L’ilva e la lezione di Mani Pulite
Taranto, Italia. Nel fumigante teatro dell’Ilva resta senza risposta la domanda di fondo: la città vuole o non vuole avere ancora il maggiore stabilimento siderurgico d’Europa? La procura accusa l’azienda di alto inquinamento. È facile immaginare che, in tribunale, si confronteranno le concentrazioni di polveri a Taranto e a Milano, dove auto e riscaldamento inquinano altrettanto e non si vive più a lungo. Si evocherà il divieto di costruire case a ridosso degli stabilimenti per ribaltare la frittata su chi autorizzò i quartieri vicino alla fabbrica. Si dirà delle corruzioni, dei ritardi voluti, di Riva che investe in perdita nell’Alitalia per risparmiare di più a Taranto.
Ma alla fine? I Riva sono imprenditori-padroni d’altri tempi. Bastone e carota. Religione del profitto. È vero, ai Riva costò poco l’Ilva, messa in vendita dall’Iri: 851 milioni di euro. In tre anni se la ripagarono con gli utili. Ma nell’aprile 1995 nessuno offrì di più. Nemmeno Luigi Lucchini. E però questi scorbutici milanesi, allergici alla Borsa, lasciano in azienda tutti gli utili: 4 miliardi in 18 anni. Quanti altri lo fanno, tra i big? I Riva avrebbero dovuto fare di più contro l’inquinamento. Loro stessi ne sono consapevoli se hanno accantonato un fondo specifico di 350 milioni di euro. Ma questi bilanci dicono anche quanto siano legati all’acciaio il vecchio Emilio Riva, i figli e il nipote, Emilio pure lui, che vive a Taranto e non in Costa Azzurra. Forse anche per questo l’azienda ha evitato il braccio di forza della chiusura dello stabilimento scatenando ben oltre quanto si è visto la rabbia dei lavoratori contro la Procura. Dare la presidenza a un ex prefetto come Bruno Ferrante, già candidato sindaco del centro-sinistra a Milano, è stato un autocommissariamento da parte di un padrone che, fra l'altro, rosso non è.
Tutti i reati vanno accertati e perseguiti, senza sconti. Ma smantellare l’acciaieria non è materia da tribunali. L'ordinanza, va detto, non arriva a tanto. E tuttavia tenere in sospeso troppo a lungo un’acciaieria a ciclo continuo può procurare gravi danni. I clienti non aspettano. Il capitale accumulato si brucia. Sarebbe un modo surrettizio per arrivare a quel risultato.
Durante Mani Pulite, la procura di Milano inquisì Publitalia. Temendo che potesse commissariare la sua concessionaria di pubblicità, Silvio Berlusconi convinse Marcello Dell'Utri a lasciare la presidenza a un garante, il professor Roberto Poli. Il pool di Antonio Di Pietro non si spinse oltre con l’azienda. Ferrante è sempre custode giudiziale dell’Ilva o non lo è? Se si ritiene che non dia garanzie, ancorché abbia subito licenziato un dirigente accusato di corruzione, la magistratura dica perché e decida un’alternativa. Il ministero dell’Ambiente sta preparando una nuova autorizzazione integrata ambientale sulla base delle più recenti indicazioni europee. La procura potrà associare al management un comitato di esperti che controlli la puntuale esecuzione dei rimedi. Se invece il problema è l’acciaieria in sé, allora bisogna dirlo apertamente e restituire alla città il diritto di esprimersi, consapevoli tutti che la Cassa del Mezzogiorno è finita.
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