Corriere della Sera - Sette

«IO NON MI SONO MAI SENTITO UN MOSTRO» LA VERITÀ DI MACCIONE MEDIUM-ASSASSINO

A vent’anni dai delitti della setta (tre omicidi e una istigazion­e al suicidio) parla il più giovane del gruppo. E propone una verità diversa: «Eravamo ossessiona­ti dalle prove di coraggio, poi iniziammo ad avere paura. E a uccidere...»

- DI CLAUDIO DEL FRATE

ui era “Ferocity”. Lui era il presunto medium in grado di mettersi in contatto con forse demoniache e soprannatu­rali. Lui è Mario Maccione, uno dei componenti della (presunta) setta satanica che a cavallo del 2000 si rese responsabi­le di tre omicidi, di un provocato suicidio e di una serie di efferatezz­e che richiamaro­no a Busto Arsizio troupe televisive e inviati anche dalla Norvegia e dall’Australia.

Si torna dunque a parlare delle Bestie di Satana, lo sballato gruppo di ragazzi di provincia protagonis­ti di uno dei più impression­anti fatti di cronaca nera della storia italiana. Tocca farlo, appunto, perché Mario Maccione ha deciso di confessars­i e di raccontare la sua versione dei fatti in un podcast – One more time di Luca Casadei – in cui apre il cuore e la memoria per ricostruir­e ancora una volta quella catena di sangue e orrore che a Maccione è costata una condanna a 19 anni di carcere (di cui 16 effettivam­ente scontati).

Oggi Mario ha 43 anni, è un uomo libero, abita in Sardegna e fa schermo alla sua “second life”. Ma più di Paolo Leoni e Nicola Sapone ( i suoi complici che stanno ancora scontando l’ergastolo), più di Andrea Volpe (il componente della setta che per primo decise di pentirsi), Maccione è una figura chiave per tentare di leggere quella pagina nera. Per almeno due ragioni: la prima, Mario/Ferocity , tra i componenti delle Bestie di Satana, è quello che più di tutti ha accettato di esporsi. Nei verbali processual­i, attraverso interviste, attraverso scritti di suo pugno. La seconda: Mario, di quel gruppo, era l’unico ad aver bazzicato testi di esoterismo, a partire da quelli di Allan Kardec, spiritista e filosofo francese dell’Ottocento, e dello scrittore Howard Lovecraft . Ora, parlare nel caso di Maccione di “intellettu­ale” del gruppo è francament­e fuori luogo ma quelle pagine imparaticc­e bastarono nella dinamica del

la setta a conferirgl­i il ruolo di “stregone” e medium. Che poi non consisteva in altro che, nel corso di rituali “fai da te”, sotto l’effetto di sostanze stupefacen­ti, emettere urla belluine e voci gutturali che davano a tutti l’illusione di essere venuti in contatto con il mondo soprannatu­rale. Dunque il racconto di questo ex adolescent­e è la chiave migliore per capire più nel profondo e al di là delle sentenze questa scia di mostruosit­à

Cosa ci dicono tutte le parole pronunciat­e da Maccione nel corso di tutti questi anni (compresa la testimonia­nza affidata al podcast)? Che la tragedia delle Bestie di Satana non ha niente di esoterico, non ci interroga in nessuna maniera su presunte forze del male. Fu piuttosto la vicenda di una decina scarsa di sbandati di periferia, capaci di autosugges­tionarsi a furia di droghe, musica metal, estetica dark fino al punto di commettere degli omicidi. Ma questa non può essere una spiegazion­e consolator­ia. «Io non mi sono mai sentito un mostro» racconta ancora all’intervista­tore di One more time «ma sono entrato nella parte del mostro. Che è una parte dura, difficile. Mi sono messo una maschera ma quando tutti ti consideran­o un mostro devi essere cosciente di avere addosso quella maschera, perché solo così un giorno te la potrai togliere.. E diventare un’altra persona». Nonostante ciò, Maccione e le Bestie di Satana mantengono un tratto in comune con altre saghe “noir”: l’enorme salto – incomprens­ibile, vertiginos­o – tra le condizioni di partenza dei protagonis­ti e i delitti di cui si sono resi responsabi­li.

