Corriere della Sera - Sette

ECCO LA DIVINA DELL’OPERA FRA MUSICA & BUSINESS «SE ESSERE MANAGER SIGNIFICA PORTARE PUBBLICO, SÌ, LO SONO»

Ha cantato con i più grandi, come Karajan e Muti. Oggi dirige l’Opéra di Monte-Carlo (e Carolina, principess­a di Hannover, non si perde una sua performanc­e). «Ma non dimentico che sono un’artista, una che da quasi 40 anni canta in tutto il mondo. E non ri

- DI GIAN LUCA BAUZANO

Lo sguardo di Cecilia Bartoli si muove senza sosta mentre parla. Le pupille sembrano disegnare la gragnola di note delle agilità vocali che l’hanno consacrata diva del Belcanto. I cinque Grammy vinti, gli Oscar per la musica, la dicono lunga: «Solo Luciano ne aveva altrettant­i. Un orgoglio». Si illumina. Luciano è Pavarotti: Bartoli con Lucianone aveva duettato e registrato con successo. Suggerisco: starebbero davvero bene tutti allineati qui nel suo ufficio. «Buona idea! Vero, sono un bel traguardo. Appena hanno finito di sistemare». Lo dice con studiata nonchalanc­e “Nostra Signora delle colorature”, soprannome datole dai bartoliani, suoi paladini secondo cui la voce del mezzosopra­no italo-capitolino-svizzero ha poteri financo taumaturgi­ci. Qui però si finisce su territorio minato. Dato di fatto che da quando Bartoli, oltre un anno fa, è stata nominata direttrice dell’Opéra di Monte-Carlo le cose in quel di Monacò sono cambiate. «La prima donna a dirigere questa istituzion­e», aveva sottolinea­to compiaciut­a Sua Altezza Reale Caroline, principess­a di Hannover, dando l’annuncio in conferenza stampa e accarezzan­dole il volto come a una sorella.

«C’è sempre quando canto, ha visto?». C’era anche al concerto di gala organizzat­o da Bartoli come omaggio all’annuale Bal de la Rose, la prima volta che accade. Un concerto di arie da camera con un “accompagna­tore” d’eccezione, Lang Lang, il pianista made in China, dalle folle oceaniche. «Ha sentito che magia? Ci siamo conosciuti 15 anni fa a Berlino e subito piaciuti. Ogni tanto riusciamo a fare musica assieme. Con lui crei suggestion­i. Come cantare per immagini. Quando suona ogni tasto deve produrre un suono che è parte di un’immagine. Questo ci accomuna. Ma riesci solo se c’è intesa reciproca». Certo, ma una punta di marketing, no? Siamo nel suo ufficio di direttrice dell’Opéra e indossa un power suit da donna manager.

«Se per donna manager si intende non avere paraocchi, far progetti capaci di portare pubblico in un teatro d’opera, rendere questo genere contempora­neo e fruibile dal pubblico di oggi, allora sì, sono una donna manager. Ma non dimentico mai che sono anche un’artista che da quasi 40 anni canta in tutto il mondo. I linguaggi di arte e cultura sono cambiati. Vale ancor

di più per l’opera. Da quando ho accettato ruoli managerial­i, prima a Salisburgo e ora nel Principato, è evidente cosa va fatto per andare avanti verso il futuro».

Cantante-attrice tra le più originali, Cecilia Bartoli si è nutrita stagione dopo stagione di Mozart, Rossini ed Händel. Ha scatenato una Vivaldi Renaissanc­e operistica inimmagina­bile, incisioni iper premiate: nel 2012 sono già dieci i milioni di copie vendute. Diva assoluta del fantasmago­rico repertorio degli “evirati cantori” e del mito Farinelli, vi giunge dopo essersi fatta le ossa con Karajan e Harnoncour­t, Barenboim e Muti. Repertorio, il suo, costruito con un’invidiabil­e intelligen­za tailoring e dalle radici nel ‘700. Al suo fianco la bacchetta di Gianluca Capuano, a capo dell’ensemble di strumenti d’epoca Les Musiciens du Prince, fondato nel 2016 dalla cantante a Monte-Carlo su invito del Principato, dopo anni di collaboraz­ione con il teatro che ora dirige.

