P R o p A GAndA
DALLA DIFFUSIONE DELLA FEDE ALLA CREAZIONE DEL CONSENSO
In principio era il verbo. Oggi propaganda è anche il nome di un marchio d’abbigliamento, di una fortunata trasmissione televisiva (Propaganda live, su La7 con Diego Bianchi e Makkox), di un brano tormentone cantato da Fabri Fibra con Colapesce e Dimartino («E allora sì, propaganda, propaganda / la risposta ad ogni tua domanda»). Oggi propaganda è una parola internazionale, che si trova in inglese e in tedesco così come – ad esempio – in russo o in turco. Ma in principio, appunto, era un verbo. Un verbo latino di modo gerundivo, proprio come agenda (etimologicamente: le cose da fare, che devono essere fatte) o merenda (da meritarsi), locanda (da affittare), persino mutande (da cambiarsi). E fin dal principio la propaganda è stata una questione di fede. L’origine della parola, infatti, va cercata nel nome di un’istituzione religiosa: De propaganda fide; la congregazione istituita nel 1622 da papa Gregorio XV per propagare la fede cattolica nel mondo.
Il passaggio dal significato religioso a quello politico avviene soltanto con la rivoluzione francese, quando la forma propagande comincia a essere usata per riferirsi ad azioni organizzate con lo scopo di diffondere un’opinione o una dottrina politica. I primi esempi con questo significato risalgono, secondo il Trésor de la langue française, al 1792. Lo stesso anno in cui Napoleone dava vita al bureau d’esprit: una laicissima istituzione destinata, non a caso, alla propaganda governativa. Da gerundivo latino a nome abbreviato di una congregazione religiosa a parola che indica la macchina del consenso. Sul modello del francese, anche in italiano propaganda diventa a quel punto un sostantivo singolare femminile.
La prima attestazione finora nota nella nostra lingua risale ancora all’ambiente rivoluzionario e si trova nel verbale di un’assemblea della Repubblica cisalpina datato 11 dicembre 1797. E la parola è impiegata già in accezione negativa, per denunciare il tono retorico di alcune frasi in cui si sentivano «dei principi della propaganda». Quasi un secolo dopo, nel suo grande dizionario della lingua italiana (il volume è del 1869), Niccolò Tommaseo scriveva alla voce propaganda: «Fare una propaganda, Far propaganda dicesi anco di Società o impresa o azione cospirante di più persone per fondare o distruggere checchessia, per piantare e spiantare, per affermare e negare. Sarebbe da smettere». Purtroppo, come sappiamo fin troppo bene, non s’è smessa affatto: né la parola né – soprattutto – la pratica.
IL PASSAGGIO AL SIGNIFICATO POLITICO AVVIENE CON LA RIVOLUZIONE FRANCESE