Il magistrato che rigava l’auto dell’avvocato disabile
FIRENZE — Il movente, vero o presunto, per ora resta un mistero. Come inspiegabile è ancora oggi, a due mesi di tempo dai fatti, quella strampalata ossessione che ha armato la mano di un magistrato in pensione con un classico «oggetto contundente» e per giorni lo ha spinto a graffiare l’auto di un avvocato oltretutto disabile.
Un enigma, anticipato dal Corriere Fiorentino, che forse la razionalità da sola non potrà spiegare sino in fondo.
Antiche rivalità nate durante i dibattimenti? Qualche «vendetta trasversale» per un torto subito? Indicibili questioni personali?
A scavare nella vita dei due protagonisti, presunto danneggiatore (il magistrato) e presunta vittima (l’avvocato), non ci sarebbero litigi e incomprensioni, né dentro né fuori dal tribunale, anzi della Corte d’Appello, dove il magistrato ha lavorato prima di raggiungere l’età pensionabile.
E lo stesso legale, con auto rigata, sarebbe rimasto di stucco dopo aver sorpreso l’ex toga firmare con le sue bravate la carrozzeria. Tanto sorpreso, l’avvocato, da chiedere — prima di presentare denuncia senza correre il rischio di beccarsi una querela per calunnia — un so- pralluogo dei carabinieri del comando provinciale di via Borgo Ognissanti.
Ma andiamo con ordine. Ecco i fatti. Siamo all’inizio dell’estate e l’avvocato, R.L., 56 anni, da giorni trova la sua auto danneggiata. La parcheggia negli spazi dei disabili con tanto di permesso sul cruscotto nella zona di Campo di Marte e la trova graffiata e con altri «regalucci» agli specchietti retrovisori, ai fari, alle guarnizioni. È l’opera di un vandalo, pensa le prime volte. Ma il problema è che i danneggiamenti sono sempre contro la sua auto; le altre sono miracolosamente intatte.
Allora il legale pensa a una vendetta e comincia a indagare. Riapre i fascicoli, rilegge i nomi di clienti e controparti, ristudia casi chiusi da anni. Poi decide di agire: parcheggia l’auto nel solito punto e si nasconde e, quando qualcuno si avvicina, scatta foto a raffica con una reflex e un teleobiettivo da paparazzo. Quando inizia a confrontarle, quelle immagini «rubate» per legittima difesa, pensa di avere un’allucinazione. La persona che danneggia la sua auto la conosce da anni: è un magistrato di Corte d’Appello, bravo, rigoroso, un uomo tutto d’un pezzo, un galantuomo omaggiato e rispettato.
Pensa e ripensa a come agire e poi, alla fine, decide di denunciare tutto ai carabinieri. Ma prima chiede loro di fare accertamenti. I militari si nascondono in un furgone e iniziano a filmare il danneggiatore, poi scendono e lo identificano. È l’ex magistrato.
Anche loro restano di stucco. «Dottore, ma che cosa sta facendo... ». Lui pare non dica una parola. Scatta la denuncia dell’avvocato per violazione dell’articolo 635 del codice penale: danneggiamento.
A distanza di un mese e più dai fatti la denuncia non è stata ritirata e le indagini continuano. Il magistrato-pensionato rischia sino a un anno di reclusione.
Una storia incredibile, quella fior e nt i na. Che s uper a , nel l a s ua atipicità, anche la vicenda che lo scorso anno ha visto come protagonista un pm di Genova (che però ha sempre negato) accusato da un vicino di casa di avergli sigillato la serratura della porta. Ma in quella vicenda almeno c’erano stati litigi condominiali.
Stavolta, invece, il niente, almeno apparentemente. Salvo andare a cercare nella mente del protagonista. «E io credo che scavando si potrà trovare certamente il movente — dice Paolo Fuligni, psicologo e psicoterapeuta —. Che forse è meno misterioso di ciò che può apparire.
A volte l’antisocialità può prevalere su tutto, anche sull’etica profonda di un buon magistrato in pensione».