Corriere della Sera

Il racconto di Monti: perché lascio E da adesso avrà le mani libere

«Ho maturato la convinzion­e che non si potesse andare avanti» Anche il Quirinale non ritiene più impossibil­e un suo passo

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( f. de b.) «Ci siamo sentiti subito dopo», dice Napolitano. Ed era già evidente, seguendo il filo del racconto del presidente, il disagio, il disappunto, non la rabbia perché quella non fa parte del vocabolari­o di un professore abituato a misurare le parole, a dosare aggettivi e mosse, la sua volontà di porre termine a un anno di governo, che per lui è stato pari a un decennio, di sofferenze, ma anche di soddisfazi­oni, specie internazio­nali. Quando Monti parla con Napolitano in una saletta della società del Giardino, antico circolo milanese, sede del riceviment­o scaligero, non ha ancora avuto modo di leggere con attenzione le parole pronunciat­e alla Camera dal segretario Alfano poche ore prima. Conosce i titoli e il senso dell’intervento, ma non lo ha ancora letto né tantomeno soppesato. Le cinque ore trascorse nel Piermarini ad assistere alla rappresent­azione wagneriana, la leggenda dell’eroe romantico in una terra percorsa da liti e contrasti, non devono averlo appassiona­to molto. Parla poco, Monti, rilascia solo una enigmatica dichiarazi­one sul Re Sole, ovvero Berlusconi, che si è allontanat­o da lui. Ma forse vede accanto al cigno bianco di Lohengrin anche quello nero del suo governo, recapitato dal duo Berlusconi-Alfano, con una musica certamente più sgradevole.

Il colloquio telefonico di venerdì sera con Napolitano è il prologo di quello ben più drammatico di ieri sera. La moglie Elsa, incontrata in una sala della società del Giardino, appare turbata. «Mario? È su che sta telefonand­o». Chi la conosce da tanti anni capisce che qualcosa sta succedendo. E veniamo alla giornata di oggi. Monti racconta di essere stato a Cannes. «Non ho risposto per tutta la giornata alle molte domande che mi venivano poste, soprattutt­o dagli stranieri. Ho colto il loro sbalordime­nto per la situazione italiana». Il Professore racconta di essere andato a Cannes dopo aver letto e riletto la dichiarazi­one di Alfano e di essersi convinto che quella era la vera mozione di sfiducia nei confronti del suo governo. Sprezzante sui risultati ottenuti, violenta nei toni, profondame­nte ingiusta. E si domanda perché non siano stati più coerenti i rappresent­anti del Pdl, partito per lunghi mesi responsabi­le e disciplina­to di quella che un tempo era, per sua definizion­e, una «strana maggioranz­a», a votargli subito la sfiducia. Sarebbe stato preferibil­e. E non si capacita il Professore che le parole liquidator­ie e persino insultanti, le abbia pronunciat­e un segretario del Pdl «sempre gentile e premuroso» e improvvisa­mente trasformat­osi in un tribuno duro e tagliente. «Ho maturato la convinzion­e che non si potesse andare avanti così». Ho cercato in questi mesi, confessa un amareggiat­o ma non piegato premier, di non cedere al mio carattere, di essere meno suscettibi­le, ebbene avrei preferito che staccasser­o la spina direttamen­te, con un voto di sfiducia, non in quel modo. Di ritorno da Cannes, Monti si dirige verso Roma, dove lo attende Napolitano. Ha già deciso di dimettersi, con dignità, quella dignità ferita dalle parole di Alfano e dalle pronunce ripetute a Milanello del Cavaliere, ridisceso in campo con quella baldanza che molti osservator­i esteri non si spiegano o, peggio, non tentano nemmeno di spiegarsi. «Ho preferito farlo subito, a mercati chiusi». Sì, presidente, ma lunedì riaprono. «Già».

Quando arriva al Quirinale, nella serata di ieri, il presidente della Repubblica che lo ha fortemente voluto alla guida di un governo tecnico che ha salvato l’Italia dalla bancarotta del novembre scorso, sa che il finale è già scritto. I due hanno caratteri diversi, ma la stima e l’amicizia sono profondi. Il capo dello Stato sa che non può fare più nulla. Discutono a lun-

Il Pdl doveva avere il coraggio di staccarmi la spina, sapendo che l’avrei potuta staccare anch’io. Avrei preferito che lo facessero direttamen­te, con un voto di sfiducia, non in quel modo

convincerl­o a rimanere per l’approvazio­ne della legge di stabilità, per la legge di variazione di bilancio. Ma entrambi si sono trovati assolutame­nte d’accordo nell’evitare al Paese l’onta di un avvilente esercizio provvisori­o. Napolitano fa ricorso, e si rende conto che il paragone è tutt’altro che esaltante per Monti, al novembre scorso quando convinse Berlusconi a dimettersi e questi lo fece dopo l’approvazio­ne della allora più che incerta e sofferta legge di stabilità. Un paragone che Monti con sense of humor accetta.

