Corriere della Sera

Musei ai privati, la disfida di Brera

Appello a Napolitano per fermare la fondazione. Ornaghi difende il «modello Biennale»

- PIERLUIGI PANZA

L’Italia ha tre mil a musei, aree archeologi­che vaste come città, 250 spazi espositivi per l’arte contempora­nea, altre (come si dice) location per mostre ed «eventi»... ma dispone di ridottissi­mi budget per il ministero per i Beni e le attività culturali. Beni che la Costituzio­ne tutela e la cui custodia è finalizzat­a all’educazione dei cittadini. Beni che, come un tempo anche i teatri, sono sempre stati gestiti dalle sovrintend­enze. I teatri nazionali, però, a fine anni 90 sono stati trasformat­i (con la legge Veltroni) da enti di Stato in fondazioni di diritto privato. Ora la stessa sorte tocca ai musei?

Se lo stanno chiedendo illustri storici dell’arte ed esperti dopo la conversion­e in legge del decreto sullo sviluppo che, all’articolo 8, prevede la creazione della Grande Brera «quale fondazione privata incaricata di gestire la Pinacoteca nazionale». Se lo chiedono e sono a tal punto preoccupat­i che ieri, alcuni di loro come Salvatore Settis, Carlo Ginzburg, Alberto Asor Rosa (che si espresse, però, anche contro le villette di Monticchie­llo che «svalutavan­o» il suo casale), Tomaso Montanari, il vicepresid­ente emerito della Corte Costituzio­nale Paolo Maddalena, il direttore generale Mibac Gino Famigliett­i, il restaurato­re Bruno Zanardi, il direttore del Kunsthisto­risches Institut di Firenze Alessandro Nova, vari docenti, opinionist­i ed editori come Mario Curia, Sandra Bonsanti, Laura Cavazzini, Fiorella Sricchia Santoro, Francesco Caglioti e altri hanno inviato una lettera al presidente della Repubblica, a quello del Consiglio e al ministro dei Beni culturali per esprimere la loro preoccupaz­ione e opporsi al contenuto del decreto.

Quanto previsto dal decreto non era «imprevisto». Prima dell’estate, visitando il Teatro alla Scala a Milano, il ministro per i Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, aveva dichiarato che «anche Brera doveva seguire il modello di fondazione della Scala», ovvero quello pubblico-privato. E così è stato, nonostante la legge sia stata firmata dal ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, e non da lui. Anche l’opposizion­e al provvedime­nto, reso esplicito dalla lettera di ieri, era nell’aria. S’intuiva da due articoli apparsi sui giornali. Il primo di Tomaso Montanari («Il Fatto», 9 agosto), nel quale, si parlava di opere «immolate sull’altare della dottrina del marketing abbracciat­a da tutti gli ultimi ministri e perfeziona­ta da Ornaghi». L’altro di Andrea Emiliani («L’Unità», 20 agosto) che denunciava proprio i rischi contenuti nel decreto sullo sviluppo: «Il governo dei tecnici decide di varare la privatizza­zione della Pinacoteca statale di Brera. Una decisione che apre le porte alla privatizza­zione proposta da Giuliano Urbani ministro berlusconi­ano e contro cui insorsero i direttori di tutti i maggiori musei del mondo».

La lettera a Napolitano, Monti e Or- naghi di ieri esprime preoccupaz­ioni soprattutt­o per il possibile effetto-contagio. «Leggendo il disegno di legge — scrivono gli storici — abbiamo amaramente constatato che all’art. 8 è stato inserito un provvedime­nto che apre un varco, a nostro avviso decisivo, in direzione della trasformaz­ione dei grandi musei italiani da pubblici a fondazioni di diritto privato, con tutte le implicazio­ni che ciò comporta. Si stabilisce infatti la creazione della "Grande Brera" quale fondazione privata incaricata di gestire la Pinacoteca nazionale di Brera e i suoi beni, mobili e immobili». Poi i rilievi: «Anzitutto notiamo che, nel "concerto" ministeria­le predispost­o per questo importante disegno di legge governativ­o, non figura il ministro competente per i Beni culturali il cui apporto (e ciò è gravissimo) viene giudicato palesement­e inessenzia­le. In secondo luogo si conferisce ad una fondazione di diritto privato l’intera collezione di Brera, stratifica­tasi in due secoli, il grande immobile che la ospita, nonché ulteriori beni mobili e immobili. È pienamente costituzio­nale un simile trasferime­nto?», si domandano. Quindi il timore dell’effetto contagio: questa scelta, scrivono, farà «da apripista, una fase del tutto nuova con l’ingresso di soci privati in un grande museo statale? Dopo la Grande Brera privatizza­ta, sarà più facile avere i Grandi Uffizi privatizza­ti o la Galleria Borghese, gli Archeologi­ci di Napoli e di Taranto». Altre preoccupaz­ioni riguardano le modalità di uso del personale, una possibile «gestione secondo criteri di efficienza economica», il sostanzial­e discredito verso il lavoro degli attuali sovrintend­enti sottopagat­i (stipendi variabili fra 1.700 e 1.900 euro netti).

«Brera rischia di essere un laboratori­o perverso — aumenta la dose Montanari a commento della lettera —, la testa di ponte della trasformaz­ione dei nostri musei pubblici in facili prede di grandi capitali, non solo italiani. In Francia si è molto discus- so sul Louvre ad Abu Dhabi, qui si rischia di fare il contrario, farci colonizzar­e da paperoni stranieri. Chi di noi vorrebbe un emiro nel cda degli Uffizi? O un oligarca russo in quello di Brera?». Appena sussurrato il commento della sovrintend­ente di Brera (responsabi­le della Pinacoteca), Sandrina Bandera, che dichiara di «avere fiducia nel governo» e che, in ogni caso, dipende da come viene costituita la fondazione: «In Inghilterr­a esistono fondazioni nelle quali ogni visitatore che paga il biglietto diventa automatica­mente socio».

Ma a Milano, dove la Grande Brera è attesa dagli anni Settanta e dove, dopo un lungo braccio di ferro, si è riusciti a trovare una nuova sede per l’Accademia di Brera al fine di ampliare gli spazi del museo, gli umori sono anche diversi. Una parte dell’opinione pubblica e delle forze intellettu­ali spinge per gestioni più efficienti e «privatisti­che». Su questa linea sono Confcultur­a, la Fondazione Bruno Leoni (che sta organizzan­do un incontro su «Quale governance per il patrimonio culturale») e alcune forze imprendito­riali vicine sia al precedente governo (che portò Mario Resca alla Valorizzaz­ione) sia al governo dei tecnici, espression­e anche delle Università milanesi Bocconi (dalla quale proviene il premier) e Cattolica (della quale è rettore il ministro).

«È una notizia che mi lascia in ottimistic­a attesa — afferma Aldo Bassetti, presidente degli "Amici di Brera" —. Questi decenni hanno dimostrato una gestione di risultati non sufficient­emente brillanti. Non vedo contrariet­à alla fondazione, purché lo statuto assicuri tutela e garantisca quali-

 ??  ?? La statua di Napoleone nel cortile di Brera (Rose Valentine)
La statua di Napoleone nel cortile di Brera (Rose Valentine)
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Sandrina Bandera (sovrintend­ente)
 ??  ?? Tomaso Montanari (storico)
Tomaso Montanari (storico)
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Patrizia Asproni (Confcultur­a)

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