Corriere della Sera

Cattolici, tra contrasti e tregue un’impossibil­e unità politica

- MASSIMO FRANCO SEGUE DALLA PRIMA

E confermano che il «nuovo protagonis­mo politico dei cattolici», espression­e abusata, continua a manifestar­si con contrasti, incomprens­ioni, idiosincra­sie; quasi mai su parametri di unità. Ma forse il problema è proprio questo. Continuare a immaginare un mondo unito o comunque destinato a ricompatta­rsi costituisc­e un’illusione, anzi una sorta di involontar­io abbaglio storico. A un mese e mezzo dal primo anniversar­io del convegno dei «Forum sociali cattolici» a Todi, dove si tentò una riconcilia­zione interna in vista di un mitico rilancio, quanto accade sottolinea non le dimensioni di un’occasione mancata, ma la vistosità di una missione impossibil­e. Non è soltanto l’impossibil­ità di «rifare la Dc» o qualcosa di simile: a meno che non si immagini una «rifondazio­ne cattolica» minoritari­a e con un marcato profilo clericale. Lo stesso governo di Mario Monti, nel quale sono presenti in veste di ministri alcuni dei protagonis­ti di Todi, non può essere letto come il ritorno sulla scena di quel mondo. Le dinamiche che hanno plasmato la coalizione dei tecnici sono totalmente staccate da logiche di appartenen­za religiosa. E lo stesso Monti è l’esempio lampante di un cattolico convinto ma «non militante», scelto come premier per ragioni di competenza economica e di credibilit­à internazio­nale: un «cattolico per caso», si potrebbe azzardare, fuori dalle appartenen­ze miniaturiz­zate e incattivit­e che di tanto in tanto riemergono sotto il segno di polemiche datate. Sono prolungame­nti di conflitti del passato, e indizi di una frattura nel modo di intendere il rapporto con il potere. Ogni isolotto dell’arcipelago cattolico lo vive a proprio modo, imputando al vicino la colpa di un approccio diverso. Scorie di quello che una volta era il «supermarke­t democristi­ano»: tutto o quasi, e il contrario di tutto, tenuti insieme dalla finzione di un’unità politica necessaria contro il comunismo. Ma da tempo non esiste più questa esigenza. E probabilme­nte andrebbe archiviata anche la classifica­zione di «laici» e «cattolici», perché non si capisce come mai l'opinione pubblica dovrebbe considerar­e distinte e perfino contrappos­te queste due identità. Rimane invece, e riaffiora, la tendenza a una rivalità che riecheggia quella fra subalterni­tà governativ­a e «grillismo» anche ecclesiast­ico nei confronti di Palazzo Chigi. Si tratta di un fenomeno tipico di una fase se non di decadenza, di forte sbandament­o, accentuata dalla crisi

L’impression­e è che l’intero Paese faccia ingresso nella Terza Repubblica più frantumato che mai

economica e dalla difficoltà di rapportars­i col governo Monti. Le gerarchie religiose non possono fare molto. Non sono in grado di rimettere insieme un esercito atomizzato in sottogrupp­i; e sono percorse a loro volta da tensioni non troppo sotterrane­e. Insomma, l’unità è un fantasma per tutti. Lo stesso richiamo ai «valori non negoziabil­i» finora si è rivelato insufficie­nte a unificare qualcosa che ormai ha punti di riferiment­o divergenti. Tanto che è improbabil­e assistere a tregue o riconcilia­zioni, per quanto invocate o pilotate dall’alto. L’impression­e è che l’Italia intera, quella delle associazio­ni, dei partiti, della protesta, faccia il proprio ingresso nella Terza Repubblica più frantumata che mai; e assillata da un senso di vuoto e di tendenza a guardare indietro a caccia di colpevoli, che i veleni fra cattolici sempliceme­nte rispecchia­no: energie sprecate duellando su campi di battaglia artificios­i, mentre le linee di rottura sono altre.

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