«VOLEVO FARE IL POETA IN QUESTO MESTIERE NON SI IMPROVVISA»
Jacopo Rampini sarà nelle sale nel 2024 con due film: Shakespea Re di Napoli e Il ladro di stelle cadenti
a cosa bella di quando interpreti un ruolo storico è che devi studiare – la vita, le opere dell’autore, il contesto – è come tornare all’università: è insieme un viaggio nel tempo e in te stesso. Non un diventi un personaggio che ha vissuto nel 500, ma cerchi dentro di te le cose che sono simili a chi ha vissuto così tanti anni fa». Così Jacopo Rampini, 37 anni, nato a Roma, vive negli Stati Uniti. Attore, scrittore, produttore alla Festa del Cinema di Roma ha presentato Shakespea Re di Napoli.
Com’è stato il passaggio dalla laurea in Lettere e Filosofia alla Sorbona alla scuola di teatro a New York?
«Da bambino volevo fare l’attore, poi il poeta. Da qui la scelta di studiare letteratura a San Francisco e di andare a Parigi per la laurea. Lì mi sono reso conto che quel mondo di poeti maledetti che tanto mi
Laveva affascinato era sparito. Sono tornato negli Stati Uniti, a New York. La città pullula di set e scuole di recitazione, ho iniziato a fare provini e sono entrato all’American Academy of Dramatic Arts: fondata nel 1884 si trova un vecchio palazzo tra la 31esima e la Madison, qui hanno studiato anche Robert Redford e Grace Kelly».
Da lì è iniziata una carriera polivalente fatta di televisione, teatro, cinema. Partiamo dalla serie tv Power.
«Ero in un hotel di Brooklyn quando gli sceneggiatori – che già avevano cominciato a protestare – sono venuti a chiedere il supporto degli attori. Abbiamo atteso ore fino a quando è stato trovato un accordo per terminare le riprese di Power. Poi si è fermato tutto e solo pochi giorni fa è terminato lo sciopero. La lotta iniziata in America è una lotta per tutto il mondo: l’intelligenza artificiale è arrivata prima negli Usa ma un giorno, ad esempio, in Italia potrebbe non essere più necessario avere un doppiatore perché basta una voce da replicare con l’AI. I lavori a rischio sono tantissimi».
Intanto è tornato a Roma per girare Il ladro di stelle cadenti di Francisco Saia.
«Un fantasy fatto con il doppio ciak: tutte le scene sono state fatte in italiano e in inglese. È stata una sfida interessante».
Sarà nelle sale nel 2024 come Shakespea
Re di Napoli di Ruggero Cappuccio.
«Un film fatto con un piccolo budget che viene da un’opera teatrale con attori che arrivano dal palcoscenico – Elio De Capitani, Beppe Servillo, Alessandro Preziosi. Siamo tutti in costume, è una cosa molto artistica: è il teatro trasposto al cinema».
Il palco rimane una grande passione.
«Per 3-4 anni, a New York, ho fatto spettacoli nei sotterranei dei locali. I più grandi a cui mi ispiro – Marlon Brando, Al Pacino, Dustin Hoffmann – vengono dal teatro». L’Italia ha fatto la storia del cinema, come siamo visti oggi negli Stati Uniti?
«In America hanno talmente tanti interpreti straordinari che è difficile trovare spazio. Però spagnoli, tedeschi, francesi un po’ ci riescono. Noi, dopo Benigni, fatichiamo. Quando sono a Roma vedo tutti i talenti che gravitano intorno al cinema italiano; ma è come se fossero chiusi in una bolla. Altri settori li esportiamo bene – moda, design, cibo – l’arte cinematografica not so much».
E i registi?
«I loro nomi risuonano di più, soprattutto Guadagnino, Sorrentino, Muccino».
Da noi il film più visto è l’opera prima di Paola Cortellesi, un dipinto in bianco e nero; cosa si trova nelle sale Usa?
«Nei multisala ci sono quasi esclusivamente Marvel, Mission Impossible, Equalizer… azioni ed esplosioni, puro intrattenimento. Il cinema d’arte devi andare a cercarlo nelle sale d’essai oppure aspettare i grandi come Nolan, Scorsese, Anderson, Tarantino che sanno fare arte che vende». Cosa vuol dire fare l’attore?
«Significa studio ed esperienza. Miglioriamo con gli anni. Per fare questo mestiere non ci si improvvisa».