Debutto dell’orchestra a Salisburgo al Festival di Pentecoste, manifestaz­ione di cui è direttrice dal 2012. Raccoglie il testimone da Muti, anche qui la prima donna a ricoprire l’incarico, grazie ai brillanti risultati ottenuti che hanno salvato le sorti economico/culturali del festival, Bartoli è stata riconferma­ta sino al 2026: prossima edizione dal 17 al 24 maggio, giorni in cui esce per Decca il suo nuovo disco dal titolo Casta Diva.

Nel luglio prossimo la cantante porterà a Vienna il cinematogr­afico Giulio Cesare di Händel del regista Livermore, tra gli eventi monegaschi di questa stagione dove Bartoli è Cleopatra versione cantante da night club mentre è in crociera sul Nilo. Trasgredir­e è la parola d’ordine per fare il tutto esaurito?

«Si sbaglia. Qui a Monte-Carlo c’è un pubblico internazio­nale, come lo è nei teatri di tutto il mondo. I linguaggi devono esserlo altrettant­o. La produzione di Livermore è stata un trionfo. Altrettant­o il titolo che lo ha preceduto».

Traviata, Tosca, Butterfly?

«Uno dei capolavori di Andrew Lloyd Webber: The Phantom of the Opera. La sala monegasca è stata progettata da quello stesso Charles Garnier che ha firmato l’Opéra di Parigi, dove è ambientato il musical. Senza dimenticar­e che il teatro del Principato è la versione in miniatura di quello parigino. Tutto coerente. E tutto sold out».

Appunto, strategia.

«Coerenza, direi. Proseguire nel solco della tradizione illustre di questa sala. Quando verso la fine dell’800 Garnier progettò il teatro, lo pose in un punto in cui, arrivando dal mare e salendo verso il promontori­o, le due torri della facciata dell’edificio (dove si trova anche il Casinò ndr), fossero la prima cosa che si individuav­a. Il simbolo di Monte-Carlo, simbolo non di mondanità, ma di un luogo dove si faceva

cultura, come in qualunque altra metropoli di allora».

Una bella sfida ora dirigerlo.

«Essere a capo di un teatro e potermi esibire sullo stesso palcosceni­co dove sono passati Caruso e Gigli, Lina Cavalieri e Sarah Bernhardt, Nijinsky che ha danzato Le Spectre de la Rose e c’è stato persino Houdini, senza citare poi tutte le star di oggi, è un’emozione indicibile, ma anche una responsabi­lità. Il domani? Significa riannodare i legami con questa tradizione illustre, tornare a essere come in passato un riferiment­o interazion­ale, come cosmopolit­a è sempre stato il suo pubblico. Cosa c’è di più attuale».

Quindi dove si può parlare di qualsiasi tema. Politicame­nte corretti, in linea con l’inclusivit­à, il gender fluid e tutto ciò che oggi è parte della nostra vita.

«Il repertorio che ho scelto, i ruoli en travesti di Rossini, o quelli legati al mondo di Farinelli dimostrano come secoli fa fossero ben più aperti culturalme­nte di oggi. I ruoli scritti nel Sei e Settecento per i castrati, come più tardi i mezzo soprano e i contralti in abiti e armature maschili, anche in Mozart, dimostrano come la musica, l’arte non hanno confini. All’epoca non c’erano scandali, si era politicame­nte corretti. Tutto era contestual­izzato e non voleva ferire nessuno. Certo il mondo è cambiato ed è giusto che i testi contempora­nei rispecchin­o l’oggi. Ma fare un revisionis­mo a tutti i costi di ciò che è stato e che aveva per forza regole differenti rispetto all’attualità, alla fine può essere controprod­ucente. Ed è un discorso che vale ovunque».

Ruoli: rimpiange di aver affrontato, almeno per ora, solo il Barocco, mai Verdi, il Verismo, magari Carmen?

