«Un terzo del Parlamento eletto con listini bloccati»
Cicchitto: altrimenti sarebbero fuori politici di alto livello
ROMA — Basta con il Parlamento dei nominati, si è ripetuto per anni. Basta con il famigerato Porcellum, architettato da Roberto Calderoli con l’aiuto dei partiti, Udc in testa. Cittadini e politici per mesi hanno marciato uniti, o quasi, al grido di «ridiamo la scelta agli elettori». Ora, mentre gli sherpa alchimisti cercano la formula magica che accontenti tutti, o almeno Abc (Alfano, Bersani, Casini), Fabrizio Cicchitto fa il punto sulla situazione. Spiegando che nulla è ancora deciso. Perché non si sa se ci sarà il premio di maggioranza ai partiti o alla coalizione. Nel primo caso, peraltro, non si è ancora deciso se sarà del 10 o del 15 per cento. E non si sa neanche se ci saranno i collegi o le preferenze. L’unica cosa certa, rivela Cicchitto al «Mattino», è che «un terzo dei parlamentari va scelto con i listini bloccati». Decisione condivisa dai principali partiti. Perché «senza di essi una serie di parlamentari di alto livello non entrerebbe in Parlamento. Serve equilibrio, non demagogia». E mentre sulla rete ci si interroga, per usare un eufemismo, sul diritto di scelta (parzialmente) negato e sulla Casta che protegge il fortino assediato, parte una controffensiva trasversale per ripristinare le preferenze. Meccanismo che darebbe il diritto di scelta agli elettori, almeno per la quota dei 2/3, ma con non poche controindicazioni.
Su queste basi, non solidissime, continua la trattativa per mandare in porto un accordo che in molti davano per chiuso e che non lo è ancora. Il Pd Pier Luigi Bersani passa la palla: «Non dipende solo da noi». Cicchitto temporeggia: «La soluzione è vicina ma ancora non c’è». Vicina è la stessa parola che usa l’udc Antonio De Poli, che però aggiunge: «Il Parlamento non può essere un sussurra, potrebbe essere il grimaldello per far saltare gli accordi. Ieri nel Pdl si sono fatti sentire in molti. Maurizio Gasparri, per esempio, che dopo essersi esercitato sul «panfiscalismo» della sinistra e sui suoi «reggicoda», attacca: «Mandato in archivio l’equivoco delle grandi ammucchiate, ora bisogna archiviare i collegi per fare una legge elettorale con le preferenze». Stessa linea per Roberto Formigoni — «senza preferenze non c’è scelta» — e per Francesco Giro. Ma anche per Ignazio La Russa che vorrebbe sfatare la tesi secondo cui sono per le preferenze solo gli ex An: «Ormai le dichiarazioni di Casini, del Terzo polo, di Formigoni, di Fitto, di Lupi e dello stesso Enrico Letta, fanno capire che l’unico sistema valido è quello delle preferenze. A meno di voler nascondere motivi poco nobili o perpetuare il centralismo democratico caro alla sinistra, di chi è restio a cedere potere ai cittadini».
A proposito di restituire «potere ai cittadini», Michele Ainis, nell’editoriale di ieri del Corriere, ha chiesto di «riannodare il filo spezzato tra eletti ed elettori». Racconta Augusto Barbera, uno che di listini si intende: «Inventai io quello per le Regionali, dove ci sono le preferenze. Mi sembrava necessario per far entrare persone competenti e con una visione non localista. Poi ho cominciato a dubitare. Quando l’ho visto usare per fare entrare Ni- cole Minetti, ma anche esponenti di partiti con popolarità da prefisso telefonico o politici di liste escluse, dai comunisti di Diliberto alla destra di Storace. Insomma, per operazioni poco nobili o meno igno- bili, ma ugualmente non commendevoli». Barbera non è contrario in via di principio alle liste bloccate: «Purché corte. Esistono in Spagna e in Germania. Con il Porcellum non c’erano i nomi in lista, in questo caso avremmo due o tre nomi e l’elettore potrebbe scegliere se votare o no il partito, che non presenterebbe impresentabili». Barbera resta comunque favorevole ai collegi, preferibilmente con primarie, rispetto alle preferenze, «causa non ultima di Tangentopoli».
Anche Pippo Civati, esponente «giovane» del Pd, non apprezza: «Siamo al Prosciuttum, il Porcellum cotto e stracotto. Non mi piacciono le liste bloccate ma neanche quel premio così forte. Stiamo andando male, non ci siamo».