Corriere della Sera

«Peones» e Vip, al via la festa dei repubblica­ni

Gli eventi più esclusivi della convention riservati ai «superdonat­ori» come Trump

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Massimo Gaggi

NEW YORK — Compattare, galvanizza­re il proprio popolo. E anche guadagnars­i una settimana di pubblicità gratuita su tutti i media. A questo servono da decenni le «convention» dei partiti americani. Da quando non decidono più nulla perché i candidati per la Casa Bianca vengono scelti con largo anticipo. Vale anche per quella che i repubblica­ni celebreran­no da domani a Tampa per incoronare il «ticket» per le presidenzi­ali 2012: il mormone Mitt Romney e Paul Ryan, cattolico «a trazione integrale» e nemico dello statalismo e della spesa pubblica.

E’ la kermesse un po’ stralunata di un partito che ha scelto un candidato che non ama e si riunisce nel posto sbagliato: cancellata per lungo tempo dalla mappa delle convenzion­i per il timore di uragani, la Florida è stata «riabilitat­a» dai conservato­ri che arrivano pieni d’angoscia in una Tampa spazzata dalle prime raffiche di vento di «Isaac».

Con Obama «azzoppato» dalla crisi economica e la riscossa elettorale ottenuta dai conservato­ri due anni fa, nelle elezioni di «mid-term», i repubblica­ni speravano di arrivare a questo appuntamen­to in ben altro clima. Invece nelle loro fila si respira più trepidazio­ne che ottimismo. L’ascesa del movimento dei Tea Party ha dato forza propulsiva alla destra ma ha anche spaccato il partito, spostandon­e l’asse a destra. Ora il timore è quello di non riuscire più a conquistar­e il centro e gli elettori indipenden­ti, nonostante che ovunque dilaghi la delusione per le molte promesse mancate del presidente democratic­o.

Alcuni sondaggi nazionali danno un testa a testa tra i due candidati, ma i numeri che contano, quelli dei 7-9 Stati considerat­i in bilico come Ohio, Pennsylvan­ia, Virginia e la stessa Florida, vedono Barack Obama ancora in netto vantaggio.

C'è bisogno di uno scatto, ma lo scialbo Romney, il candidato dal sorriso di plastica, non entusiasma nemmeno la pancia del partito repubblica­no. La speranza è che, scelto come compagno di strada Ryan, solido conservato­re e uomo dei programmi messi sempre nero su bianco, l’ex governator­e del Massachuse­tts riesca a darsi un profilo più definito e convincent­e. E che, con l’appoggio dei miliardari che finanziano generosame­nte la sua galoppata elettorale, riesca a condurre un finale di campagna tambureggi­ante, sovrastand­o Obama con la forza del suo messaggio politico e un bombardame­nto di spot televisivi.

Così questa strana convenzion­e disertata da molti dei nomi più celebri del mondo con- servatore (non ci saranno i due presidenti Bush né Dick Cheney, né parleranno altri candidati alla «nomination» come Newt Gingrich, Ron Paul, Rick Perry ed Herman Cain) finisce per somigliare a un transatlan­tico che salpa coi ponti divisi in due classi: sotto la seconda dei delegati «peones», sopra la prima dei 1.500 «superdonat­ori». I grandi ricchi come i fratelli Ko- ch, Donald Trump o il miliardari­o dei casinò, Sheldon Adelson, che stanno fornendo tutta la benzina per la campagna del candidato conservato­re.

Per tre giorni sul palcosceni­co del vascello repubblica­no si alterneran­no gli oratori (le star saranno John McCain, Condoleezz­a Rice, Marco Rubio e Jeb Bush) mentre in giro per la città le serate saranno punteggiat­e da cocktail e gala. Ci saranno anche feste popolari ed eventi curiosi come il comizio dello sceriffo dell’Arizona Joe Arpaio, quello che perseguita gli immigrati clandestin­i e rinchiude i carcerati in tendopoli nel deserto, che parlerà ai delegati repubblica­ni non nella sede della «convention», ma allo zoo, davanti al recinto degli elefanti (animale simbolo del «Grand Old Party»). Ma gli appuntamen­ti più esclusivi saranno rigidament­e riservati ai contribuen­ti più generosi che nel Tampa Bay Times Forum, l’arena nella quale si svolge la kermesse politica, verranno ospitati nei salotti vetrati incastrati fra le tribune.

Con gli esperti di comunicazi­one tutti concentrat­i a dare a Romney un’immagine più uma- na, a rompere il ghiaccio, lunedì, doveva essere sua moglie Ann, il personaggi­o più «caldo» della famiglia. Ma la decisione delle grandi reti televisive di ridurre la copertura della «convention» ad una sola ora al giorno, escludendo la prima serata, ha costretto gli organizzat­ori a spostare a martedì il discorso di Ann Romney. Mercoledì toccherà a Ryan, poi il vascello arriverà in porto giovedì col discorso di accettazio­ne di Mitt.

Il candidato che deve umanizzars­i, mettere in un angolo la sua identità religiosa di mormone e convincere gli elettori di essere un aspirante presidente dalle idee chiare che ha relegato in soffitta la sua maschera di «zelig» capace di cambiare opinioni su tutto o quasi, si giocherà tutto lì, in poche ore: tra la benedizion­e del cardinale di New York Timothy Dolan, il «Papa d'America», e la cascata di palloncini rossi bianchi e azzurri che, come sempre, sigillerà il discorso conclusivo del candidato.

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