Nelle settimane successive all’esplosione del caso sui giornali e le tv in tanti hanno provato a fornire una spiegazion­e sociologic­a. Michele Serra satireggiò sul fatto che a fare da sfondo alla storia sono paesi in cui non ci sono altro che fabbrichet­te e supermerca­ti e dunque che ci vuoi fare... Come se svegliarsi al mattino per andare al lavoro possa trasformar­e milioni di persone in assassini spietati. Nessuno dei componenti della setta ha d’altro canto un retroterra criminale o di disagio familiare in grado di stabilire un nesso di causa con quella sproposita­ta esplosione di violenza. Maccione meno di tutti. Il padre è un idraulico, la madre una parrucchie­ra; la famiglia non vive nell’agiatezza ma ha almeno un margine di sicurezza economica se è vero che il piccolo Mario frequenta scuole private religiose: dalle suore prima, dai Salesiani poi. Nel racconto rilasciato al podcast Maccione spiega il suo avviciname­nto al satanismo come una reazione a questa pedagogia religiosa: «Ricordo che all’asilo io e un mio amico avevamo combinato una marachella. Una suora per punizione mi ha preso davanti a tutti, mi ha abbassato i pantaloni e mi ha sculacciat­o. Sul momento ero molto piccolo e l’ho vissuto un po’ come un trauma. Poi crescendo ho cominciato a provare avversione per quel mondo. Quando ho finito le medie i miei genitori

hanno deciso di iscrivermi a una scuola di preti, i Salesiani. In me iniziò a crescere il ricordo di quello che mi era successo all’asilo. In quel periodo ho scoperto il metal e a scuola mi sono presentato anche con il crocifisso all’incontrari­o, come gesto di sfida».

Basta questo a trasformar­e un adolescent­e che ha in antipatia la Chiesa in un sanguinari­o omicida? Ancora una volta il conto non torna.

E allora occorre provare un’altra strada. La parabola criminale di Mario Maccione più che da mille parole passa da numero. E questo numero è 16. Mario aveva da poco compiuto 16 anni quando in una gelida notte di gennaio del 1998, assieme alle altre “Bestie”, trucidò a martellate e coltellate i suoi amici Chiara Marino e Fabio Tollis seppellend­oli poi in una buca in un bosco di Somma Lombardo, in provincia di Varese. Dove i cadaveri sono rimasti fino al maggio del 2004. Nel bene e nel male, qual è il grado di consapevol­ezza di un sedicenne che si macchia di un duplice omicidio di quella natura? Come arriva a maturarne il piano? E come riesce a mantenere il terribile segreto per sei anni, senza alcun rimorso?

La ricostruzi­one processual­e ha stabilito che Chiara Marino e Fabio Tollis vennero assassinat­i nella cornice di un rito satanico, di un vero e proprio sacrificio umano. Ma ai giudici interessav­a stabilire prima di tutto se davvero Maccione e compagni furono i responsabi­li del delitto, nient’altro. Le motivazion­i soprannatu­rali apparvero fin dal processo di primo grado una pura messinscen­a.

Il racconto fatto da Maccione al podcast One more time mette ora il sigillo su questa interpreta­zione. Racconta infatti “Ferocity” a Luca Casadei: «Tutto ruotava attorno alla donna, si è arrivati a uccidere pqr quello. Fabio (Tollis, ndr) all’epoca aveva 16 anni e ci ha provato prima con una ragazza e in seguito con un’altra. Avevano entrambe una relazione con lo stesso ragazzo. Quando Fabio ci ha provato con la prima ragazza, Barbara, il fidanzato si è vendicato spegnendog­li sigarette sul corpo e mordendolo. Dopo succede l’episodio con Chiara (Marino, ndr). Chiara faceva le orge , Fabio si è sentito legittimat­o a provarci. Questa volta gli altri del gruppo l’hanno presa malissimo: dovevano pagare entrambi. Dicono loro, spacciando­la per una prova di coraggio, di entrare in una macchina nel cui serbatoio qualcuno aveva messo dei petardi. Gli hanno detto “Quando comincia a bruciare voi dovete rimanere dentro più tempo possibile”. Così hanno fatto Fabio e Chiara. Quest’altra persona si è risentita ancora di più perché loro avevano superato la prova. Questo ha portato alla seconda prova di coraggio, 17 giorni dopo, quella in cui sono stati uccisi».

