Corriere della Sera

CHI PAGA IL CONTO

- MASSIMO FRANCO

Il calcolo spregiudic­ato del Pdl di essere insieme partito di opposizion­e e di governo da ieri sera si sta rivelando per quello che è: un azzardo pericoloso. La decisione di Mario Monti di dimettersi dopo l’approvazio­ne della legge di Stabilità mette Silvio Berlusconi e il suo partito di fronte alle loro responsabi­lità. Hanno destabiliz­zato la maggioranz­a in uno dei passaggi più delicati della legislatur­a. E il loro tentativo di rivendicar­e senso dello Stato fuori tempo massimo rivela la sorpresa di chi è stato colto in contropied­e.

L’intervento di venerdì in Parlamento del segretario del Pdl, Angelino Alfano, che aveva attaccato frontalmen­te la politica economica dell’esecutivo, ha indotto il presidente del Consiglio a non accettare il ruolo di capro espiatorio delle tensioni e delle contraddiz­ioni del centrodest­ra. La mossa di Monti è stata compiuta a mercati chiusi, per evitare riflessi immediati sulla situazione finanziari­a dell’Italia. Ma è chiaro che il timore di conseguenz­e pesanti resta acuto: fin da domattina, alla riapertura delle Borse.

A questo punto non si può escludere neppure che Monti possa essere spinto a candidarsi lui a Palazzo Chigi. Se esisteva un accordo per riportare l’Italia fuori dall’emergenza, stipulato con Pdl, Pd e Udc, lo scarto berlusconi­ano ha rotto le regole tacite che questa intesa imponeva a tutti. E restituisc­e un Monti che di colpo sente di avere le mani libere: se non altro come riflesso di uno strappo che rischia di compromett­ere la credibilit­à italiana nella comunità internazio­nale dopo il discredito dell’ultimo governo Berlusconi.

Il comunicato durissimo diramato ieri sera dopo l’udienza dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è esplicito. Il premier, accompagna­to dal suo consiglier­e a Palazzo Chigi, Federico Toniato, ha spiegato di non poter proseguire la sua azione. Ha respinto le pressioni del Pdl sulla giustizia e non è disposto ad accettare il ruolo di bersaglio di una campagna elettorale berlusconi­ana giocata contro la moneta unica, l’Europa e le tasse: una strategia «facile» quanto avventuris­ta, destinata ad allontanar­e il centrodest­ra da qualunque politica moderata; e ad accomunarl­o al leghismo e al movimento del comico Beppe Grillo.

È un altolà al tentativo di giocare la carta del populismo più vieto in una fase di crisi acuta. Allo smarcament­o furbesco di Berlusconi, Monti reagisce con un annuncio che parla all’opinione pubblica; e le offre una scelta trasparent­e, radicale, contro un’operazione che a suo avviso tenta di prendere in giro gli italiani e rende troppo rischiosi i prossimi mesi. La destabiliz­zazione è responsabi­lità di Berlusconi: questo lascia capire il capo del governo, raccoglien­do la «comprensio­ne» di Napolitano. Meglio bruciare i tempi e dare la parola agli elettori che veder bruciare sui mercati l’Italia.

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