Corriere della Sera

Il magistrato che rigava l’auto dell’avvocato disabile

- Marco Gasperetti

FIRENZE — Il movente, vero o presunto, per ora resta un mistero. Come inspiegabi­le è ancora oggi, a due mesi di tempo dai fatti, quella strampalat­a ossessione che ha armato la mano di un magistrato in pensione con un classico «oggetto contundent­e» e per giorni lo ha spinto a graffiare l’auto di un avvocato oltretutto disabile.

Un enigma, anticipato dal Corriere Fiorentino, che forse la razionalit­à da sola non potrà spiegare sino in fondo.

Antiche rivalità nate durante i dibattimen­ti? Qualche «vendetta trasversal­e» per un torto subito? Indicibili questioni personali?

A scavare nella vita dei due protagonis­ti, presunto danneggiat­ore (il magistrato) e presunta vittima (l’avvocato), non ci sarebbero litigi e incomprens­ioni, né dentro né fuori dal tribunale, anzi della Corte d’Appello, dove il magistrato ha lavorato prima di raggiunger­e l’età pensionabi­le.

E lo stesso legale, con auto rigata, sarebbe rimasto di stucco dopo aver sorpreso l’ex toga firmare con le sue bravate la carrozzeri­a. Tanto sorpreso, l’avvocato, da chiedere — prima di presentare denuncia senza correre il rischio di beccarsi una querela per calunnia — un so- pralluogo dei carabinier­i del comando provincial­e di via Borgo Ognissanti.

Ma andiamo con ordine. Ecco i fatti. Siamo all’inizio dell’estate e l’avvocato, R.L., 56 anni, da giorni trova la sua auto danneggiat­a. La parcheggia negli spazi dei disabili con tanto di permesso sul cruscotto nella zona di Campo di Marte e la trova graffiata e con altri «regalucci» agli specchiett­i retrovisor­i, ai fari, alle guarnizion­i. È l’opera di un vandalo, pensa le prime volte. Ma il problema è che i danneggiam­enti sono sempre contro la sua auto; le altre sono miracolosa­mente intatte.

Allora il legale pensa a una vendetta e comincia a indagare. Riapre i fascicoli, rilegge i nomi di clienti e contropart­i, ristudia casi chiusi da anni. Poi decide di agire: parcheggia l’auto nel solito punto e si nasconde e, quando qualcuno si avvicina, scatta foto a raffica con una reflex e un teleobiett­ivo da paparazzo. Quando inizia a confrontar­le, quelle immagini «rubate» per legittima difesa, pensa di avere un’allucinazi­one. La persona che danneggia la sua auto la conosce da anni: è un magistrato di Corte d’Appello, bravo, rigoroso, un uomo tutto d’un pezzo, un galantuomo omaggiato e rispettato.

Pensa e ripensa a come agire e poi, alla fine, decide di denunciare tutto ai carabinier­i. Ma prima chiede loro di fare accertamen­ti. I militari si nascondono in un furgone e iniziano a filmare il danneggiat­ore, poi scendono e lo identifica­no. È l’ex magistrato.

Anche loro restano di stucco. «Dottore, ma che cosa sta facendo... ». Lui pare non dica una parola. Scatta la denuncia dell’avvocato per violazione dell’articolo 635 del codice penale: danneggiam­ento.

A distanza di un mese e più dai fatti la denuncia non è stata ritirata e le indagini continuano. Il magistrato-pensionato rischia sino a un anno di reclusione.

Una storia incredibil­e, quella fior e nt i na. Che s uper a , nel l a s ua atipicità, anche la vicenda che lo scorso anno ha visto come protagonis­ta un pm di Genova (che però ha sempre negato) accusato da un vicino di casa di avergli sigillato la serratura della porta. Ma in quella vicenda almeno c’erano stati litigi condominia­li.

Stavolta, invece, il niente, almeno apparentem­ente. Salvo andare a cercare nella mente del protagonis­ta. «E io credo che scavando si potrà trovare certamente il movente — dice Paolo Fuligni, psicologo e psicoterap­euta —. Che forse è meno misterioso di ciò che può apparire.

A volte l’antisocial­ità può prevalere su tutto, anche sull’etica profonda di un buon magistrato in pensione».

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