BERLUSCONI, DEL VECCHIO, AGNELLI: LE TRE EREDITÀ CHE RACCONTANO IL CAPITALISMO ITALIANO
Figli, mogli, compagne, nipoti: così tre dinastie hanno gestito la “successione” negli imperi. Da scontri sanguinosi (Agnelli), diplomazia (Del Vecchio) e armonia dichiarata (Berlusconi) ricostruiamo qui il ritratto di un’epoca
uando oltre 30 anni fa il ministero delle Finanze rese note le dichiarazioni Irpef 1989 dei contribuenti più ricchi, primo risultò Leonardo Del Vecchio con 13,4 miliardi di lire (circa 7 milioni di euro) seguito da Silvio Berlusconi con 10,5 miliardi, solo sesto con 6,5 miliardi Gianni Agnelli che però altre classifiche indicavano come numero uno per patrimonio personale. “Quei tre”, diversissimi tra loro per storie personali e imprenditoriali, sono rimasti per decenni un paradigma di ricchezza e successo. Ma conservando gelosamente qualche romantico souvenir dell’uomo medio. Come si spiega altrimenti tra i beni lasciati da Del Vecchio agli eredi, la presenza di una Fiat Qubo, piccolo multispazio da lavoro, accanto a Rolls Royce Phantom, Lamborghini, super yacht ecc? Berlusconi fino a 85 anni aveva intestata a suo nome una vecchia Audi del 2006. La moglie di Agnelli, Marella
Caracciolo, quando morì nel 2019 lasciò a John, Lapo e Ginevra Elkann anche la sua personalissima Panda 4x4 del 2013. E l’Avvocato, presidente e azionista di controllo di Fiat, Alfa, Lancia, Ferrari ecc, era proprietario di quattro Punto e un trattore.
Gianni Agnelli è morto a 81 anni nel 2003, Del Vecchio a 87 nel 2022, Berlusconi a 86 nel 2023. I patrimoni, gli imperi industriali che hanno creato dal nulla (Silvio e Leonardo) o governato a lungo (Gianni) oggi sono degli eredi. Miliardi di euro. Non è mai una transizione facile quando da un leader si passa a una coalizione di parenti. Come è andata? O forse sarebbe meglio dire, come sta andando?
In un caso (Agnelli) la successione ha provocato spargimento di avvocati, tribunali e compromesso legami madre-figli. In un altro (Del Vecchio) si viaggia sul filo della diplomazia familiare per arrivare al traguardo. Nel terzo caso (Berlusconi) i cinque figli (da due matrimoni) hanno marciato in armonia archiviando con pragmatismo meneghino una pratica che i lasciti, soprattutto i 100 milioni a Marta Fascina, rendevano scivolosa. La morte di Agnelli, Del Vecchio e Berlusconi ha aperto, con la successione, squarci sconosciuti sulla loro vita. La collezione di opere d’arte dell’Avvocato, capolavori di grande valore (Picasso, Bacon, Monet, De Chirico, Balthus, Balla ecc) su cui si è accesa una sotto-disputa nella grande faida, era pressoché sconosciuta; adesso sappiamo perfino cosa c’era appeso in tinello e in cucina. Ma non dove siano finiti molti quadri. E sappiamo anche, “grazie” alle carte esibite in tribunale dalla figlia Margherita, che l’ex presidente Fiat aveva un arcipelago di società in paradisi fiscali dove giravano centinaia di milioni, lui così regalmente distante dal vil denaro. Del Vecchio aveva una passione per le auto di lusso. Di Silvio Berlusconi, radiografato, sviscerato, anatomizzato in vita, si pensava di sapere tutto ma ecco che spunta la mega-galleria delle opere d’arte, 25 mila pezzi, croste più che altro (Sgarbi dixit), comprate in buona
parte direttamente dalle televendite, lui fondatore di Publitalia, teorico e maestro supremo della tele-pubblicità che telefona personalmente all’imbonitore di turno … Virtù e debolezze di tre vite vissute fino in fondo. Apriamo il libro delle successioni.
LA GUERRA DEGLI AGNELLI
Domenica 24 gennaio 2003 alle 9 l’Ansa dà la notizia: “L’Avvocato Giovanni Agnelli è morto, secondo quanto riferiscono fonti istituzionali, intorno alle 8 di questa mattina nella sua camera a Villa Frescot, la residenza sulla collina torinese. Accanto a lui c’erano la moglie Marella e la figlia Margherita con i suoi figli, fra cui John, l’ erede designato”. Ecco i due protagonisti, volenti (Margherita, 68 anni) o nolenti (John, 47), della guerra ereditaria.