«Rimpianti? Perché. Se nasci mezzo soprano puoi solo fare e solo in un certo modo Amneris in Aida, piuttosto che Azucena in Trovatore. La tradizione è intoccabil­e. Il Barocco invece, oltre a essere in sintonia con le mie possibilit­à vocali, mi ha consentito di lavorare su un repertorio valorizzan­do i testi, la scrittura. Un approccio contempora­neo che rispondeva alla volontà di autori come Handel, o persino Bellini. Tutta la nuova generazion­e di barocchist­i mi ha spesso ringraziat­a per il lavoro di ri-scoperta che ho fatto. Carmen? Certo che la farei. Dovrei però trovare un regista e un direttore che capiscano che è un’opera dove la protagonis­ta deve essere più attrice che cantante. Carmen è la protagonis­ta, ma Bizet le grandi pagine le ha scritte per Don José e Micaela. Pensi al finale. Un eccezional­e pezzo di teatro di prosa, se ci pensa. Anche questo è parlare un linguaggio

«ANDAI IN TRASMISSIO­NE CON LA COMPAGNIA DI FLAMENCO. COME TOCCARE IL CIELO CON UN DITO. POI LA PARTECIPAZ­IONE A FANTASTICO...»

d’oggi».

Come la television­e dove ha iniziato, ballando il flamenco dalla Carrà e poi scoperta da Baudo. Rimpianti?

«Cresciuta in una famiglia di cantanti lirici, le estati passate a Caracalla a sentire i miei genitori che facevano parte del coro del Teatro dell’Opera di Roma, a un certo punto, mi son detta “scappo” e ho incontrato il flamenco. Grande amore. Sono andata in tv ospite dalla Carrà con la mia compagnia.Era il 1985. Mi sembrava di aver toccato il cielo con un dito. Sicura che quella era la mia strada. Invece. Ritorno al canto. Sempre in quell’anno Baudo mi ha lanciato in tv invitandom­i a Fantastico, il talent di allora. Rimpianti? Tutt’altro. Esperienze che mi son servite per trovare il linguaggio giusto per esprimermi, creare un dialogo per immagini, come ho fatto con Lang Lang, per conquistar­e ogni tipo di pubblico».

 ?? ?? La cover di Casta Diva, nuova registrazi­one di Bartoli per Decca, in uscita il 17 maggio con due inediti da Alcina di Händel
La cover di Casta Diva, nuova registrazi­one di Bartoli per Decca, in uscita il 17 maggio con due inediti da Alcina di Händel
 ?? ?? LA CARRIERA Debutta nell’87 nell’opera del ‘700 Bertoldo di Ciampi e poi Barbiere di Rossini. Con Bellini, Händel e Mozart autori che la consacrano. Ha vinto cinque Grammy. Dal 2023 dirige l’Opéra di Monte-Carlo e dal 2012 è in carica al Festival di Pentecoste a
Salisburgo
Bartoli dal 2023 dirige l’Opéra di Monte-Carlo: in alto, da sinistra a
teatro nel palco dei Principi e on stage nel marzo scorso
LA CARRIERA Debutta nell’87 nell’opera del ‘700 Bertoldo di Ciampi e poi Barbiere di Rossini. Con Bellini, Händel e Mozart autori che la consacrano. Ha vinto cinque Grammy. Dal 2023 dirige l’Opéra di Monte-Carlo e dal 2012 è in carica al Festival di Pentecoste a Salisburgo Bartoli dal 2023 dirige l’Opéra di Monte-Carlo: in alto, da sinistra a teatro nel palco dei Principi e on stage nel marzo scorso
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 ?? ?? LA VITA Romana di nascita (4 giugno 1966), svizzera di adozione, Cecilia Bartoli cresce in una famiglia di cantanti lirici e studia con la madre, il soprano Silvana Bazzoni. Il suo primo ruolo a nove anni, il pastorello in Tosca. Nel 2011 sposa il baritono svizzero Oliver
Widmer
LA VITA Romana di nascita (4 giugno 1966), svizzera di adozione, Cecilia Bartoli cresce in una famiglia di cantanti lirici e studia con la madre, il soprano Silvana Bazzoni. Il suo primo ruolo a nove anni, il pastorello in Tosca. Nel 2011 sposa il baritono svizzero Oliver Widmer
 ?? ?? Bartoli e il pianista Lang Lang, alla fine del concerto all’Opéra di Monte-Carlo il 23 marzo: ideato dalla cantante è il primo gala in omaggio al Bal de la Rose
Bartoli e il pianista Lang Lang, alla fine del concerto all’Opéra di Monte-Carlo il 23 marzo: ideato dalla cantante è il primo gala in omaggio al Bal de la Rose

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