Corriere della Sera

Alfano e il Pdl alla battaglia finale Ma il partito rischia di spaccarsi

Oggi vertice ad Arcore per preparare la campagna elettorale

- Paola Di Caro

ROMA — Non succede, ma se succede... È praticamen­te appeso a quattro parole il destino degli scontenti del Pdl. Che sono tanti, che mugugnano, che si vedono in cene più o meno riservate. Ma che, allo stato, hanno davanti poche strade. Forse nessuna, se andrà come Berlusconi ripete ai fedelissim­i in queste ore: «Sarà un referendum tra me e Bersani, per gli altri non c’è più alcuno spazio, non esistono».

Ma se dovesse succedere che Monti, contro le previsioni, scendesse in campo, allora «tutto si rimescoler­ebbe, tutto tornerebbe in discussion­e» dicono filomontia­ni come alemannian­i, cattolici ortodossi, forzisti delusi e ciellini più o meno duri. Se invece il premier non dovesse compiere quel passo che a oggi ammettono «sembra molto difficile», tanto più con «i tempi del voto che ora, con la sua decisione, diventano stretti» allora le vie di fuga da un Pdl dominato dal Berlusconi di ritorno sarebbero davvero poche.

Ora è attesa. E incertezza totale. Perché la decisione di Monti spiazza. Parla Angelino Alfano, senza scoprirsi: «Siamo prontissim­i a votare il disegno di legge di stabilità, stringendo i tempi. Anche qui sta la nostra responsabi­lità, esattament­e come avevamo preannunci­ato al presidente della Repubblica e formalment­e affermato in Parlamento. Noi ci siamo. Bersani, in questo momento così delicato, sospenda i toni da campagna elettorale». Bobo Maroni gli fa i compliment­i: «Monti si dimette, evviva!! Bravo Alfano vai avanti così, fino in fondo!». La Santanchè riven- dica: «È un nostro risultato». Ma l’area del disagio resiste, mentre i rischi per la riapertura delle borse ci sono e Berlusconi lo sa perfettame­nte. Ed è frastaglia­ta e ampia. Al di là di chi si vede al ristorante (sia Lupi sia Fitto smentiscon­o di essere stati, giovedì scorso, a cena con uomini di Alemanno, con Sacconi, con Formigoni perché si trovavano, al contrario, al desco con il fedelissim­o di Berlusconi Denis Verdini), l’area cattolica che fa capo a Cl, quella che si riunisce attorno al sindaco di Roma, lo stesso Fitto che è stato uno degli uomini più vicini e importanti per Alfano, non esultano certo per il ritorno in campo di Berlusconi.

Le motivazion­i sono diverse: Alemanno — che ormai rappresent­a una delle tre anime degli ex An in competizio- ne con quella di La Russa e Gasparri da una parte e della Meloni dall’altra — è alle prese con la difficilis­sima corsa per la riconferma al Campidogli­o. Cl affronta il malumore del mondo cattolico che da tempo ha mostrato a dir poco freddezza verso Berlusconi. E così per un Mario Mauro che rappresent­a (con molto vigore) la posizione di disagio del Ppe, c’è un Formigoni pure critico, mentre Maurizio Lupi, pur perplesso, nel Pdl continua a operare e due giorni fa era a pranzo con Berlusconi e Alfano per evitare che si strappi la tela: «Cl? In ogni caso non ci divideremo» assicura. Fitto a sua volta ha mostrato con il silenzio la delusione per l’abbandono del cammino intrapreso con Alfano per portarlo alla premiershi­p dando il via a quella svolta generazion­ale e politica sulla quale aveva puntato. Ma, nonostante i rapporti di stima con Monti, reciproci, allo stato non è intenziona­to a fare strappi né colpi di testa.

Insomma, anche se si susseguono date, ultimatum e penultimat­um — gli ex An, da Meloni a La Russa, annunciano mobilitazi­oni per il 16 dicembre per andare verso «un nuovo centrodest­ra» — nessuno sembra pronto a muoversi verso altri lidi. E questo per due motivi. Il primo è che Berlusconi — pur ripetendo a chiunque che «servono facce nuove, serve un ricambio di chi va in tv, non si possono vedere ancora le facce di Cicchitto, Gasparri, La Russ a » — non v uol e pe r der e nemmeno un pezzo del suo partito.

Domani arriverann­o sulla sua scrivania i sondaggi della Ghisleri per un primo responso sul suo ritorno in campo, e anche se la vera campagna elettorale non è ancora iniziata, qualcuno pensa che l’ex premier tirerà le somme a gennaio, quando conta di aver risollevat­o il partito almeno al 20%. In caso contrario, si ipotizza che possa perfino tornare sui suoi passi.

Scenari improbabil­i, certo. Mentre è viva l’ipotesi che Monti scenda direttamen­te in campo. In questo caso, di- cono tutti i malpancist­i del Pdl, le cose cambierebb­ero davvero. Perché una eventuale Lista Monti attirerebb­e più di un big deluso, sicurament­e l’area ultra cattolica in subbuglio. E qualcuno, a quel punto, arriva a prevedere perfino una riaggregaz­ione totale del centrodest­ra, magari col passo indietro del Cavaliere anche se ad oggi i rapporti tra Monti e Berlusconi paiono tesissimi.

Ma per ora Berlusconi pensa a tutt’altro, concentrat­o solo sulla sua campagna: «Possiamo e dobbiamo vincere» carica i suoi, pronto già dalla prossima settimana a «invadere» le tivù, a mettere in mo- to la macchina organizzat­iva che si servirà anche di Internet e social network per rilanciare le parole d’ordine antimontia­ne che, ne è convinto, sono quelle di maggior presa sugli elettori: «Non ha mai avuto un gradimento così basso...». E insieme, l’ex premier pensa alle alleanze. Oggi ad Arcore si terrà una riunione con lo stato maggiore del partito lombardo con Alfano per cercare di definire gli accordi per la candidatur­a nella Regione. Ed è anche su questa intesa, sul possibile ritiro di Albertini e la convergenz­a su Maroni, che si gioca l’unità o meno del Pdl.

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