LA RETTIFICA DI CASAPOUND SULLE MIE PAROLE E LA FAVOLA DI TERENCE HILL
Le scrivo nella qualità di Presidente e legale rappresentante pro tempore dell’Associazione di Promozione Sociale CasaPound Italia, in relazione all’articolo a firma di Roberto Saviano dal titolo «Su CasaPound ora si può dire: sono “aspiranti fascistelli” Quando li sgomberate a Roma», pubblicato su 7, complemento della testata Corriere della Sera, nell’edizione dell’8 dicembre 2023, a pagina 14.
La diffido a rettificare, nei termini e modi di legge, il contenuto del suddetto articolo, pubblicando con il medesimo rilevo e uguale posizione, il seguente testo in corsivo: «In merito all’articolo “Su CasaPound ora si può dire: sono ‘aspiranti fascistelli’ Quando li sgomberate a Roma”, a firma di Roberto Saviano, pubblicato nel complemento Sette della testata Corriere della Sera, nell’edizione dell’8 dicembre 2023, alla pagina 14, si precisa che non risponde a verità l’affermazione secondo la quale la sentenza del Tribunale di Roma resa nella causa tra CasaPound e Roberto Saviano ( che sarà comunque impugnata) autorizzi a definire l’associazione come “organizzazione contigua al crimine organizzato”. Non risponde a verità neppure l’affermazione secondo la quale l’occupazione del Palazzo in Via Napoleone III sia rimasta impunita da oltre venti anni e abbia arrecato ingenti danni allo Stato. Si precisa, infine, che tutti coloro che abitano nel Palazzo di Via Napoleone III, versano in condizioni di emergenza abitativa, ancorchè siano percettori di reddito».
Gianluca Iannone Presidente e legale rappresentante pro tempore dell’Associazione di
Promozione Sociale CasaPound Italia
Il nostro dovere lo abbiamo fatto, rendendo nota la rettifica-ultimatum di CasaPound: o la pubblicate, o adiremo le vie legali. Quando si vuol fare una rettifica, però, non è che si possa dire: quel che ha scritto Saviano è falso. Ho detto la verità per quel che riguarda la sentenza del tribunale di Roma, come sarà evidente dagli estratti della sentenza che riporterò in questo articolo. CasaPound, avendomi citato in giudizio, ha dato a un tribunale l’opportunità di scrivere una sentenza dove è possibile leggere che «i post pubblicati da Roberto Saviano devono ritenersi legittimo esercizio del diritto di critica ed in particolare di critica politica».
Terence Hill in Il mio nome è nessuno racconta La favola dell’uccellino. La conoscete la favola dell’uccellino dalle parti di CasaPound? Dovreste. Questo uccellino durante l’inverno cade dal nido, resta al freddo e inizia a strepitare. Ecco che arriva una vacca e pensa di scaldarlo, alza la coda e gli scarica addosso una margherita bella e fumante. L’uccellino, così coperto, inizia a cinguettare forte. Lo sente un vecchio coyote che si avvicina, con la zampa lo tira fuori dalla cacca, lo pulisce per bene e se lo ingoia in un solo boccone. L’avete capita la morale? Non tutti quelli che ti coprono di m **** ti vogliono male, non tutti quelli che ti tirano fuori dalla m **** ti vogliono bene, ma soprattutto, quando ti trovi nella m **** fino al collo, sta zitto.
E questa è la storia di CasaPound che esce dal nido, che non accetta le critiche, che chiede a un tribunale di intervenire sulle mie parole e del tribunale che stabilisce che la mia critica è legittima. Nel 2018 ero andato a Latina per un incontro pubblico
«NON È VERO CHE LA NOSTRA OCCUPAZIONE DEL PALAZZO ROMANO SIA RIMASTA IMPUNITA DA OLTRE 20 ANNI»
e CasaPound mi aveva “accolto” con uno striscione. Come funziona dalle loro parti? Loro criticano e chi è oggetto delle loro critiche deve tacere? Beh, non taccio e rispondo sui social. CasaPound risentita mi cita in giudizio e il «Tribunale ritiene che le dichiarazioni […] nei post pubblicati su Twitter e Facebook in data 17/07/18 costituiscano legittimo esercizio del diritto di critica ed in particolare di critica politica». Ora provo a fare un disegnino: se rispondo a CasaPound sui social e loro se ne dolgono e decidono di chiedere a un giudice di punirmi per quanto ho scritto, ma il giudice non mi punisce e anzi, condanna loro a rifondere le spese processuali, va da sé che le mie critiche sono da considerarsi del tutto legittime.
Cito dalla sentenza: «Casapound aveva esposto per strada uno striscione con il simbolo associativo e la scritta “Saviano Cantastorie”, paternità rivendicata contestualmente con una nota stampa riportata da diversi siti d’informazione, del seguente tenore “Abbiamo voluto omaggiare così colui che ormai è divenuto il bardo ufficiale del regime: un intellettuale comodissimo, che dice solo cose buone e giuste, al momento giusto e prendendo sempre la posizione più allineata possibile al padrone del momento sulla questione del momento. Basti pensare al suo fulmineo appiattirsi sulla vulgata NATO dell’attacco con armi chimiche di Assad, poi smentito dalle indagini dell’OPAC, o alla sua crociata immigrazionista e umanista in forte odore di affari a favore delle ong che operano nei nostri mari. Parafrasando il nostro Adriano Scianca, Saviano è il peggior intellettuale che il nostro Paese abbia mai avuto: è sempre dove ti aspetteresti di trovarlo, senza ironia, senza perspicacia, senza iniziativa. Gli riconosciamo però un’ottima capacità di raccontare storie strappalacrime, riciclandosi sempre, trattando tutti i temi possibili e dicendo sempre la cosa più ovvia e banale possibile. È per questo che lo accogliamo riconoscendolo per quello è: il supremo menestrello di corte del nostro tempo”».
E la sentenza continua: «Orbene, parte convenuta (che sarei io) nel dichiarare “Mi sono sempre riconosciuto nei bardi e nei menestrelli, nei cantori nomadi e di piazza. Rivendico d’essere cantastorie. Come diceva Ernst Junger, che citate a sproposito e non leggete (come Ezra Pound, del resto) “gli uomini hanno come gli alberi, il loro lato esposto al vento e, come le montagne, la loro parete a Sud”. Al vento esponete bandiere e proclami, ma dietro la vostra parete siete solo una ridicola organizzazione promiscua con la criminalità organizzata nella peggiore tradizione fasciocriminale”, divulgava, a sua volta, le informazioni diffuse dai media all’epoca dei fatti, circa la vicinanza di Casapound alla criminalità organizzata». La sentenza continua: «In definitiva, la documentazione depositata da Roberto Saviano dimostra complessivamente che i post oggetto di causa hanno tratto spunto non da fatti creati ed utilizzati come espediente per aggredire onore e reputazione di coloro che praticano e coltivano idee non condivise».
Mi rivolgo, ancora una volta, al ministro Piantedosi, il cui ruolo è incompatibile con la tolleranza di questo sfoggio palese di illegalità. Lo stabile di via Napoleone III a Roma è un bene sottratto alla collettività con la forza e con l’abuso. Questa vergogna deve cessare immediatamente.
CITATE ERNST JUNGER A SPROPOSITO E SENZA AVERLO LETTO. COME DEL RESTO FATE ANCHE CON EZRA POUND