Cattolici, tra contrasti e tregue un’impossibile unità politica
E confermano che il «nuovo protagonismo politico dei cattolici», espressione abusata, continua a manifestarsi con contrasti, incomprensioni, idiosincrasie; quasi mai su parametri di unità. Ma forse il problema è proprio questo. Continuare a immaginare un mondo unito o comunque destinato a ricompattarsi costituisce un’illusione, anzi una sorta di involontario abbaglio storico. A un mese e mezzo dal primo anniversario del convegno dei «Forum sociali cattolici» a Todi, dove si tentò una riconciliazione interna in vista di un mitico rilancio, quanto accade sottolinea non le dimensioni di un’occasione mancata, ma la vistosità di una missione impossibile. Non è soltanto l’impossibilità di «rifare la Dc» o qualcosa di simile: a meno che non si immagini una «rifondazione cattolica» minoritaria e con un marcato profilo clericale. Lo stesso governo di Mario Monti, nel quale sono presenti in veste di ministri alcuni dei protagonisti di Todi, non può essere letto come il ritorno sulla scena di quel mondo. Le dinamiche che hanno plasmato la coalizione dei tecnici sono totalmente staccate da logiche di appartenenza religiosa. E lo stesso Monti è l’esempio lampante di un cattolico convinto ma «non militante», scelto come premier per ragioni di competenza economica e di credibilità internazionale: un «cattolico per caso», si potrebbe azzardare, fuori dalle appartenenze miniaturizzate e incattivite che di tanto in tanto riemergono sotto il segno di polemiche datate. Sono prolungamenti di conflitti del passato, e indizi di una frattura nel modo di intendere il rapporto con il potere. Ogni isolotto dell’arcipelago cattolico lo vive a proprio modo, imputando al vicino la colpa di un approccio diverso. Scorie di quello che una volta era il «supermarket democristiano»: tutto o quasi, e il contrario di tutto, tenuti insieme dalla finzione di un’unità politica necessaria contro il comunismo. Ma da tempo non esiste più questa esigenza. E probabilmente andrebbe archiviata anche la classificazione di «laici» e «cattolici», perché non si capisce come mai l'opinione pubblica dovrebbe considerare distinte e perfino contrapposte queste due identità. Rimane invece, e riaffiora, la tendenza a una rivalità che riecheggia quella fra subalternità governativa e «grillismo» anche ecclesiastico nei confronti di Palazzo Chigi. Si tratta di un fenomeno tipico di una fase se non di decadenza, di forte sbandamento, accentuata dalla crisi
L’impressione è che l’intero Paese faccia ingresso nella Terza Repubblica più frantumato che mai
economica e dalla difficoltà di rapportarsi col governo Monti. Le gerarchie religiose non possono fare molto. Non sono in grado di rimettere insieme un esercito atomizzato in sottogruppi; e sono percorse a loro volta da tensioni non troppo sotterranee. Insomma, l’unità è un fantasma per tutti. Lo stesso richiamo ai «valori non negoziabili» finora si è rivelato insufficiente a unificare qualcosa che ormai ha punti di riferimento divergenti. Tanto che è improbabile assistere a tregue o riconciliazioni, per quanto invocate o pilotate dall’alto. L’impressione è che l’Italia intera, quella delle associazioni, dei partiti, della protesta, faccia il proprio ingresso nella Terza Repubblica più frantumata che mai; e assillata da un senso di vuoto e di tendenza a guardare indietro a caccia di colpevoli, che i veleni fra cattolici semplicemente rispecchiano: energie sprecate duellando su campi di battaglia artificiosi, mentre le linee di rottura sono altre.