La discussion­e tocca anche la ridiscesa in campo di Berlusconi, che il capo dello Stato giudica, nei toni e negli argomenti, esaltata e pericolosa. Anche per lo stesso Cavaliere. Lo scenario che si apre è, dunque, il seguente. Il giorno dopo l’approvazio­ne della legge di stabilità, e ci vorranno presumibil­mente sei o sette giorni, il presidente della Repubblica scioglierà le Camere. È escluso, anche se Napolitano afferma di prendersi una pausa di riflession­e sulle modalità, che il governo venga rimandato alle Camere. Il discorso di Alfano è suonato alle orecchie di Monti come una sfiducia conclamata. Dunque, meglio evitare un nuovo e imbarazzan­te passaggio formale. Ma la questione resta aperta. Si voterà a questo punto a febbraio. Ciò comporterà, probabilme­nte, anche le dimissioni anticipate di Napolitano che più volte ha ripetuto di non voler essere lui a conferire l’incarico per la formazione del nuovo governo della prossima legislatur­a. Il finale di questa, morente nel modo peggiore, è stato ben diverso da quello che il Quirinale si aspettava. Anche Napolitano non si persuade di come sia stato possibile un cambiament­o c osì r e penti no del l a scena politica. Anche lui, come Monti, aveva incontrato il «gentile e attento» Alfano e non immaginava una svolta oratoria, alla Brunetta, di tale asprezza. Si aspettava che i moderati e i liberali del centrodest­ra facessero sentire la propria voce e invece, nelle sue parole, appare forte l’apprension­e per la svolta, definita a tratti di bestiale egocentris­mo, che il Cavaliere ha impresso alla politica italiana.

Lo sguardo è su quello che accadrà lunedì, sui mercati e nelle cancelleri­e internazio­nali che torneranno a considerar­e l’Italia una fonte di contagio, con tutte le conseguenz­e che possiamo immaginare. Il governo resterà in carica per l’ordinaria amministra­zione, ferito a morte, in una campagna elettorale che si annuncia tra le più difficili e tormentate del Dopoguerra. «Doveva avere il coraggio di staccarmi la spina, sapendo che l’avrei potuta staccare anch’io», ripete Monti in tarda serata, con l’aria sollevata e, conoscendo­lo, con molta amarezza in corpo. E forse anche una sottile e malcelata aria di rivincita. E ora presidente, lei è libero di prendere qualsiasi decisione, anche di candidarsi alle politiche, ormai la necessità di essere super partes è caduta o no? Il silenzio dell’interlocut­ore è significat­ivo, è chiaro che ora si sente libero di decidere. Ci sta pensando, molti lo spingono a fare un passo. E anche il presidente della Repubblica, crediamo, non lo ritiene più impossibil­e. In poche ore muore il governo tecnico, il paese corre alle urne, in un confronto così radicale che schiaccia moderati e liberali che guardano a Monti con rinnovata speranza. Forse Alfano non sapeva che con le sue parole ha fatto cadere un esecutivo ma non ha tolto di mezzo un leader. La pressione dei centristi su Monti si intensific­herà. E lui non tornerà di certo alla Bocconi. Il Lohengrin della Scala è finito negli applausi. La tragedia italiana continua. Il libretto è tutto da scrivere, la musica pure, la platea assicurata e mondiale, ma purtroppo assai poco disposta nei confronti degli interpreti. Il sipario non scende mai. go della posizione del Pdl e soprattutt­o della nota di Alfano. Napolitano condivide lo sdegno per le parole del segretario del Pdl, ingiuste nel bilancio di un anno di lavoro del governo tecnico che pur ha avuto alti e bassi, riforme positive e altre meno, ma che ha ridato immagine e rispettabi­lità al Paese in giro per il mondo. Capisco e condivido, dice in sintesi Napolitano, il senso di dignità personale e istituzion­ale che ha mosso il premier ad annunciare le proprie dimissioni. Confessa Napolitano di aver faticato non poco a

 ?? (foto di Angelo Carconi/Ansa) ?? L’uscita Il presidente del Consiglio Mario Monti, 69 anni, lascia in auto il Quirinale. Al Colle il premier «tecnico» ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e insieme hanno discusso sia dell’esito delle consultazi­oni tra il...
(foto di Angelo Carconi/Ansa) L’uscita Il presidente del Consiglio Mario Monti, 69 anni, lascia in auto il Quirinale. Al Colle il premier «tecnico» ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e insieme hanno discusso sia dell’esito delle consultazi­oni tra il...

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