CHE COS’È LA GENUINITÀ AL TEMPO DEI SOCIAL? UN COSTRUTTO INDUSTRIALE
I confini e il senso dell’essere autentici oggi dipendono da un complicato e profittevole mercato popolato da piattaforme, agenzie, brand le cui mani invisibili (e i cui algoritmi) orientano i contenuti. Così l’estetica del pigiama e della casa in disordi
«Il segreto del mio successo? Essere me stessa». Prima o poi lo dicono tutte le influencer abbastanza famose da essere intervistate (uso il femminile perché nel mercato social dell’espressione e della commercializzazione di sé le donne sono più numerose degli uomini). Gli esperti di comunicazione confermano: ciò che più attira i follower è l’autenticità (reale, percepita o messa in scena, basta che funzioni). Vale per la ragazza napoletana che è diventata una star di TikTok cambiando le pellicole ai cellulari, come per la Ferragni dei tempi d’oro, quella che conquistava Sanremo dialogando con Chiara bambina. Cosa significhi essere genuini al tempo dei social network, comunque, è una questione scivolosa e mutevole. Se decido di mostrarmi spettinata e con le occhiaie non sono più vera, sto scegliendo di mandare un messaggio diverso, funzionale ai miei scopi. L’estetica del pigiama e della casa in disordine che si è affermata con la pandemia, probabilmente, non era più onesta degli aperitivi instagrammati in vacanza.
Per molto tempo psicologi e sociologi si sono lambiccati il cervello intorno al carisma. Lo stato di
DOMANDE & RISPOSTE Anna Meldolesi e Chiara Lalli scrivono di argomenti fra filosofia morale e scienza, tra diritti e ricerca. Due punti di vista diversi per disciplina, ma affini per metodo
«Come mi vedi sono» è una delle prime cose che Sabry dice quando arriva a Ventotene per il suo matrimonio. Sabry è Sabrina, che avevamo lasciato alcuni anni fa con una cotta adolescenziale. È cresciuta, è diventata influencer ed è meglio di qualsiasi trattato sulle dirette e sui social. Sta per sposare Cesare. Sabry è una perfetta Anna Ferraioli Ravel in Un altro Ferragosto di Paolo Virzì. Cesare è Vinicio Marchioni, favoloso nel suo squallore. Sono una coppia da un milione di visualizzazioni.Nella piazzetta di Ventotene, la nostra eroina è perfetta nel rassicurarci e nel farci sentire intelligenti. Nella piazzetta di Ventotene succede tutto quello che succede ogni santo giorno.
«La leggerezza è proprio la cifra mia», dice con quella meravigliosa espressione di chi crede di aver trovato la soluzione ai peli superflui e alle guerre, alla povertà e alle censure dello spirito antifascista. (Vi suona familiare?) «Nessuno si sente inferiore, quello sicuro». («Non sai fa’ un cazzo» farfuglia dal pubblico la ex moglie di Cesare – che è una musonissima Emanuela Fanelli).
Forse qui sta il segreto della vita, mica solo
LE CIFRE SONO IMPRESSIONANTI, 300 MILIONI DI PERSONE SI CONSIDERANO “CONTENT CREATOR”: POCHI I RICCHI, MOLTI QUELLI ANGOSCIATI
grazia per cui qualcuno entra in una stanza e la riempie, apre bocca e tutti ascoltano. John Antonakis una volta lo ha paragonato al fenomeno fisico del campo di Higgs «perché conferisce massa e gravità non alle particelle ma ai movimenti sociali». Ovviamente essere influencer è cosa ben diversa dall’essere leader, ma la materia di cui sono fatti è comunque sfuggente. Quello che percepiamo come vero è sempre stato in buona parte un costrutto sociale, e ormai l’autenticità è diventata anche un costrutto industriale. Lo spiega Emily Hund della Pennsylvania University nel libro L’industria degli influencer da poco uscito per Einaudi. I confini e il senso dell’essere autentici dipendono da un complicato e profittevole mercato popolato da piattaforme, agenzie e brand, le cui mani invisibili (e i cui algoritmi) orientano i contenuti disponibili a miliardi di utenti social. Complici la crisi del giornalismo classico e la sfiducia dilagante verso tutto ciò che è establishment.
Le cifre sono impressionanti: questa industria globale alla fine del 2023 valeva 21 miliardi di dollari, con 300 milioni di persone che si considerano content creator. Pochi i ricchi, molti quelli angosciati dalla volatilità delle entrate, tutti impegnati a incarnare la versione più vendibile di sé stessi.
Beauty e fashion hanno fatto da trampolino, ma ormai è stato colonizzato tutto l’immaginabile, dall’educazione dei figli alla salute mentale. E se prima l’influencer standard doveva essere rigorosamente apolitico, adesso deve mostrare almeno un po’ i suoi valori. Anche questo è richiesto per apparire veri nel 2024, e restare condivisibili. del successo social. Adulare il tuo pubblico facendolo sentire intelligente — commentare genio, eroe e paladino di chissà cosa è un guaio molto più serio dei picchiatelli che insultano e minacciano. E poi l’annuncio di una possibile candidatura. Ovviamente prima gli italiani, con unghie tricolori patriottiche da far invidia a ogni manicure appena fatta e a ogni #adv e #supplied.
Il sindaco dice che, prima di Sabrina, Ventotene era ricordata solo per cose tristi del passato. Sul confino si svolge forse il modello di conversazione social. Che ne pensa del confino Sabrina? «Onestamente ’sta cosa del confino non l’avevo mai sentita. Ma fatemi capire, ci stava la dogana?». È il solito dilemma: siamo sempre stati così scemi e lo vedevamo meno oppure siamo più scemi di prima? «Che per caso era quella cosa del fascismo, che era un sacco di tempo fa? Non ero manco nata!».
È tutto perfetto, perfino troppo documentaristico, soprattutto a rivederlo mentre esplodono i cervelli per il monologo di Antonio Scurati e il mondo #antifa si agita moltissimo. Che poi la migliore influencer forse è Luciana/Paola Tiziana Cruciani con la «fase del concentramento» — mentre si rompe i menischi facendo yoga — che sarebbe la concentrazione ovviamente, perché è un po’ svampita (succedesse davvero verrebbe giù tutto per una mezz’ora, prima dello scandalo successivo).
È tutto straziante. E forse la vecchiaia è non riuscire più a ridere di quel «non ce state a capi’ più un cazzo ma da mo» e cominciare a singhiozzare — almeno finché in sala è ancora buio che poi, come direbbe Sabry, che grezza.
UN ALTRO FERRAGOSTO DI VIRZÌ È MEGLIO DI UN TRATTATO: IL SEGRETO STA NELL’ADULARE IL PUBBLICO, FACENDOLO SENTIRE INTELLIGENTE