INUTILE RIAPRIRE IL DIBATTITO L’ABORTO, PER LA LEGGE, È UN DIRITTO E NON UN DELITTO
Cara Lilli, come è possibile che una donna, vicedirettrice del Tg1, definisca l’aborto, tutelato da una legge che ha più di 40 anni, «un delitto e non un diritto»?
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Mi sembra che lei si metta sempre dalla parte della donna, ma provi a mettersi anche dalla parte del nascituro. Già non ha chiesto di nascere né da un atto d’amore né da un atto di stupro e in più viene eliminato contro la sua volontà
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A proposito del dibattito sull’aborto, forse dovremmo smetterla di fare battaglie sul corpo delle donne e lasciare loro decidere se, come e quando fare figli
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«Inevitabilmente e dolorosamente le donne hanno sempre abortito e continuano ad abortire, pagando gli astratti lussi etici della società e il prezzo concreto delle loro sofferenze e dei loro disagi», scriveva Lietta Tornabuoni sulle pagine del Corriere della Sera nel 1975. Cioè tre anni prima che la legge 194 sull’interruzione di gravidanza venisse varata, con la firma del ministro di Giustizia democristiano Francesco Paolo Bonifacio e risparmiando la vita – secondo le stime dell’epoca – a circa 20 mila donne ogni anno, che avrebbero altrimenti continuato a ricorrere a pericolosissime pratiche illegali. Il principio con cui si arrivò all’approvazione era chiarissimo: si trattava di «una legge ispirata non a un’ideologia, che per lo più è invocata dagli uomini, ma alla vita reale delle donne», ha recentemente ricordato proprio l’estensore dei primi due fondamentali articoli della norma, Raniero La Valle, un altro di salda fede cattolica. La legge 194 è invece in questi tempi diventata il terreno di una battaglia politico-identitaria che con la salute e il benessere delle gestanti c’entra ben poco. Benché tutti i partiti, anche di orientamento reazionario, si guardino bene dal toccare il provvedimento – le donne votano e non li seguirebbero – il governo ha recentemente infilato in un decreto sul PNRR, che doveva aveva tutt’altra finalità, la possibilità di fare entrare le associazioni antiabortiste nei consultori pubblici, utilizzando i soldi del piano di ripresa e resilienza. Si tratta delle stesse associazioni che, sulla scia di quanto avviene in Ungheria, vorrebbero che le donne ascoltassero il battito del feto prima di decidere, sottoponendole a una tortura ulteriore in un momento già difficilissimo.
Il metodo, è il caso di dirlo, tradisce le intenzioni, peraltro non giustificate dai numeri: dal varo della 194 il numero degli aborti in Italia ha continuato a calare, passando dai 234.801 del 1982 ( record assoluto) ai 63.653 nel 2021 (ultimi dati disponibili). Per non dire che ricorrere all’interruzione di gravidanza è sempre più complicato per via del numero elevatissimo di obiettori di coscienza che rifiutano di praticarla. Da qualsiasi parte la si guardi, insomma, la morale è che non c’è nessuna ragione per riaprire un dibattito, già d’altronde chiuso col referendum del 1981 che respinse la proposta di abrogazione della legge. Certo, ognuno può liberamente dire quello che pensa sull’aborto, come ha fatto di recente la vicedirettrice del Tg1 Incoronata Boccia: ricordando sempre però che è la legge a decidere cosa sia diritto e cosa delitto.
DAL VARO DELLA 194, IL NUMERO DI INTERRUZIONI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA SI È RIDOTTO A UN QUARTO