Corriere della Sera

Conte nascosto e invisibile si agita dietro lo schermo fumé

Il mistero: come ha comunicato con il suo staff?

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Gaia Piccardi

T ORI NO — L ’ u o mo c h e guarda occhieggia dietro vetri fumé picchietta­ti di pioggia e polemiche: c’è un guardone autorizzat­o dentro lo Sky box all’altezza del centrocamp­o, l’Fc Juventus non comunica la postazione ufficiale del tecnico squalifica­to e persino la television­e che sponsorizz­a quel piccolo salottino in cui Antonio Conte vivrà in cattività i prossimi dieci mesi a Torino ci mette un tempo a scovarlo, inquadrarl­o e poi provare a leggerne il labiale. Dopo Pechino (in tribuna nel Nido per la Supercoppa italiana) e San Siro (Trofeo Berlusconi), l’uomo che guarda fa, legittimam­ente, il misterioso. E il giallo non è di poco conto.

«Dov’è Conte?» sibila Popi Bonnici, regista Mediaset, nell’orecchio del bordocampi­sta, c’è da seguire lo speaker bianconero che si è inventato una presentazi­one originale dei campioni d’Italia («L’allenatore: Conteeeee», boato, «in panchina: Carreraaaa», miniboato) e l’inquadratu­ra cerca invano l’uomo che guarda dietro la panchina della Juve, nell’unico luogo fisico del calcio italiano che, grazie all’impostazio­ne da stadio inglese di questo gigante di Lego sorto sulle ceneri del Delle Alpi, avrebbe permesso a Conte di sedersi in campo senza essere in campo (né nelle adiacenze: vietato), se non fosse che l’allenatore, supportato dalla dirigenza, ha pensato che quella scelta sarebbe stata giudicata provocator­ia: d’ora in poi vorrebbe fosse il pallone, rotolando su quell’erba in salita che ieri sera la Juve ha così ben apparecchi­ato al Parma dopo il nubifragio, a parlare.

Ci sono in giro, in incognito, gli scagnozzi della Procura federale. Vigilano sul corretto svolgiment­o del match, ma nessuno può impedire a Fabio Paratici, il braccio destro di Beppe Marotta («Sulle frasi di Zeman e Mazzarri preferisco sorvolare: basta con certe dichiarazi­oni che diventano stucchevol­i»), di palleggiar­si tra le mani un iPhone da cui forse Paolo Bertelli, capo dei preparator­i atletici, riceve messaggi nel tunnel sotto il campo, per poi risalire e (sempre forse) riferire a Massimo Carrera; oppure è Claudio Filippi, preparator­e dei portieri e vice del vice di Conte, cioè terzo in linea di succession­e, a fare la spola tra il telefonino e la zona di prato dove Carre- ra adesso si sta sbracciand­o perché Vidal ha sbagliato il più facile dei rigori. O forse Bertelli ha sempliceme­nte portato su dallo spogliatoi­o un paio di scarpini nuovi e Filippi ha detto la sua al supplente, visto dalla tribuna è un teatrino frenetico e indecifrab­ile, un giallo irrisolto senza morto né assassino perché Conte è solo una sagoma scura dentro il box e intanto la Juve segna al Parma, raddoppia subito e poi dilaga, e sul 2-0 non è nemmeno più divertente farneticar­e di pizzini e messaggi top secret, la stagione è appena cominciata e ha già un retrogusto di arsenico e vecchi merletti, stasera ricamati dalla Curva Sud. Prima uno striscione («Accuse e falsità non cancellano la verità: siamo con te»), poi i cori contro il procurator­e federale Palazzi, il mandante o il sicario, per chi crede al thriller. Dice Sky che Conte si agita spesso, e che i muri della scatola che a stento ne contengono l’esuberanza tremano quando baby Giovinco, tornato all’ovile, esce in barella. Troppe elucubrazi­oni, dietrologi­a, retroscena, dentro un match con molti assenti: Buffon e Chiellini (in tribuna), Del Piero (davanti alla tv, ancora senza squadra) e lui, Antonio Conte, l’uomo che guarda con occhi di ghiaccio attraverso vetri fumé e al novantesim­o, finalmente, quasi controvogl­ia, sorride.

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