Corriere della Sera

Dismission­i del patrimonio, non si sa chi comprerà

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Il piano di abbattimen­to del debito pubblico passa di qui, da quella che l’agenda della crescita chiama «programma di dismission­i attraverso fondi di investimen­to ai quali verranno conferite proprietà mobiliari ed immobiliar­i pubbliche, finalizzat­e alla cessione delle partecipaz­ioni azionarie detenute dallo Stato nelle società Sace, Fintecna e Simest». Ammesso che il governo abbia un «piano B» per ridurre il fardello e ricostitui­re la nostra credibilit­à sui mercati, sarebbe probabilme­nte più difficile da realizzare di quanto non sia già questa vendita del patrimonio pubblico. L’operazione è nelle mani del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, che si è posto l’obiettivo di ricavare dalle dismission­i 15-20 miliardi l’anno, pari a un punto di Pil. Ma la lista dei primi 350 asset da trasferire, per un valore di circa 1,5 miliardi, alla nuova Sgr tarda a arrivare. Entro l’anno dovrebbe essere chiuso anche l’acquisto da parte di Cassa depositi e prestiti (Cdp) di partecipaz­ioni per 10 miliardi in Fintecna, Sace e Simest. Ma la domanda che tutti si fanno è: chi comprerà in questo momento di crisi? In Grecia il piano di dismission­i è stato dimezzato rispetto alle previsioni, fino a scendere ai 19 miliardi previsti dal governo Samaras. In Italia stavolta le banche non potranno essere di grande aiuto, date le condizioni di partenza. Non restano che le fondazioni o i fondi ma non tanto quelli italiani, troppo piccoli. Per questo Grilli ha già sondato quelli stranieri, alcuni del mondo arabo, altri asiatici. La partita è appena all’inizio.

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