Corriere della Sera - Sette

MODIFICARE IL NOSTRO DNA E ADATTARCI ALLA CRISI CLIMATICA PERCHÉ NO?

- DI MAURO BONAZZI

Tra tutte le innovazion­i degli ultimi anni, l’editing genetico, la possibilit­à di modificare il nostro Dna, è quello che potrebbe cambiare le nostre vite nel modo più radicale. Il problema è se e fino a che punto siamo consapevol­i della rivoluzion­e che potrebbe compiersi. In linea di principio, in effetti, di dubbi non dovrebbero essercene; e discuterne potrebbe sembrare inutile – i soliti filosofi che si divertono a spaccare il capello in quattro su tutto. In fondo, una delle ragioni principali che condusse allo sviluppo di questa tecnica è la possibilit­à di correggere difetti genetici che saranno causa di dolorosiss­ime malattie negli anni a venire. Qualcuno può contestare la bontà di un intervento che potrà evitare tanto dolore? Nessuno, si spera. Ma ci sono limiti a questi interventi, in particolar­e quando questa tecnica dovesse iniziare a essere commercial­izzata, e chi li dovrebbe decidere?

Jürgen Habermas è stato uno dei primi a sollevare simili domande, osservando che queste modificazi­oni genetiche prenatali rischiano di mettere a repentagli­o la libertà costitutiv­a degli esseri umani. Venendo meno quel carattere “imprevisto” che sempre si accompagna a una nascita umana, non viene meno anche un aspetto decisivo della nostra esistenza? Fino a che punto è lecito che altri intervenga­no preventiva­mente decidendo cosa sarà bene o male per noi? Insomma, fino a che questi interventi sono terapeutic­i si potrebbe anche concordare. Ma dove gli interventi sono solo migliorati­vi – perché potenziano ad esempio le nostre capacità fisiche o mentali – il rischio è che cambi la nostra concezione stessa di quello che sono l’essere umano e la sua esistenza.

Ma perché questo dovrebbe essere un male? In tempi recenti non sono mancati i difensori della posizione opposta. Tra gli altri Ingmar Persson e Julian Savulescu hanno osservato che non c’è niente di male in simili interventi migliorati­vi se contribuis­cono a un maggior benessere e felicità. E questo, a maggior ragione, quando consideria­mo la nostra storia. Grazie a Darwin sappiamo oggi che siamo il prodotto di una selezione biologica casuale. Non siamo esseri perfetti: siamo in continua evoluzione, in una relazione di adattament­o con l’ambiente che ci circonda. Perché non favorire allora cambiament­i che ci rendano più preparati rispetto alle sfide in arrivo? Così, per fare un esempio provocator­io: la selezione naturale finora ha favorito comportame­nti che portavano a vivere in piccoli gruppi focalizzat­i sul proprio interesse. Di fronte al cambiament­o climatico – diventa più chiaro ogni giorno – questi comportame­nti rischiano di condurre a risultati catastrofi­ci. Avendone la possibilit­à non sarebbe allora un nostro preciso dovere morale intervenir­e, così da favorire lo sviluppo di esseri provvisti di caratteris­tiche comunitari­e più adatte alla situazione presente? È uno scenario che appare inquietant­e, a prima vista. Fino a che punto lo è? Se pensiamo alle generazion­i future, che ereditereb­bero un mondo meno disastrato, non lo sarebbe per nulla. Il dibattito continua.

E mentre il dibattito continua, viene voglia di osservare che forse la filosofia, e con lei tutti gli altri saperi umanistici, tanto inutili non sono se ci aiutano a comprender­e meglio i problemi con cui abbiamo a che fare. Perché tutti sono in cerca di risposte. Ma non meno importante è imparare a porre le domande giuste.

L’EDITING GENETICO, CHE SECONDO HABERMAS METTE A RISCHIO LA LIBERTÀ, POTREBBE ESSERE INTERPRETA­TO COME DOVERE MORALE

 ?? ??
 ?? ?? Il filosofo tedesco Jürgen
Habermas (94 anni)
Il filosofo tedesco Jürgen Habermas (94 anni)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy