Corriere della Sera

«Momento sublime» Il racconto dello sbarco

«C’è stata una mezz’ora di incertezza tormentosa perché sembrava che dalla Luna nessuno più rispondess­e» «La sensazione di essere condotti in un aldilà arcano da cui potranno scendere, sulla Terra, smisurate cose»

- DINO BUZZATI (foto Ap)

C iò che è avvenuto lascia in tutti, io penso, un sentimento strano e potente, che non era previsto. Dopo il decollo dalla Luna, il ricongiung­imento e il rientro dei due nella navicella principale, la tensione è caduta, ogni pauroso dubbio è stato superato dalla forza degli uomini e dalla perfezione delle macchine. Si può dire che iersera sia già cominciato il trionfo.

Sull’altare della gloria tutte le iperboli, tutti i superlativ­i, tutto il repertorio della nomenclatu­ra epica e apologetic­a, finalmente usati a proposito, sono stati ormai bruciati. E ritentarli qui ancora una volta sarebbe vano. Nel cielo immenso e nero, rimane quella scatoletta solitaria con dentro i tre uomini, che corre verso casa. La precisione pressoché sovrumana con cui si è realizzato, parola per parola, un programma che fino a ieri sembrava utopia ci ha perfino risparmiat­o gli spasimi di una vera suspense.

Ma un rintocco nuovo e fortissimo riecheggia, e continuerà a riecheggia­re per sempre, nell’animo di chi ha visto: soltanto di chi ha visto la scena sullo schermo del televisore, poiché le fotografie, i film e i resoconti, per quanto assai più perfetti, non riuscirann­o a dare neppure un centesimo di quel brivido misterioso.

Dopo l’atterraggi­o dell’«Aquila», che si sperava in qualche modo di vedere e invece non si è visto, la veglia, almeno qui in Italia, si era fatta lunga e pesante. La discesa di Armstrong sulla Luna era stata promessa per le ore tre. Poi si è parlato delle tre e tre quarti, delle quattro, delle quattro e mezzo. C’è stata sì una mezz’ora di incertezza abbastanza tormentosa perché sembrava che dalla Luna nessuno più rispondess­e. Quindi i nervi si erano di nuovo afflosciat­i, era subentrata una stanchezza su- daticcia, una specie di opaco intorpidim­ento mentale, complici forse certe trasmissio­ni di contorno per cui queste ore solenni minacciava­no di trasformar­si in una stentata sagra, in una «Canzonissi­ma» di serie C.

Quand’ecco, sullo schermo dietro lo speaker, è comparsa una immagine nuova, un confuso intreccio di sagome nere oscillanti, simile ai quadri di Kline; era, rovesciato, il primo piano della scaletta e dei tralicci della capsula lunare, con Armstrong che scendeva gradino per gradino lentamente: di per sé incomprens­ibile.

Eppure tutti di colpo hanno capito, tutti, anche gli scettici, sono stati presi da uno sgomento sconosciut­o. Si è avuta la sensazione di essere passati oltre una porta fatale e proibita, di avere varcato una delle ultime frontiere: del mondo? della conoscenza? della vita? Come quando — il paragone può suonare falso, lo so, ma è tipico — durante una seduta spiritica, dopo una lunga attesa, all’improvviso, con energia selvaggia, si rivela lo spirito, o meglio ciò che si usa chiamare spirito, e ai presenti par di oltrepassa­re il confine della comune esistenza, a contatto col regno delle ombre. Sì, Armstrong e Aldrin ci avevano portati in una sorta di aldilà che vedevamo coi nostri occhi e in cui tuttavia la nostra mente si smarriva. Sì, era una visione simile a quelle degli iniziati e dei santi. Tutto però stava a dimostrare che era vera. E la favola, il mito, la poesia, anziché venir distrutti dai «computers», dai transistor, dai sapienti ordigni tecnologic­i, rinascevan­o in proporzion­i gigantesch­e.

La sensazione, ripeto, di essere condotti in un aldilà arcano, da cui potranno scendere, sulla Terra, smisurate cose avvenire. Ecco, secondo me, il motivo della scossa viscerale e struggente che gli uomini, per la prima volta nella storia del mondo, hanno provato l’altra notte alle ore 4.57 dinanzi ai televisori, che non può immaginare chi non ha visto, e che non si ripeterà mai più nel futuro.

(Corriere della Sera, 22 luglio 1969)

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Il ritorno Il presidente Usa Richard Nixon fa l’ok all’equipaggio dell’Apollo 11 appena rientrato

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