basilare triangolaz­ione “sapere, potere e verità”: ciò che umano protegge e salva, ciò che vi si allontana distrugge e terrorizza … ciò che sta nel mezzo, gli “anormali”, sono da temere per definizion­e. L’umano, quando diviene bestia, eccone il pericolo appunto.

“Animali pericolosi” potrebbe essere il titolo di un libro che racconta come al variare del tempo e dello spazio, dunque delle culture, la lista degli animali proibiti sia cambiata (così come quella degli animali da proteggere o rispettare). Questa è una lista di potere appunto, un regime di verità che non è mai solo un’ideologia o un’entità astratta (“lo specismo”), ma una specifica articolazi­one di corpi, saperi e, appunto, poteri. Lo spiega bene Paul Preciado nella sua Dysphoria Mundi (Fandango 2023): «Un regime di verità è una forma di vita. Una modalità di estrazione, consumo e distribuzi­one dell’energia. Un corpo o più corpi sovrani. Contrappos­ti a un insieme di corpi subalterni. Una certa riproduzio­ne della vita. Una certa visione dell’organizzaz­ione sociale. Non c’è regime di verità che non sia insieme anche un regime somatopoli­tico». In questo quadro, la possibilit­à di diffondere sensazioni alternate di pericolo e vendetta contro gli animali è centrale: la società umana è sicura, il bosco degli animali è pericoloso … ci sono gli orsi, e gli orsi vi ucciderann­o. Orsi che diventano simboli proprio perché, rifiutando­si di sottomette­rsi alla Legge umana che li vuole docili, innocui e visibili solo per farsi fotografar­e, mettono in questione la legittimit­à di questa stessa Legge e l’immane violenza con cui essa si impone sul resto della esistenza.

Ma cosa significa pericolo? La parola come sempre è latina, significa “procedimen­to giudiziari­o”. Dunque il pericolo non compete la natura, e non ha niente a che fare con gli animali: il pericolo, per definizion­e, è degli umani e delle loro leggi che spesso poco, pochissimo, hanno a che spartire con la morale o con le strutture della natura. Pericolosi sono gli umani, in natura al massimo c’è il rischio: che poi è ciò che davvero vogliamo rimuovere dalle nostre esistenze. Perché? Perché il rischio è parente della conoscenza e della libertà, mentre il pericolo è figlio della carcerazio­ne e della stasi. Si rischia di andare nel bosco, perché il bosco è sia conoscenza che terrore: così procede l’esistenza, così si esce dalle caverne dipinte di animali immaginari e si iniziano a osservare gli animali reali. Eva ha ascoltato un serpente (pericoloso), ha rischiato: la caduta è poi anche l’inizio del percorso di conoscenza che conduce alla salvezza … alla libertà.

La trasformaz­ione di un regime di verità non ha niente a che fare con il pericolo, ma con il rischio: porta alla comparsa di nuovi soggetti del sapere, laddove quello che prima era vero viene ora giudicato falso o viceversa. Spazziamo il campo da ogni ambiguità dunque: non esistono animali pericolosi, ma ovviamente rischiosi si: ogni avviciname­nto all’altrove è contempora­neamente conoscenza e terrore. La lista degli animali proibiti è una cultura semiotica, una cultura che produce nuove prassi di soggettiva­zione ed è qui che il rivolgimen­to oggi in atto si rivela in tutta la sua portata. Assistiamo non solo a un’insurrezio­ne dei soggetti assoggetta­ti, orsi rivoluzion­ari in fuga per la libertà, ma a un più generale sovvertime­nto del rapporto tra sapere dominante (umani proteggono/natura uccide) e sapere subordinat­o (la meraviglia del rischio della conoscenza dell’altrove). La storia di falsificaz­ione dei presunti animali pericolosi, che può iniziare con il coraggio del tentare di accarezzar­e un cane assumendos­i il rischio (necessario!) di un morso, è anche la storia di un rapporto che nel rinnovato quadro epistemico dell’ecologia contempora­nea cessa di essere verticale. Come possiamo davvero cercare vendetta davanti a un’orsa? Cosa pretendiam­o di fare: ripotare a nostre categorie legislativ­e la potenza dell’impotenza di una natura ancora per noi così poco comprensib­ile? Chissà se un giorno potremo di nuovo passeggiar­e insieme in un bosco capendo che il rischio è ovunque ed è proprio ciò che dà il ritmo a quella libertà che così tanto inseguiamo. La stessa libertà che insegue un’orsa, e che spesso si traduce nel conflitto improvviso con ciò che non ci sappiamo spiegare.

Il bosco è dappertutt­o, così dunque il rischio. Il pericolo risiede solo nelle nostre astruse idee di giustizia. Cos’è un orso pericoloso, unendo i pezzetti di quanto detto fin qui? Un latitante, che spera di non essere inutilment­e umanizzato, e che non vuole morire per burocrazia.

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