A CHE COSA SERVONO VERAMENTE I TEST ATTITUDINALI PER I MAGISTRATI
Ho rubato», «So stare con un gruppo di amici allo scherzo tra noi», «Non ho difficoltà a nutrirmi normalmente», «Molto spesso mi sento fiacco»: sono soltanto alcune delle 567 domande del test Minnesota, quello che il governo ha deciso di imporre ai magistrati. Si risponde con vero o falso, ci si sottopone a un vero e proprio esame psicoattitudinale. Alcune regole dovranno essere modificate ma la decisione è ormai presa, tracciata anche la strada. L’obbligo entra in vigore tra due anni, la prova dovrà essere superata prima di prendere servizio in una procura o in un tribunale. Nell’attesa ci sono altre domande da porsi, dubbi da fugare, falsità da sfatare.
Ci sono stati molti abusi compiuti da pubblici ministeri e giudici nel corso degli anni, certamente anche prima di Tangentopoli. Alcuni di loro hanno politicizzato il proprio ruolo, altri sono andati oltre le proprie funzioni, altri ancora hanno commesso veri e propri reati. I magistrati hanno nelle proprie mani il destino delle persone, decidono la sorte dei cittadini. È giusto, anzi, obbligatorio, che siano tenuti costantemente sotto controllo grazie a regole ferree. Sempre deve essere garantito che siano in ottime condizioni psicofisiche.
Ma siamo davvero sicuri che basti un test prima dell’inizio della carriera ad avere la certezza che ciò accada? E soprattutto, è davvero una simile prova a poter dimostrare che chi la supera svolgerà bene il proprio lavoro? In realtà i controlli già esistono, il Consiglio superiore della magistratura svolge valutazioni ogni quattro anni sui singoli pubblici ministeri e giudici. Lo stesso ministro della Giustizia può intervenire per ordinare ispezioni quando ha il sospetto che un ufficio giudiziario o un singolo non stia lavorando bene.
A che serve, dunque, questo ulteriore test? Se l’obiettivo fosse proteggere i cittadini da possibili violazioni o eccessi, si dovrebbe infatti prevedere un test periodico, altri tipi di accertamenti. Ma bisognerebbe, soprattutto, estenderli ad altre categorie che, proprio come i magistrati, decidono della vita delle persone. I medici, sicuramente. E perché no gli insegnanti, che tutti i giorni hanno a che fare con bambini, adolescenti, ragazzi...
«Per le forze dell’ordine i test psicoattitudinali già ci sono», hanno puntualizzato diversi ministri per sostenere la bontà della scelta. Vero. Ma il motivo è sin troppo chiaro: si tratta di dipendenti pubblici che hanno in dotazione le armi e per questo devono dimostrare periodicamente di essere in perfette condizioni. Per tutti gli altri non è previsto. E proprio questo dimostra che si tratta di un provvedimento mirato, una sorta di rivalsa. Una norma che serve a dare un segnale, a marcare il territorio, a indicare chi comanda. Il messaggio diventa così evidente: la politica decide, i magistrati devono eseguire.
HAI RUBATO? SAI STARE ALLO SCHERZO CON GLI AMICI? TI NUTRI NORMALMENTE? TI SENTI FIACCO MOLTO SPESSO?
L’ex della banda Vallanzasca: «Rapinavamo per la bella vita. Oggi io sono invalido,
René ha la demenza»