PIÙ SOLDI O PIÙ TEMPO? IL RAPPORTO SULLA FELICITÀ RIVELA CHE COSA STIAMO CERCANDO
Che cosa vi dà più felicità? Ambizione e ricchezza? O il vero lusso è il tempo (libero) una volta raggiunto un plateau dignitoso di tranquillità economica? E in quale stagione esistenziale vi siete sentiti più felici: da giovani come siamo portati a credere e ripetere? Sul ponte levatoio della mezza età? O magari – a sorpresa – nella vecchiaia?
Ogni anno il Rapporto sulla felicità, il World Happiness Report, propone molte risposte statistiche e tenta un paio di sintesi. Le risposte, raccolte interpellando campioni rappresentativi della popolazione mondiale, vengono disposte lungo la Cantril Ladder: a ogni intervistato viene chiesto di immaginarsi una scala a pioli, dove la miglior vita possibile corrisponde al 10, la peggiore resta a zero. Sono state individuate sei variabili per articolare la riflessione (il Pil pro capite, il sostegno garantito dal welfare, l’aspettativa di vita in salute, la libertà di cui si gode, la generosità con cui si guarda agli altri, la corruzione del sistema), ma alla fine ciò che conta è la valutazione che il singolo porge su sé stesso: quello che potremmo definire “il benessere percepito”. Chiedimi se sono felice.
La classifica vede in vetta la Finlandia (settima “vittoria” consecutiva), seguita dal gruppetto dei vicini nordici (tutti e cinque nei primi dieci). Pensando a quanto ci appaia lenta se non immobile l’Europa, è interessante il balzo di alcuni Paesi dell’Est (Repubblica Ceca, Slovenia, Lituania) che riducono il distacco rispetto a quelli storici dell’Unione.
È “spacchettando” il dato riassuntivo, però, che si può tentare una lettura dei risultati più utile a interpretare come stiamo vivendo noi. La prima considerazione è che i soldi danno la felicità negli Stati Uniti molto più che nel Vecchio Continente, dove i benefit collettivi sono moneta comune resistente. Americani ed europei custodiscono dunque desideri paralleli. I primi perseguono uno sviluppo personale condizionato dalle risorse economiche, i secondi appaiono più interessati all’equilibrio vita professionale/ privata (godendo del privilegio, non universale, delle ferie retribuite). Come spiegano gli esperti di HappyOrNot, una compagnia finlandese che aiuta le imprese a misurare il grado di soddisfazione: «Il lavoro rimane dentro il recinto dell’orario concordato. Fuori ci sono le serate, gli hobby, le passioni, la natura». A proposito: lo Stato che ha il record di meno ore trascorse al lavoro è la Germania, nel tardo pomeriggio la locomotiva punta verso casa.
La seconda considerazione è che, se guardiamo alla generazione under 30, la scala scricchiola. Il Paese dove i minori e i giovani adulti dichiarano di sentirsi meglio è la Lituania. Il secondo è Israele (prima della guerra). Il terzo la Serbia. La caduta in classifica degli Stati Uniti (nel 2023 scivolati al 23° posto, giù di sette posizioni) è dovuta proprio all’insoddisfazione dei ragazzi. Disallineando le risposte per generazioni, i Boomer (nati tra il 1945 e il 1964) sono stati e restano i più felici, poi GenX e Millennials, in coda la GenZ (1995-2010). Il livello di felicità di un Boomer sale ogni anno, come un vaso mai di coccio che continua a riempirsi; quello di un Millennial decresce ogni anno. Il professor De Neve, che dirige il Wellbeing Research Centre di Oxford, descrive uno scenario di giovani d’Occidente in preda a una crisi di mezza età. Ansia, insoddisfazione, pessimismo: come fossero cinquantenni stanchi, disorientati dal confronto/scontro tra aspettative e disillusione. Non è difficile vedere da dove dovremmo ricominciare a seminare speranza e possibilità. Questo anche se i 18-34enni – in tempi di grandi promesse elettorali – rappresentano il gruppo demografico più debole e pure il più tentato dall’astensionismo. Non una miniera di voti... Resta il fatto che sono loro il futuro, tradirli significa dare scacco matto a tutti.
L’INSODDISFAZIONE DEGLI UNDER 30 UNISCE EUROPA OCCIDENTALE E NORD AMERICA, COME UNA “CRISI DI MEZZA ETÀ”