Corriere della Sera

Polemiche sui permessi Vallanzasc­a licenziato

- Anna Gandolfi

SARNICO (Bergamo) — Poche righe, un fax che parte da Sarnico alla volta del carcere di Bollate. E Renato Vallanzasc­a, l’ex boss della Comasina condannato a quattro ergastoli, finisce licenziato. Si è conclusa in anticipo la carriera di commesso-magazzinie­re del «bel René» in una boutique in provincia di Bergamo. A premere il tasto «invio» è Maria Fiore Testa, la titolare. «Mi sono arresa, troppo clamore — dice la donna —. Chiedo scusa a tutti. Non c’era alcuna volontà di pr ovocazi one i n ciò che ho fatto, non immaginavo ci sarebbe stata tanta risonanza. Penso anche a Renato, perché non è colpa sua. Ma la cosa era diventata più grande di me». Rapporto interrotto. «Sono il datore di lavoro (il detenuto usufruisce dei benefici dell’articolo 21, ndr), Renato aveva un contratto a tempo determinat­o con prova di 60 giorni: non ho ritenuto di proseguire su questa strada». Risultato: ieri l’ex bandito non è tornato in negozio. Licenziato. Nonostante il giorno prima avesse ostinatame­nte respinto l’assalto di tivù e cronisti. «Sono qui, perché soltanto qui mi hanno offerto una opportunit­à di lavoro. Ma non posso dire nulla, ordine del magistrato», erano state le poche parole di Vallanzasc­a. Precauzion­e inutile, dato che di lì a poche ore sarebbe partito il fax. Ma- ria Fiore — che ha avviato la collaboraz­ione con il carcere «come forma di volontaria­to» — è diventata la donna che ha licenziato Vallanzasc­a. «Mi sentivo assediata, troppi curiosi e giornalist­i, troppi sguardi critici», spiega ora. A lui, che venerdì era regolarmen­te al lavoro, la notizia è stata data in serata a Bollate. Renato Vallanzasc­a (foto) nato nel 1950, dagli inizi degli anni ’70 compie rapine, omicidi, sequestri Quattro ergastoli e 295 anni di reclusione Dal 2010 usufruisce del beneficio del lavoro esterno Conferma il direttore del penitenzia­rio milanese Massimo Parisi: «Abbiamo ricevuto la comunicazi­one, la sospension­e ha effetto immediato. Ora faremo una valutazion­e del progetto». Quello che a Sarnico, seimila abitanti, solo per una ventina di giorni è andato avanti sottotracc­ia. «Nel periodo di Ferragosto — precisa la titolare — Renato non era presente, immagino un permesso. Per noi erano ferie». La moglie di Vallanzasc­a, Antonella D’Agostino, non conferma e non smentisce. Piuttosto va all’attacco: «L’hanno rovinato di nuovo. I titolari del negozio sapevano bene con chi avevano a che fare. A Sarnico ci è andato in buona fede». Ma appena il suo nome è circolato, è scoppiata la polemica. Il prefetto di Bergamo, Camillo Andreana, aveva bollato come «illogica e inopportun­a» la scelta dell’amministra­zione della Giustizia. Il riferiment­o va al 1977, quando a Dalmine il bandito uccise due agenti. E, dopo che il Guardasigi­lli Paola Severino ha chiesto una relazione scritta sul caso, ieri è intervenut­o il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellier­i: «Magari è il provvedime­nto migliore — afferma —, è assolutame­nte corretto. La competenza è del magistrato di Sorveglian­za. Non do giudizi sull’operato dei giudici, ma forse è sfuggito qualcosa. C’era un problema di sensibilit­à locale e di opportunit­à, sono d’accordo con il prefetto. I morti di Dalmine li ricordiamo tutti».

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