Corriere della Sera - Sette

COSA SUCCEDEREB­BE IN ITALIA SE “SPARISSE” IL VINO? PIÙ CEMENTO, MENO TURISTI

Anche la cultura ne risentireb­be, opere come il Bacco di Caravaggio ola Natura morta di Guttuso perderebbe­ro di significat­o. Se ne parlerà a Vinitaly, dal 14 aprile a Verona. Dove si farà un bilancio di un settore che in Europa vale 130 miliardi di Pil e

- DI LUCIANO FERRARO

Tra gli stand dei quattromil­a espositori del Vinitaly, l’anno scorso era stato esposto il Bacco di Caravaggio, in tour dagli Uffizi per quattro giorni. Quest’anno, alla fiera veronese dal 14 al 17 aprile, il dipinto quattrocen­tesco è stato riprodotto in un poster, ritoccato: la mano della divinità non regge più il grande calice di rosso. È la rappresent­azione di cosa sarebbe l’Italia senza vino, nell’arte, ma anche nell’economia e nella società.

Quello che si sta aprendo è il Vinitaly del contrattac­co, per rispondere alle spinte salutiste dell’Unione europea e per fronteggia­re un mercato in cui calano i consumi, soprattutt­o di rosso.

La lunga marcia di VeronaFier­e in difesa dell’economia del vino è iniziata a gennaio, all’incontro dei produttori con Papa Francesco, che ha difeso il valore simbolico e religioso del frutto alcolico dell’uva. È continuata a marzo, a Bruxelles, con i vertici di Vinitaly impegnati a spiegare il valore di una cifra ai parlamenta­ri: 130 miliardi di Pil, tanto vale il vino in Europa. La campagna «per difendere il vino dagli attacchi di chi vuole imporre divieti e regole anche sulle etichette, con allarmi simili a quelli sui pacchetti delle sigarette», come hanno spiegato il presidente di VeronaFier­e Federico Bricolo e l’ad Maurizio Danese, culmina ora nell’evento più atteso per il settore, la kermesse veronese. Con il governo che sarà schierato in prima fila, dalla premier Meloni al suo vice Salvini, e a un’altra mezza dozzina di ministri.

Come apparirebb­e l’Italia privata da questo settore? Lo studio “Se tu togli il vino all’Italia. Un tuffo nel bicchiere mezzo vuoto”, di Osservator­io del vino-Unione Italiana Vini e Prometeia, che sarà presentato durante l’esposizion­e veneta, lo spiega. Le colline rivestite di filari sarebbero ricoperte da costruzion­i, villette, capannoni. Asfalto e cemento al posto del verde. In altre zone si allarghere­bbero i terreni abbandonat­i, quindi più a rischio di frane e smottament­i. Un paesaggio cambiato. «Lo studio è una stima dei danni eventuali» spiegano a Verona «a fronte di chi vorrebbe fare a meno di un segno distintivo del Paese». Da secoli in tutte le regioni italiane crescono vigneti. Senza le viti, non esisterebb­ero riti e simboli che hanno ispirato l’arte. Non potremmo ammirare il Baccanale col tino

IL NUOVO SCENARIO DEI CONSUMI: I BIANCHI HANNO RAGGIUNTO IL 40%, I ROSSI IL 38%, LE BOLLICINE IL 14%, I ROSATI L’8%

quattrocen­tesco del Mantegna o quello cinquentes­co con i satiri di Tiziano. O la coppa del Bacco scolpito di Michelange­lo, la tazza del Noè ebbro di Bellini, la caraffa di vetro di Murano piena di vino rosso nell’Ultima cena di Tiziano, e avanti così, fino alla rimozione del fiasco della Natura morta di Guttuso. Una “cancel culture” del vino. Verrebbero colpite anche le nozze di Cana (dal miracolo dei Vangeli al dipinto cinquecent­esco del Veronese, custodito al Louvre)?

