LASCIAMO FRANCESCO EDUCATORE
A LO STESSO
Tutti sappiamo, per aver frequentato la scuola, che cosa significhi interrompere repentinamente il rapporto privilegiato che si è stabilito con un insegnante di riferimento, quello che ha saputo comprenderci, valorizzarci e per il quale vale la pena di studiare. Poiché i professori — dice Freud parlando della psicologia del ginnasiale — prendono il posto del padre nel delicatissimo transito dalla famiglia al mondo esterno, il loro allontanamento si configura come un vero e proprio lutto. Difficilmente il supplente, che si configura come un indebito usurpatore, riuscirà assistenza in classe. Non potrà però riavere indietro il suo amico Michele, perché il contratto con la cooperativa in cui lavora non è stato rinnovato.
Per Francesco è una grossa perdita. L’educatore deve infatti aver preso il posto del fratello maggiore che è anche un amico e, come tale, non solo aiuta a crescere ma sdrammatizza, sfotte, sprona il minore a inserirsi nel gruppo dei coetanei superando le inevitabili difficoltà della socializzazione adolescenziale. «Senza Michele — scrive Francesco — tornerò a essere quello che sono senza di lui: un ragazzo che non può fare niente da solo e nessuno lo ascolta».
C’è in quel «tornare a essere» il rischio di una regressione profonda, un’eco di disperazione che rischia di annullare i progressi sinora ottenuti. I ragazzi sono «affamati» di futuro e tutto possiamo togliere loro salvo la speranza. Nel frattempo però Francesco, che si considera un «combattente», deve aver imparato a comunicare, a dar voce alla sua sofferenza, a lottare per i propri diritti e per quelli di tutti.
Anche grazie alla sua coraggiosa protesta, gli è stato ridato il necessario sostegno. Non è poco in un momento di crisi delle risorse finanziarie disponibili per il welfare e di questo va dato atto agli amministratori. Ma Francesco non ha bisogno di un insegnante di sostegno qualsiasi, ma di quello con cui ha intrapreso un cammino evolutivo che è soltanto il loro.