«SONO TRASCORSI DUE ANNI ORA LE BAMBINE AFGHANE DEVONO TORNARE A SCUOLA»
Yalda Hakim sta tenendo il conto. «Voglio che il mondo sappia quanto tempo è passato da quando i talebani hanno vietato alle ragazze di frequentare la scuola in Afghanistan. Abbiamo ormai superato ampiamente i 700 giorni e i due anni».
Hakim è presentatrice e giornalista televisiva, ex Bbc, ora passata a Sky News per cui è diventata Lead World News Presenter, come sono definiti i volti più importanti dell’emittente. Fondatrice della Yalda Hakim Foundation, con la quale aiuta le giovani afghane a studiare, è tra le giornaliste che più ha a cuore l’Afghanistan, suo Paese di origine, nel quale è nata nel 1983.
Quando aveva sei mesi i suoi genitori fuggirono dall’Afghanistan a cavallo, prima nel vicino Pakistan e infine in Australia dove lei è cresciuta.
«Sì, avrei potuto essere una di quelle bambine che negli anni Novanta non hanno ricevuto un’istruzione o una di quelle donne che oggi non possono mostrarsi in pubblico, non hanno il diritto di avere una voce, un lavoro, un’istruzione, il diritto alla libertà o alla vita. Non è andata così».
Dove si trovava quando i talebani hanno ripreso il controllo di Kabul, più di due anni fa?
«Ero a casa a Londra. Era domenica, il mio giorno libero, non dormivo da giorni perché sapevo che sarebbe potuto succedere e cercavo di aiutare chi potevo a fuggire. Poi, al mattino presto, mi è arrivata una telefonata dal desk della Bbc. Sulla strada per l’ufficio ho chiamato i miei contatti nel Paese, compreso il portavoce dei talebani e sono andata in onda tenendo il telefono vicino. L’ho visto squillare. Era il portavoce dei talebani Suhail Shaheen che mi richiamava. C’erano i talebani in linea. Non potevo interrompere la diretta ovviamente ma dovevo rispondere. Ho informato gli spettatori e i produttori di quello che stava accadendo e ho aperto la comunicazione».
Cosa ha pensato in quei pochi secondi?
«Mi sono detta si tratta di me, si tratta di porre il tipo di domande che il mondo vuole sentire, che il popolo afghano vuole sentire, specialmente le donne e le ragazze così preoccupate per il loro futuro. Non mi sono resa conto lì per lì delle possibili conseguenze. Ho semplicemente seguito l’istinto e fatto il mio lavoro».
Dopo aver lasciato il Pakistan, si è trasferita in Australia con la sua famiglia. Cosa ricorda di quel periodo?
«All’epoca i miei tenevano un diario. In alcune pagine c’è scritto che già allora volevo fare la giornalista. Avevo 7 anni. Ho imparato le lingue in quel periodo, oltre al dari e il farsi, anche l’hindu e l’urdu, grazie a mia sorella che adorava i film di Bollywood. Poi, a 15 anni, i miei mi hanno incoraggiata a scrivere per il giornale locale e raccontare cosa accadeva alle donne afghane. E da lì è iniziato tutto, credo».
Lei è entrata alla Bbc a 28 anni ed è diventata uno dei volti più importanti del giornalismo internazionale. Mentre gli occhi del mondo erano puntati su Israele e Gaza, in Afghanistan diversi terremoti hanno fatto più di 2mila vittime ma la notizia è passata in secondo piano. Il mondo ha dimenticato il suo Paese?
«I meccanismi dell’informazione obbligano a dare attenzione più a certi fatti che ad altri, sulla base della loro rilevanza ovviamente. Ma credo sia un problema culturale, si prenda anche il discorso dell’educazione: abbiamo visto quanti disagi ha creato la pandemia sul sistema scolastico europeo e occidentale e quanto grandi sono stati i danni per i bambini e gli studenti. Si tratta di far immedesimare il pubblico, di dirgli “immagina che la stessa cosa accada per due anni tutti i giorni alle tue figlie”. Solo così potremmo evitare che qualcuno resti indietro e venga dimenticato».
La giornalista che interrogò i talebani in diretta: «E se accadesse alle nostre figlie?»