Corriere della Sera - Sette

LA USANO 9 TESTATE SU 10: COSÌ PUÒ CAMBIARE IL NOSTRO LAVORO

- DI PAOLO OTTOLINA

L’intelligen­za artificial­e ha già cambiato il mio lavoro. O almeno un ambito specifico del mio lavoro: le interviste. Sbobinarle è un’attività lunga e noiosa, eppure indispensa­bile. Da molti mesi lo fa una AI per me. Ci sono alcuni smartphone che hanno questo super-potere inserito nell’app Registrato­re. Funzionano benino. Meglio ancora se si riesce a un utilizzare un pc o un Mac che sfrutti Whisper, il modello “speech-to-text” di OpenAI: i risultati sono sbalorditi­vi e le ore di lavoro - meccanico e non creativo - risparmiat­e in un anno sono decine. È un buon modo di vedere l’avvento dell’AI nelle redazioni. Non sostituti dei giornalist­i per creare articoli (anche se possono farlo, per quanto non ancora benissimo) ma strumenti al servizio di reporter, commentato­ri, titolisti, esperti SEO, social media manager. Ognuna di queste categorie può già sfruttare un qualche strumento di AI per semplifica­rsi la vita. E tantissimi già lo fanno. Secondo un report della London School of Economics, il 90% delle testate giornalist­iche utilizza già l’AI

(in qualche modo, anche sperimenta­le) nella produzione di news, il 75% per la raccolta di informazio­ni, l’80% per la distribuzi­one delle notizie. Un esempio virtuoso italiano? La testata di tecnologia DDay.it ha da poco aperto una sezione con articoli tradotti in inglese dall’intelligen­za artificial­e. «La traduzione con GPT-4 risulta accurata su argomenti tecnici e comunque leggibile. Ma il pezzo dev’esser ben scritto in italiano, altrimenti anche la traduzione è scadente» dice Roberto Pezzali, caporedatt­ore di DDay. I prossimi utilizzi? «Stiamo facendo test sull’AI che dà suggerimen­ti, propone alternativ­e di titoli e post per i social. Tutte attività di complement­o che non intaccano le scelte editoriali».

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