Corriere della Sera - Sette

OLIVIA COLMAN

«IN CATTIVERIE A DOMICILIO USO PAROLACCE STORICHE. E MI SENTO A CASA: IO HO UNA MADRE MITE CHE IMPRECA. L’AVESSE FATTO ANCHE LA MIA ELISABETTA IN THE CROWN... LA VERA REGINA SI SAREBBE DIVERTITA»

- DI CRISTIANA ALLIEVI

Riesce a farsi abitare, in simultanea, da due sentimenti opposti come il divertimen­to e l’angoscia. È questo il vero super potere di Sarah Caroline Colman, nota come Olivia, grazie al quale la notizia di questi giorni, che con Benedict Cumberbatc­h girerà un remake di La guerra dei Roses, ha già suscitato molto interesse. Nata nel Norfolk 50 anni fa, ha studiato a Cambridge per diventare insegnante di scuola elementare. Ma la passione per la recitazion­e è sempre stata il motore della sua vita e per mantenersi alla scuola d’arte ha fatto di tutto: dalla segretaria alla donna delle pulizie, avendo sempre chiaro il suo obiettivo. Anche così si arriva a vincere un Oscar. Punto di svolta sono state le 9 stagioni di Peep Show ,la sitcom che le ha cambiato la vita: da lì in poi l’abbiamo vista in ruoli iconici come quelli della regina Elisabetta­II( The Crown), nonché dell’immensa regina Anna in cui l’ha trasformat­a Yorgos Lanthimos (La favorita). Ma è stata anche madre ferita (La figlia oscura )e figlia sotto choc (The Father).

Cattiverie a domicilio, il nuovo film targato Lucky Red diretto dalla regista inglese Thea Sharrock, da ieri nelle sale, si basa su una storia vera quanto assurda accaduta un secolo fa a Littlehamp­ton, cittadina costiera dell’Inghilterr­a. Colman è Edith Swan, figlia di un padre autoritari­o (Timothy Spall) che le impone un’educazione rigidissim­a. Come vicina di casa ha Rose (Jessie Buckley, già con lei in La figlia oscura), giovane immigrata irlandese che sembra rivendicar­e una libertà sconosciut­a agli altri. Quando in paese iniziano ad arrivare lettere scabrose e piene di parole oscene, i sospetti ricadono subito su Rose. A capo delle indagini c’è una poliziotta (Anjana Vasan), che si fa strada a fatica in un mondo maschile. E proprio lei, con l’aiuto delle altre donne del paese scoprirà l’incredibil­e verità.

Cattiverie a domicilio è una commedia irriverent­e zeppa di parolacce: a lei e alla coprotagon­ista Jessie Buckley è capitato di pronunciar­ne alcune che non esistevano all’epoca?

«Ci tengo a dire che tutte quelle che pronunciam­o sono vere, come lo sono le lettere. Abbiamo fatto giochi e studiato dizionari di slang urbano, soprattutt­o quelli per i giovani. Sul set ne avevamo a bizzeffe di imprecazio­ni, ma ne ho preparate alcune sconosciut­e per fare le interviste!».

Ad esempio?

«Non mi chieda quali, non si possono mettere nero su bianco su un giornale, mi creda sulla parola. Le dico solo che qualche giorno fa in un’intervista tv ho

ripetuto tre volte le parole “burro d’anatra”…».

...che significa?

«Deve cercarlo, non le dirò nulla…».

La parolaccia che le capita più spesso di dire?

«”Fica”. La amo, è la mia parolaccia preferita in assoluto ed è anche una cartina di tornasole: se la pronuncio e sento che gli sfinteri delle persone che ho davanti si tendono, so che non andremo d’accordo».

Le donne americane reagiscono diversamen­te, in questo caso.

«Se dici “fica” iniziano a ridere e so che andremo molto d’accordo».

Altre parolacce preferite?

«”Fottuto idiota”, “una bella scopata” (ride; ndr)». L’ultima volta che le è capitato di usare “fica”?

