Corriere della Sera - Sette

MICHELE SANTORO COME BUFFALO BILL IN UN TRAGICO GALOPPO

- DI FABRIZIO RONCONE froncone@rcs.it

Michele Santoro, più che un giornalist­a o un conduttore, è stato un grande condottier­o del piccolo schermo. Talento pazzesco, fazioso e appassiona­to, furbo e spregiudic­ato. Molto popolare, molto amato, molto odiato: le sue trasmissio­ni - per anni - hanno raccolto ascolti enormi e scatenato polemiche roventi, perché o stavi con Michele o contro Michele, però poi tutti se lo dovevano comunque vedere Michele, e sentire, anche se ad un certo punto le trasmissio­ni diventavan­o comizi pieni di populismo, il primo vero populismo della nostra tivù. Che però è diventato leggendari­o perché aveva un senso, uno scopo finale. Giusto o sbagliato, era chiaro che ce l’aveva. Per questo, adesso, i passaggi di Michele, le sue ospitate nei talk scatenano una certa dose di amarezza. Un po’ per il tempo che passa, con le rughe e i capelli non più di quel bel rosso mogano. Ma molto di più perché Michele sembra la parodia di sé stesso. Un Buffalo Bill che si esibisce per spettatori nostalgici o solo incuriosit­i, che si fermano a guardare uno che urla, paonazzo: «Il giornalism­o s’è ridotto a descrive Putin come un mostro e un mentitore! Invece non è un mostro e non sempre racconta balle!» Michele, davvero? Michele, ma perché? Perché s’è messo a fare propaganda politica, impregnata di pacifismo demagogico, alla sua lista per le Europee (candidati Vauro e Odifreddi, più il sostegno di Jo Squillo), una lista chiamata “Pace Terra Dignità”, che significa tutto e non significa niente, o forse significa solo che Michele non s’arrende, non si rassegna al fatto che un programma non glielo danno più, perché c’è un tempo per ogni cosa, perché è la vita, e pure Totti che era Totti, con le buone o con le cattive, alla fine ha capito che non poteva più giocare a pallone. Michele cerca invece ostinatame­nte di risalire a cavallo e prova a ripartire in un tragico galoppo. Anche Buffalo Bill, dopo una stagione da formidabil­e esplorator­e e cacciatore di bisonti, finì a esibirsi nelle arene dei circhi, con spettacoli in cui fingeva d’essere ancora nelle praterie americane. Portò il suo spettacolo Wild West Show - persino a Roma. Dove, l’8 marzo del 1890, perse la celebre sfida nella doma dei puledri contro i butteri arrivati da Cisterna di Latina, guidati da un certo Augusto Imperiali. Caro Michele, pensaci.

PARODIA DI SÉ STESSO, RISCHIA DI PERDERE NELLA DOMA DEI PULEDRI (COME ACCADDE L’8 MARZO 1890 A ROMA)

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Michele Santoro, giornalist­a ed ex parlamenta­re europeo

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