«I soldati» di Zimmermann conquistano Salisburgo
I ntelligente
e preparato com’è, l’Intendant del Festival di Salisburgo Alexander Pereira ha costruito quest’anno un programma fitto di belle cose. Spettacolo e cultura. Impossibile elencare.
A dirne tre, si pensa in primis al ritorno di Claudio Abbado, finalmente. Si pensa alla consacrazione di Damiano Michieletto, che qui non ha dato il suo meglio ma ha raccolto i frutti di quanto seminato in tante regie di pregio.
Ma si pensa soprattutto all’aver prodotto con la Scala, dove l’opera andrà in scena nel 2013-14, una nuova edizione dei Soldaten di Bernd Alois Zimmermann, capolavoro tra i primi dieci del Novecento, che le impervie difficoltà di allestimento (cast e orchestra sono enormi, la musica è complessa) rendono rarissimo sulle scene (in Italia solo una volta, a Firenze, una vita fa). Beh, che dire? È lo spettacolo dell’anno. Musica materica, fantasia e invenzione. Urla il disagio morale e materiale di un’umanità di sconfitti ma lo trascende.
Un Wozzeck 30 anni e una guerra mondiale dopo. Musica ecletti- ca nei materiali, unitaria nello stile. Mentre affonda nello squallore di un mondo dimenticato da Dio, allude a questioni filosofiche sottili. Il testo di ispira a Jakob Lenz (Settecento) ma è modernissimo. E Ingo Metzmacher, a capo dei Wiener Philharmoniker, è l’interprete ideale. Ama il materismo, lo esalta, non ne ha paura. Ottima poi la messinscena di Alvis Hermanis, regista lettone.
Nell’immenso palcoscenico della Felsenreitschule costruisce un porticato con vetrate che diventa anche schermo di proiezione di silhouette e di fotografie erotiche di primo Novecento. Finto naturalismo. Fa vedere tutto (perciò si allude alla pornografia, appunto il vedere tutto) quanto accade e si dice ma anche quanto accade e non si dice.
Da promessa sposa di un buon partito a prostituta del reggimento, per Marie, la protagonista, il passo è breve. È una metamorfosi lenta e naturale, dato il contesto di greve soldataglia. Straordinaria la fluidità del racconto, fatto di realismo, metafore, astrazioni e di… cavalli: sono quattro che trottano dietro al porticato, metafora a loro volta di altre cose.
A partire dalla protagonista Laura Aikin (chi non la ricorda splendida Lulu alla Scala?), il cast è semplicemente fantastico. Da citare almeno Tanje Ariane Baumgartner, Cornelia Kallish, Tomasz Konieczny, Daniel Brenna, Gabriela Benackova. Ma tutti, fino all’ultimo soldato, sono perfetti nel sostenere una vocalità così dura. Gli applausi non finiscono più.