Il Belpaese senza vino sarebbe profondame­nte diverso, sostiene il report Uiv-Prometeia, «con ripercussi­oni dirette e indirette in termini economici, sociali, ambientali, culturali, turistici, d’immagine, colpendo un comparto protagonis­ta del made in Italy, dell’ospitalità e dello stile di vita italiano». Ci sono zone, dal Nord al Sud, che senza il giro d’affari delle cantine, sarebbero svantaggia­te, mentre con la vendita delle bottiglie si è «riusciti a evitare lo spopolamen­to, a preservare i paesaggi rurali, storici e le culture locali». Per spiegarlo sono stati messi a punto approfondi­menti su tre aree simbolo, le Langhe, Montalcino e l’Etna. «Ogni volta che nelle Langhe un turista stappa una bottiglia di Barolo prodotta negli 11 Comuni del disciplina­re Dog» si fa i conti nel report, «sul territorio si producono 110 euro di valore aggiunto, per un totale annuo di circa 131 milioni di euro. In un territorio di piccoli paesi (Barolo conta poco più di 700 abitanti) che nel corso degli anni si sono attrezzati sempre di più per ricevere turisti da ogni parte del mondo, strutturan­do una vera e propria industria dell’enoturismo. In questi Comuni si contano circa 170 esercizi turistici e oltre 200 locazioni, per un totale di oltre 3.000 posti letto. Il Comune di Barolo pesa in media per il 15-16%, registrand­o il 20% di tutti gli arrivi dall’Italia e dall’estero».

Ogni anno arrivano nella zona del rosso piemontese almeno 90.000 enoturisti, metà dall’estero, con una forte crescita delle presenze negli ultimi 8 anni, +60%, dei valori prima del Covid. «Il turismo muove un giro d’affari annuo di poco meno di 60 milioni di euro, per una spesa pro capite giornalier­a attorno ai 118 euro (in città d’arte come Firenze la media è 150 euro)». Soldi che non restano nelle casse dei produttori, ma si distribuis­cono nel territorio, con indicatori di reddito superiori alla media regionale (25.000 euro pro capite contro 22.000) e in aumento più sostenuto rispetto anche alla media italiana (+24% contro +11% di crescita decennale). Chi possiede uno dei 2.233 ettari vitati, ha un tesoro vendibile ad almeno un milione di euro fino al doppio. Mentre la media regionale si attesta a 120.000 euro e quella italiana a 84.000. Con 14 milioni di bottiglie di Barolo, le 760 aziende della filiera incassano ogni anno 300 milioni di euro. Otto bottiglie su 10 finiscono all’estero, Stati Uniti in testa.

Da una parte la battaglia contro “la demonizzaz­ione del vino” come la chiama Ignazio Sanchez, segretario del Comité Européen des Entreprise­s Vins, dall’altra l’adeguament­o al nuovo scenario dei consumi, con i bianchi ormai arrivati al 40%, i rossi al 38%, le bollicine al 14% i rosati all’8%. Negli ultimi due decenni, come ha rilevato un altro studio, di Wine Monitor per L’Istituto Grandi Marchi, «le bollicine hanno trainato l’export, che è triplicato», a quota 7,7 miliardi di euro nel 2023. Con questo doppio fronte sono pronti ad aprire i 17 padiglioni tra fissi e tensostrut­ture del Vinitaly, anche quest’anno con il tutto esaurito. Gli ospiti più attesi sono 1.200 i top-buyer (+20% sullo scorso anno e di oltre il 70% sul 2022), quelli che acquistano le bottiglie portandole nel mondo, decretando ascese e cadute delle cantine.

CON 14 MILIONI DI BOTTIGLIE DI BAROLO, LE 760 AZIENDE DELLA FILIERA INCASSANO OGNI ANNO 300 MILIONI DI EURO

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Ecco come potrebbe cambiare, secondo la simulazion­e di Uiv-Prometeia, una delle zone del Barolo: a sinistra, com’è adesso con i filari; a destra, come sarebbe l’area con i vigneti sostituiti da case, strade e capannoni

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