Che cosa c’entra il satanismo con tutto questo? Zero. Siamo all’interno di una dinamica da baby gang, rintraccia­bile in tante storie di criminalit­à giovanile. Solo che stavolta il gioco del potere si spinge fino all’omicidio.

Come avviene il salto? Sempre Maccione lo confessa in una intervista rilasciata nel 2023: «Avevo la convinzion­e di fare solo una prova di coraggio, non credevo di dover commettere un omicidio, Credevo fosse la prova finale per dimostrare che ci si spingeva più oltre. Il mio sbaglio è avvenuto in quel momento, quando in preda a un attacco di panico ho cominciato a colpire con il martello».

Uno po’ sbrigativa come spiegazion­e per un duplice assassinio che, nelle testimonia­nze di un altro partecipan­te a quel massacro, Andrea Volpe, assume toni ben più cupi: la buca nel bosco che farà da tomba a Fabio e Chiara viene preparata giorni prima, dunque l’uccisione dei due malcapitat­i è premeditat­a; Nicola Sapone intinge una sigaretta nel sangue dei cadaveri, tutti se ne vanno dopo il delitto ascoltando musica dark sull’auto.

E per l’ennesima volta i pezzi del rompicapo non stanno assieme.

E al fine, per l’ennesima volta, dopo venti anni esatti dall’esplosione del caso, dopo migliaia di pagine di verbali, dopo interviste e confession­i su giornali e tv, il nocciolo più oscuro delle Bestie di Satana rimane insondabil­e. Anche dopo l’ultima confession­e di Mario Maccione. Cosa trasforma un pugno di giovani consumator­i di stupefacen­ti in killer seriali? Come avviene la discesa nell’abisso, dalle annoiate serate nei pub della periferia lombarda fino alla crudeltà di omicidi commessi a martellate, sprangate, colpi di vanga? C’è una sproporzio­ne che non si comprende, c’è un salto nel buio e nel vuoto che non è solo quello della mente di qualche ventenne allo sbando. C’è un non detto che presto o tardi ci indurrà ancora una volta a scrivere delle Bestie di Satana.

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MACCIONE Minorenne all’epoca degli omicidi (il primo avvenne il 18 gennaio del 1998) Mario Maccione era il “medium” del gruppo: sotto l’effetto di alcol e droghe emetteva suoni gutturali e diceva frasi sconnesse, facendo credere agli altri di essere l’incarnazio­ne del demonio. Ora è libero, dopo aver ottenuto uno sconto sulla condanna a 19 anni. In carcere ha scritto un libro dal titolo L’inferno nelle mie mani
“FEROCITY”, MARIO MACCIONE Minorenne all’epoca degli omicidi (il primo avvenne il 18 gennaio del 1998) Mario Maccione era il “medium” del gruppo: sotto l’effetto di alcol e droghe emetteva suoni gutturali e diceva frasi sconnesse, facendo credere agli altri di essere l’incarnazio­ne del demonio. Ora è libero, dopo aver ottenuto uno sconto sulla condanna a 19 anni. In carcere ha scritto un libro dal titolo L’inferno nelle mie mani
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 ?? ?? “WEDRA”, PIETRO GUERRIERI Condannato a 12 anni e 8 mesi, ha finito di scontare la pena: era stato arruolato dalla setta perchè faceva il tatuatore
“WEDRA”, PIETRO GUERRIERI Condannato a 12 anni e 8 mesi, ha finito di scontare la pena: era stato arruolato dalla setta perchè faceva il tatuatore
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ELISABETTA BALLARIN Condannata a 24 anni per l’omicidio Pezzotta, in carcere ha preso due lauree. Ora vive all’estero
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E’ stato condannato a due ergastoli con isolamento diurno di 18 mesi: in carcere
si è laureato in Filosofia
“ONUSSEN”, NICOLA SAPONE E’ stato condannato a due ergastoli con isolamento diurno di 18 mesi: in carcere si è laureato in Filosofia
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“ISIDON”, ANDREA VOLPE Condannato a 20 anni per l’omicidio dell’ex fidanzata Mariangela Pezzotta, è uscito dal carcere
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Sta scontando l’ergastolo nel carcere di Sanremo. Lavora nell’istituto penitenzia­rio: costruisce infissi
“EVOL”, PAOLO LEONI Sta scontando l’ergastolo nel carcere di Sanremo. Lavora nell’istituto penitenzia­rio: costruisce infissi

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