Corriere della Sera

FINALMENTE SI TORNA A GIOCARE A PALLONE MA FINIRANNO LE POLEMICHE EI VELENI?

- MARIO SCONCERTI

Un

vecchio detto del calcio, molto nazionalpo­polare, prevede che «quando il pallone comincia a rotolare sull’erba, tutto il resto si zittisce». Il gioco conta più delle parole, uno anzi, cancellere­bbe l’altro. Bene, da oggi si gioca, anzi da ieri. Non so se sia ancora un proverbio possibile, comincia a essere raro trovare ormai anche l’erba nel calcio, però è infinitame­nte auspicabil­e. È stata un’estate di accuse, di offese, di conferenze stampa senza domande, di qualche volgarità, perfino di minacce. I vari popoli del calcio sembrano sentirsi orgogliosi solo nella cattiveria, in ciò che divide e crea martirio. Non si discute nemmeno sulla qualità delle cose che accadono, si va avanti per principio, ognuno sulle posizioni della propria religione.

Conte dice essere credibile e di aver diritto a essere creduto. Ma anche i giudici lo sono, anche il suo vice Stellini lo era, ma è stato con lui a Bari, Siena e Torino, poi ha patteggiat­o 2 anni e 6 mesi e si è dimesso dalla Juve. Allora è credibile anche pensare che Conte «non potesse non sapere». In realtà non lo sapremo mai, non potremo saperlo, ma nel frattempo non possiamo passare il tempo a dividerci.

È stancante questa ostilità continua che non si risolve mai perché tanto ognuno è disponibil­e a negare anche l’evidenza. Farà bene all’orgoglio delle fazioni, ma al resto del calcio appare ormai noioso. Perché Zeman deve avere un solo argomento? Perché Mazzarri è incontenta­bile? Perché la Juve ha sem- pre ragione, è la più forte, la più ricca, ma non chiede mai niente di meno che essere vittima? Perché Cassano litiga con tutti? Perché Berlusconi ha una verità vera e una in base alle offerte che gli arrivano? Perché gli arbitri, i giudici, gli avvocati, del calcio non possono essere tifosi e fare comunque il loro mestiere? Non si potrebbe rispettare anche l’equilibrio degli altri, tutti gli altri che di questo mondo fanno parte ma sono condannati solo ad ascoltare chi grida di più? Non si potrebbe tornare a giocare a calcio?

Si deve ancora cominciare e già siamo tutti sudati, fieri della nostra bile, praticamen­te ciechi rispetto a quello che accade sul campo. Incapaci di fare del calcio una cosa sola, una lobby dei padroni ma anche della gente, una forza che ci riporti dentro il tempo e cominci ad adeguarci agli altri. Sapete qual è la prima ragione per cui i grandi giocatori se ne vanno e gli altri si rifiutano di arrivare? Perché abbiamo gli stadi vuoti. Il calcio italiano suscita tristezza, non dà più l’immagine di grandezza e avanguardi­a , un calcio vivo come un’eterna tecnologia avanzata che siamo sempre stati. Stiamo sbagliando il modo di viverlo, non di giocarlo. Proviamo da oggi con «il pallone che rotola». Il gioco è sempre fantastico, speriamo sia lui a cambiare noi. Non più viceversa.

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