Il giovane nipote era già da tempo entrato nel capitale della Dicembre, la società-cassaforte al vertice del gruppo Exor che oggi ha partecipazioni rilevanti in Stellantis, Ferrari, Cnh, Juventus,
Philips ecc per un valore complessivo di circa 35 miliardi. Margherita è l’ unica figlia di Gianni e Marella dopo il suicidio nel 2000 del fratello Edoardo a 46 anni, ed è madre di otto figli: i tre Elkann avuti giovanissima (tra i 20 e i 24 anni) nel primo matrimonio con Alain Elkann e i cinque de Pahlen con il secondo marito, Serge de Pahlen. Quando Gianni Agnelli muore, la Fiat è in gravi difficoltà finanziarie. Margherita esce dalla successione firmando due accordi il 18 febbraio 2004 a Ginevra: l’accordo transattivo sull’eredità del padre e il patto successorio con cui rinuncia alla futura eredità della madre. Patti successori che in Italia sono vietati. Incassa tra immobili, opere d’arte e liquidità circa 1,3 miliardi. Ma nel 2007 lancia l’offensiva giudiziaria. Sostiene che le sia stata nascosta una parte consistente del patrimonio del padre, soprattutto offshore. Cita in giudizio i professionisti vicini al genitore e, di riflesso, la madre. Perde fino in Cassazione. La madre muore nel 2019 e lascia tutto, per testamento, ai tre nipoti Elkann. Margherita insieme ai suoi figli de Pahlen attacca in tribunale a Torino anche la successione di Marella, sostiene che i testamenti siano falsi, ingaggia un pool di investigatori che scandaglia
no anni di vita privata della madre per dimostrare che era residente in Italia e non in Svizzera. Il dossier, e qui siamo all’ultimo capitolo (per ora), arriva alla Procura di Torino sotto forma di esposto penale. Obiettivo: far cadere tutta l’impalcatura dell’eredità perché in Italia i patti successori, come si diceva, sono vietati. Ora due solidissime argomentazioni opposte. La prima: dopo 17 anni di battaglia legale, non una sola sentenza ha dato ragione a Margherita. La seconda: a firmare i due accordi ereditari nel 2004 è stata una donna nel pieno delle sue facoltà, libera di decidere, ricca al punto di potersi permettere i migliori avvocati e consulenti come in effetti è avvenuto, e ha deciso, con la Fiat in difficoltà, di fare cassa. Poi ha invertito la rotta.
LA DIPLOMAZIA DI DEL VECCHIO Lunedì 27 giugno 2022 alle 10 l’Ansa batte la notizia: “Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica e attuale presidente di EssilorLuxottica, è morto stamattina al San Raffaele dove era ricoverato. L’imprenditore aveva 87 anni”. In quegli 87 anni partendo da zero ha creato un impero negli occhiali con Luxottica poi fusa con la francese Essilor. Oltre alle quote di EssilorLuxottica (il 32% in capo alla cassaforte lussemburghese Delfin ai prezzi attuali vale oltre 27 miliardi di euro) nel patrimonio ereditario ci sono immobili tra cui “La Leonina” a Beaulieu-sur-Mer una delle più belle ville Belle Époque della riviera francese, e poi yacht, opere d’arte compresa un’ampia collezione di vedute veneziane del Settecento, titoli, otto conti correnti in cinque banche con quasi 17 milioni in giacenza, una Rolls Royce Phantom, una Lamborghini Urus e la Fiat Qubo. C’e’ anche lo yacht Moneikos, 62 metri, una delle imbarcazioni di lusso più grandi del mondo, ormeggiato nel Principato e che solo di gestione costa ogni anno come 10 Ferrari. È in vendita a 27,9 milioni. La Rolls, invece, l’ha acquistata per 425 mila euro uno dei sei figli, il 28enne Leonardo Maria.
«Non lascerei mai a un figlio un’azienda così grande» disse Del Vecchio nel 2016 in un’intervista al Corriere «non gli darei questa condanna. Ci vuole una squadra di giovani manager: il migliore tra di loro darà la continuità».
La successione coinvolge sei eredi (i figli, 19 anni il più giovane 67 il più vecchio) titolari ciascuno del 12,5% di Delfin (valore 3,4 miliardi) e due legatari a cui Leonardo ha lasciato il suo 25% (la vedova Nicoletta Zampillo e Rocco Basilico, figlio avuto nel precedente matrimonio). Ma la procedura è in stallo sulle tasse da pagare (56 milioni) per le quote di Essilux (270 milioni di valore) ricevute come lascito dal braccio destro del fondatore, Francesco Milleri attuale numero uno del gruppo, e dal manager Romolo Bardin. Chi le paga? Capitolo spinoso che ha diviso la famiglia. Al lavoro c’è la diplomazia legale. E l’eredità non si chiude.
IL “METODO BERLUSCONI”
Lunedì 12 giugno 2023 alle 10,34 l’Ansa dà la notizia: “È morto all’ospedale San Raffaele di Milano dove era nuovamente ricoverato da venerdì scorso Silvio Berlusconi. Il leader di Fi aveva 86 anni. Lo riferiscono fonti vicine alla famiglia”. Cinque figli da due mogli, un gruppo da 5 miliardi. Marina e Pier Silvio hanno le redini della Fininvest, la capogruppo, e di Mediaset, la principale società operativa. Barbara, Eleonora e Luigi sono più defilati e hanno diversi investimenti in società hi tech.
Tutti sono azionisti Fininvest. L’apertura del testamento è attesissima perché l’ex premier ha il 61% di Fininvest e, per legge, la disponibilità di decidere a chi assegnare un terzo di quella quota. «Lascio la disponibile - in parti eguali ai miei figli Marina e Pier Silvio. Lascio tutto il resto in parti eguali ai miei cinque figli …. ». È una scelta di continuità e stabilità: il controllo della holding va ai primi due figli. Tutte le proprietà vengono divise nella proporzione 52% (Marina e Pier Silvio) e 48% (gli altri tre), anche le ville di famiglia: Arcore, Macherio, e Certosa in Sardegna. Il Cavaliere ha disposto anche tre legati: 100 milioni a Marta Fascina, 100 per il fratello Paolo e 30 a Marcello Dell’Utri. Sia fatta la sua volontà: i figli pagano 230 milioni sottraendoli al loro patrimonio ereditario. L’11 settembre, tre mesi dopo l’addio al padre, la successione era chiusa. E le ville, tranne Arcore, ora sono in vendita. Certosa è il pezzo forte sul mercato. Macherio andrà probabilmente a Barbara. Senza strappi, in armonia.