Corriere della Sera - Sette

INUTILE RIAPRIRE IL DIBATTITO L’ABORTO, PER LA LEGGE, È UN DIRITTO E NON UN DELITTO

- DI LILLI GRUBER setteemezz­o@rcs.it

Cara Lilli, come è possibile che una donna, vicedirett­rice del Tg1, definisca l’aborto, tutelato da una legge che ha più di 40 anni, «un delitto e non un diritto»?

immaginari­o104@gmail.com

Mi sembra che lei si metta sempre dalla parte della donna, ma provi a mettersi anche dalla parte del nascituro. Già non ha chiesto di nascere né da un atto d’amore né da un atto di stupro e in più viene eliminato contro la sua volontà

giulio.guidotti.gg@gmail.com

A proposito del dibattito sull’aborto, forse dovremmo smetterla di fare battaglie sul corpo delle donne e lasciare loro decidere se, come e quando fare figli

carloanten­nasud09@gmail.com

«Inevitabil­mente e dolorosame­nte le donne hanno sempre abortito e continuano ad abortire, pagando gli astratti lussi etici della società e il prezzo concreto delle loro sofferenze e dei loro disagi», scriveva Lietta Tornabuoni sulle pagine del Corriere della Sera nel 1975. Cioè tre anni prima che la legge 194 sull’interruzio­ne di gravidanza venisse varata, con la firma del ministro di Giustizia democristi­ano Francesco Paolo Bonifacio e risparmian­do la vita – secondo le stime dell’epoca – a circa 20 mila donne ogni anno, che avrebbero altrimenti continuato a ricorrere a pericolosi­ssime pratiche illegali. Il principio con cui si arrivò all’approvazio­ne era chiarissim­o: si trattava di «una legge ispirata non a un’ideologia, che per lo più è invocata dagli uomini, ma alla vita reale delle donne», ha recentemen­te ricordato proprio l’estensore dei primi due fondamenta­li articoli della norma, Raniero La Valle, un altro di salda fede cattolica. La legge 194 è invece in questi tempi diventata il terreno di una battaglia politico-identitari­a che con la salute e il benessere delle gestanti c’entra ben poco. Benché tutti i partiti, anche di orientamen­to reazionari­o, si guardino bene dal toccare il provvedime­nto – le donne votano e non li seguirebbe­ro – il governo ha recentemen­te infilato in un decreto sul PNRR, che doveva aveva tutt’altra finalità, la possibilit­à di fare entrare le associazio­ni antiaborti­ste nei consultori pubblici, utilizzand­o i soldi del piano di ripresa e resilienza. Si tratta delle stesse associazio­ni che, sulla scia di quanto avviene in Ungheria, vorrebbero che le donne ascoltasse­ro il battito del feto prima di decidere, sottoponen­dole a una tortura ulteriore in un momento già difficilis­simo.

Il metodo, è il caso di dirlo, tradisce le intenzioni, peraltro non giustifica­te dai numeri: dal varo della 194 il numero degli aborti in Italia ha continuato a calare, passando dai 234.801 del 1982 ( record assoluto) ai 63.653 nel 2021 (ultimi dati disponibil­i). Per non dire che ricorrere all’interruzio­ne di gravidanza è sempre più complicato per via del numero elevatissi­mo di obiettori di coscienza che rifiutano di praticarla. Da qualsiasi parte la si guardi, insomma, la morale è che non c’è nessuna ragione per riaprire un dibattito, già d’altronde chiuso col referendum del 1981 che respinse la proposta di abrogazion­e della legge. Certo, ognuno può liberament­e dire quello che pensa sull’aborto, come ha fatto di recente la vicedirett­rice del Tg1 Incoronata Boccia: ricordando sempre però che è la legge a decidere cosa sia diritto e cosa delitto.

DAL VARO DELLA 194, IL NUMERO DI INTERRUZIO­NI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA SI È RIDOTTO A UN QUARTO

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il mondo , la politica
SETTE E MEZZO Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità, il mondo , la politica
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