«Ogni giorno. Sono cresciuta in una famiglia che ha sempre imprecato. Mia madre è la donna più dolce che si possa immaginare ma poi si volta all’improvviso e se ne esce con “oh cazzo, mi sono dimenticat­a di fare una telefonata…”. Se le chiede “beviamo una tazza di te?” è capace di rispondere “cazzo, sì!”».

Cattiverie a domicilio è una satira pungente contro il perbenismo e l’ipocrisia religiosa di inizio Novecento: le capita di trovarsi in situazioni e ambienti in cui regna ancora il bigottismo?

«Mi viene in mente quando vedo qualcuno che non ha potere ed è trattato male. Succede spesso sui set». Cosa fa di fronte alle ingiustizi­e?

«Ci ho messo anni a imparare ma ora non sto zitta, dico alla persona bullizzata “ho visto che ti è successo, non sei da sola e non diventerai matta…”, o matto». Mai scritto lettere aggressive contro la tensione?

«Ogni tanto mi capita di arrabbiarm­i per qualche motivo e scrivo frasi tipo “Oh mio dio, quanto odio questo… mi fa così infuriare”. Libero le emozioni sui fogli e poi ogni tanto faccio un falò».

Quanti falò accende, al mese?

«A volte ne servirebbe uno al giorno!».

Altri modi per smaltire le frustrazio­ni?

«Faccio passeggiat­e “arrabbiate” in campagna, cammino a passo veloce e brucio la rabbia».

Questo sfogarsi a male parole contro il prossimo ricorda i social media: allora scrivevano lettere, oggi la rabbia esplode e si alimenta in rete.

«Non uso i social e in generale se non si ha niente di bello da dire credo sia meglio tacere. Mentre trovo l’anonimato crudele e vigliacco».

Jessie Buckley è una delle sue migliori amiche: è più facile imprecare avendola davanti?

«È facilissim­o! È così divertente essere pagati per lasciarsi andare a fare cose che le persone presumono non dovresti fare... Mi fa venire voglia di farle ancora di più! Siamo state peggiori di come avremmo potuto e ci siamo molto divertite. Per questa storia ci volevano due donne che andassero davvero d’accordo e credo la nostra sia stata la combinazio­ne migliore».

Ci sono film in costume che ravvivereb­be con qualche parola sconcia?

«Downton Abbey mi divertireb­be molto in versione rivisitata. Ha presente quando lasciano cadere la torta di sotto? Lì cazzo lo adorerei! sarebbe molto più reale... E poi diciamolo, l’alta borghesia ama le belle parolacce. Penso anche a The Crown: la regina avrebbe riso molto nel sentire frasi simili».

Che idea le viene?

«L’avrei fatta imprecare come un soldato, invece di farla risultare sempre gentile. Vorremmo sempre che le persone che si controllan­o di più imprechino di più: devono sbottare più degli altri!».

Si ricorda il momento esatto in cui ha deciso che sarebbe diventata un’attrice?

«Guardando Anthony Hopkins in Quel che resta del giorno. Mai avrei pensato che me lo sarei trovato di fronte, un giorno (in The Father; ndr). Ero in pigiama e mi dicevo “voglio fare quello che fa lui…”, ma in casa mia non c’erano attori, non ero autorizzat­a a sognare in quel senso».

Che cosa la fa sentire una regina?

«Sono molto parsimonio­sa e molto britannica… Quando mio marito Ed mi porta una tazza di tè a letto mi sento la donna più felice del mondo».

«PAROLACCE PREFERITE? ADORO “FOTTUTO IDIOTA!”. E MI PIACE FARE VELOCI PASSEGGIAT­E ARRABBIATE PER SMALTIRE LA FURIA»

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 ?? ?? Qui sopra, Olivia Colman (50) con Jessie Buckley (34) in Cattiverie a domicilio: Sotto, Colman nel ruolo della regina d’Inghilterr­a Anna nel film La favorita (2018), che le è valso l’Oscar. In basso è Elisabetta II nella serie The Crown (2016-2023)
Qui sopra, Olivia Colman (50) con Jessie Buckley (34) in Cattiverie a domicilio: Sotto, Colman nel ruolo della regina d’Inghilterr­a Anna nel film La favorita (2018), che le è valso l’Oscar. In basso è Elisabetta II nella serie The Crown (2016-2023)
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