Produttività e pubblico impiego a metà strada
«Con la riforma Fornero, si sono create le condizioni per realizzare, anche in Italia, un mercato inclusivo e dinamico e per superare le segmentazioni che tendono a escludere o marginalizzare giovani e donne». L’agenda sulla crescita descrive così lo sforzo compiuto sul tema del lavoro con l’obiettivo di «aumentare l’occupazione» e «ridurre la precarietà». In questo modo il governo lascia intendere che c’è ancora molto da fare, e che la riforma non è che un punto di partenza o, meglio ancora, di non ritorno. Lo è in particolare per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, dove la modifica è davvero «radicale», come recita il documento. Restano aperti tuttavia alcuni punti qualificanti, dove al momento non si segnalano iniziative. Se la «sfida», come la definisce l’agenda per la crescita, sarà «sollecitare le principali leve del sistema economico nazionale accrescendo la produttività e aprendo nuove opportunità di impresa e lavoro», allora non si comprende perché non sia stato avviato un dialogo con le parti sociali sulla produttività. Se il modello è quello tedesco, come più volte richiamato, allora lo scambio tra maggiore produttività e minore carico fiscale sul lavoro potrebbe essere la via da seguire. L’altro punto su cui il governo è chiamato ancora a dare prova di sé è il pubblico impiego: è rimasto indietro il capitolo della razionalizzazione, legato alla «fase due» della spending review. Ma è già possibile scommettere che i tempi della realizzazione di un piano di snellimento sforeranno la durata del governo.