L’IMPERATIVO È ARRUOLARSI IN ITALIA C’È UNA MILITARIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO
Roberto Bellia (paradosso44@yahoo.it) terroristica islamista, costato la vita a oltre 1.200 civili israeliani, aggiunge una pagina di inaudita violenza alla storia maledetta della questione israelo-palestinese. Una violenza che nessun pregresso, nessun torto subito dai palestinesi, nulla può motivare e che sta facendo precipitare la situazione in un nuovo conflitto dai contorni sempre più drammatici.
Il punto centrale, di chi ha a cuore la pace, è però come non consegnare l’annoso problema palestinese alla risposta terroristica. Non è stato il punto centrale della politica di Netanyahu, che invece ha fatto l’esatto contrario, favorendo in ogni modo gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania, che hanno ormai divorato il territorio assegnato ai palestinesi, e chiudendo ogni strada ai negoziati e alle forze più moderate. «Il governo israeliano ha fatto di tutto per far sì che Fatah e l’Autorità Palestinese non fossero partner, ed in questo modo ha dato potere a Hamas», ha detto l’ex capo dello Shin Beth, i servizi segreti israeliani per la sicurezza interna, Ami Ayalon.
Analisi che nulla tolgono alla nettezza della condanna. Tuttavia, per un curioso paradosso, è possibile ascoltarle nel dibattito pubblico israeliano più facilmente che in quello italiano.
Le guerre, questa israeliana come quella ucraina, non coinvolgono direttamente il nostro Paese. Eppure da noi si assiste a una militarizzazione del linguaggio e del confronto. Ogni parola aggiunta alla condanna di Hamas viene additata come prova di ostilità verso Israele, così come solo ragionare di negoziati di pace in Ucraina è sicuro sintomo di simpatie putiniane.
L’imperativo è arruolarsi, in questo “scontro di civiltà” in salsa italiana. Una semplificazione che non aiuta a capire e una banalizzazione molto spregiudicata. Perché il più delle volte strumentalizza queste grandi tragedie mondiali per pure ragioni di piccola polemica politica nazionale.