LA NORMALITÀ DI TAJANI EX MONARCHICO RIVOLUZIONARIO CON GARBO
Antonio Tajani, il rivoluzionario. Pazzesco. Ma ci pensate? Tajani che diventa rivoluzionario. Come Garibaldi e Pancho Villa, Steve Jobs e Pep Guardiola. E adesso, appunto, lui: Tajani. Il nuovo gran capo di Forza Italia. L’ex monarchico che, in questa campagna elettorale per le Europee così confusa e modesta, rumorosa e volgare, così tristemente incanaglita dalle inchieste giudiziarie, fa una rivoluzione tutta sua, molto personale e inattesa, riempiendola di meravigliosa normalità.
Pensateci: Tajani è rassicurante, mentre gli altri – di solito – spaventano terribilmente (tipo Salvini che decide di candidare il generale Vannacci, l’omofobo fan di Mussolini). Tajani è coerente, perché – piaccia o no – oggi ripete più o meno quello che diceva ieri (vogliamo parlare di Renzi e Calenda?). Tajani è sempre propenso alla mediazione (dovrebbe chiedergli un po’ di ripetizioni la Schlein, capace di trasformare il Nazareno, che già non era Disneyland, in un luogo di efferati intrighi). Tajani è pieno di misura (non direbbe mai che Dante era di destra, come il ministro Sangiuliano) e ragionevolezza (non fermerebbe mai un Frecciarossa, come il ministro
Lollobrigida). Tajani ha il sacro rispetto delle istituzioni: perciò certe sconcezze della politica (ricatti, pressioni, promesse) le gestisce in un riserbo assoluto e, quando lo invitano in tv, non provoca, non è mai arrogante. Nemmeno quando esce e, a Montecitorio, incontra i cronisti che lo aspettano (anzi, ricordando il suo passato al Giornale di Montanelli, fa pure il piacione: “Ragazzi, mi sento ancora uno di voi…”).
A questo punto, le domande sarebbero un paio. Intanto: dove porta tutta questa sua affascinante normalità? Se restiamo a certi spifferi, potrebbe rispedirlo in Europa (a presiedere la Commissione europea dopo Ursula von der Leyen). Se parliamo di sondaggi, porta a dire che la Lega verrà superata di slancio da FI. Però poi lo so cosa state pensando: Tajani ci fa, o c’è? A naso, c’è. Conosco certi suoi amici che lo descrivono esattamente così, come appare. E io poi me lo ricordo tanti anni fa, quando si candidò a sindaco di Roma, perdendo la corsa con Veltroni. In periferia sbagliavano la pronuncia del suo cognome, chiamandolo “Tagiani”. E lui: «Veramente, si dice Ta-ia-ni…». Ma sempre con garbo.
RISPETTA LE ISTITUZIONI, AMA LA MEDIAZIONE E ORA SI PARLA DI LUI AL POSTO DI VON DER LEYEN