I NOSTRI RAGAZZI E IL WEB DARE REGOLE È DIFFICILE L’ESEMPIO (POSITIVO) DI MACRON
Cara Lilli, a proposito del suo ottimo libro Non farti fottere, riguardante l’accesso alla pornografia da parte degli adolescenti, suggerirei di inserire sempre, mentre si sta per regalare il cellulare ad un/a ragazzino/a, il ben noto “parental control” unitamente ad una speciale password. Che ne pensa?
Carlo Radollovich carlo.radollovich@libero.it
È sotto gli occhi di tutti il danno che provoca ai minori l’uso distorto dello smartphone. Mi domando come mai nessuno ha mai proposto di stabilirne un’età di accesso? Per legge, ad esempio, sotto una certa età è proibita la vendita di sigarette o di alcolici. Dovrebbe essere lo stesso per gli smartphone?
Roberto Sangiorgi ro.sangiorgi@hotmail.it
Cari lettori, è di pochi giorni fa la notizia che la Francia sta valutando di vietare per legge — con l’aiuto di genitori ma soprattutto della scuola — l’uso degli schermi digitali ai bimbi sotto i 3 anni. Così come l’uso degli smartphone agli under 11, inquadrandolo anche durante la prima adolescenza, e i social media prima dei 15 anni. Il presidente Macron avverte che i «nostri ragazzi sono diventati una mercanzia», e bisogna «contrastare le nuove insidiose dipendenze dei giovani, esposti a contenuti devastanti come la cyberpornografia». L’iperconnessione dei minori, è ormai provato, fa grandi danni: insonnia, obesità, ansia, scarsa concentrazione. Fa male alla loro salute, al loro sviluppo, al loro avvenire. Non sarà facile regolamentare una materia così complessa, ma intanto è doveroso lanciare l’allarme e provarci. Mi chiedo da anni come mai in un Paese come l’Italia, votato da sempre alla retorica della famiglia e della sacralità dei figli, ci sia poi così poca attenzione da parte della politica verso tutte le problematiche che li riguardano. Quando la cronaca ci restituisce violenze orribili come lo stupro di Caivano, per un po’ ci si indigna e poi si stende di nuovo un velo di omertà e di ipocrisia.
La protezione dei più piccoli e fragili è un’urgenza assoluta — tanto più che, come scrivo in Non farti fottere, l’età del primo accesso ai siti porno è 12 anni — e investe prioritariamente la sfera dell’educazione. Tocca quindi alle famiglie, alla scuola e ad altri luoghi di formazione farsene carico. Nel 2024 è scandaloso che in classe non ci siano ancora corsi di educazione sessuale e sentimentale obbligatori, ma il governo di Giorgia Meloni del “Dio, patria e famiglia”, resta sordo all’esigenza. La paura della fantomatica “ideologia gender” e un cedimento alla doppia morale all’italiana, secondo cui certe cose si fanno pero’ non si dicono, sembrano più importanti dei pericoli che i ragazzi corrono. Famiglie, scuole e operatori economici delle telecomunicazioni devono essere messi in condizione di poter offrire gli strumenti necessari per informare correttamente e per controllare efficacemente. Possiamo e dobbiamo educare i più giovani all’uso di internet e dello smartphone, nello stesso modo in cui insegniamo loro italiano e matematica. Il loro universo è digitale, e va dunque studiato e compreso nelle sue possibilità e nei suoi rischi. Solo così possiamo pensare di crescerli consapevoli delle storture provocate dalla sovra-esposizione mediatica della propria intimità, e di altre assurdità che vengono propinate sul web, nel campo del porno e non solo.
IL PRESIDENTE FRANCESE STA VALUTANDO UNA SERIE DI DIVIETI, NOI ASPETTIAMO ANCORA “L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE” A SCUOLA