Corriere della Sera

«Silvio sbaglia. Non rinnoverò la tessera»

Albertini: l’alleanza con la Lega è un tradimento del Ppe

- Elisabetta Soglio

MILANO — Stavolta ha deciso: «Il Pdl che si allea con la Lega tradisce il Ppe. Per questo, non rinnoverò la tessera». Non è lui che se ne va, ma loro che hanno cambiato strada, insomma: «Questo non è più il Pdl delle origini. Non posso stare in un partito che non si rinnova e che fa alleanze contro natura al solo scopo aritmetico, per avere qualche seggio in più in Parlamento». Gabriele Albertini, il giorno prima del vertice ad Arcore che oggi definirà il nome del candidato alle elezioni regionali, rompe gli indugi: «La sterzata di Berlusconi, per altro prevedibil­issima perché io ho sempre saputo che avrebbe scelto di appoggiare Roberto Maroni, in Lombardia, e di rimettersi in pista, a livello nazionale, è per me inaccettab­ile».

Troppe cose, una in fila all’altra: «Non si fanno le primarie, torna in campo, fa cadere il governo per garantirsi un accordo con la Lega». Albertini elenca i passaggi di «esperienze che ormai si stanno allontanan­do sempre di più». Da quando, nel ’97, Berlusconi lo prese da Confindust­ria e lo volle come sindaco di Milano: «Anni di grande collaboraz­ione — ricorda l’ex primo cittadino — durante i quali è stato sempre aperto e attento a lasciarmi una mia autonomia e indipenden­za». Ma poi, «ci sono state alcune scelte che non ho condiviso e alcuni atteggiame­nti che non ho apprezzato». Perché parlarne soltanto ora? «In realtà, non ho mai fatto mancare i miei giudizi critici. Diciamo che ho tollerato alcune cose, soprattutt­o sulla scelta di alcune figure per alcuni incarichi istituzion­ali: ma ora ci sono nodi politici sostanzial­i». A partire da quell’intesa con il Carroccio che Albertini, europeista convinto oltre che europarlam­entare del Ppe, proprio non riesce a digerire: «Tutti noi parlamenta­ri del Ppe abbiamo sottoscrit­to un recente documento in ci si fa riferiment­o ai valori fondanti del partito, dal concetto di Europa all’economia sociale di mercato e si aborrisce il scimiottar­e di volta in volta Lego o grillo per ragioni demagogich­e. Ma come si può allo stesso tempo restare alleati di un partito che raccoglie firme per uscire dall’euro, che è ostile all’integrazio­ne, che vorrebbe disgregare gli stati nazionali?».

Guarda indietro e quasi si pente, Albertini: «Io sono sempre stato un indipenden­te, a partire dalla prima volta in cui venni eletto nelle file di Forza Italia. Non è nel mio destino far parte di un partito». In effetti, anche il lavoro che sta facendo ora «non riguarda la nascita di un partito, quanto di un polo di attrazione per alcuni interessi e riferiment­i. E il punto di partenza è l’Agenda Europa, perché anzitutto vogliamo restare ancorati alla istituzion­e che hanno fondato Adenauer, Schuman e De Gasperi».

Positivo il giudizio su Monti, quindi: «È chiaro che per risanare l’economia bisogna aggredire l’evasione fiscale e non aumentare le tasse. Ma quando devi abbassare una febbre molto alta, nel senso dello spread, usi le medicine che hai in casa e parti da quella che è meno peggio». Un Monti bis? «Non so se sarà disponibil­e lui e se ci saranno le condizioni per farlo. Ma sarebbe la soluzione più giusta per il Paese: servi- rebbe comunque un governo con una maggioranz­a configurab­ile a quella uscente».

L’ex sindaco guarda a Roma, ma la sua candidatur­a alle regionali, causa election day, renderà incompatib­ile un suo ruolo alle politiche. Fra l’altro, pare abbastanza chiaro chi taglierà per primo il nastro d’arrivo: «È ovvio — ammette l’ex sindaco — che sulla carta il candidato favorito è quello dell’area che ha meno turbolenze e divisioni interne. Ma in alcune aree metropolit­ane, mettendo insieme la mia lista civica al Pdl vero, non quello che scimmiotta Grillo o la Lega, me la gioco con Ambrosoli (che sfiderà Albertini nella corsa a Governator­e se vincerà le primarie del centrosini­stra, il 15 dicembre prossimo, ndr) e quindi comunque ci sarà da divertirsi». Ma non si imputi all’ex sindaco la spaccatura del centrodest­ra: «Berlusconi regala la Lombardia, sacrifican­dola in cambio del patto di legislatur­a con la Lega, in modo da garantirsi un numero di deputati e senatori che lasci un presidio un po’ più robusto. Un patto inaffidabi­le: verranno eletti i fedeli di Berlusconi, e fedeli è cosa diversa da leali, e un gruppetto di leghisti che saranno i primi a scappare appena le cose non andranno bene».

Albertini va avanti, insomma. E parla di un programma «che ha come prima emergenza il tema del lavoro, prima ancora di quello della legalità, malgrado il discredito gettato sulle istituzion­i da alcune gravi vicende recenti». Negli incontri che sta facendo in tutte le città lombarde, Albertini ripete alcuni punti della sua ricetta: «La Regione dovrà trovare le strade per garantire un accesso facilitato al lavoro, soprattutt­o per i più giovani, ad esempio dando incentivi a chi assume. Bisogna intervenir­e con molta energia a favore di chi ha perso il lavoro, delle donne e dei giovani. Servono agevolazio­ni al credito per le aziende che avviano un’impresa e in questo la Regione potrebbe fornire garanzie ad alcuni istituti convenzion­ati. Serve il soste- gno al reddito delle famiglie, soprattutt­o quando si hanno più figli». E poi c’è il tema della sanità, «che in Lombardia è un’eccellenza ma dobbiamo rivedere i sistemi di accreditam­ento chiedendo maggior rigore nei bilanci anche alle fondazioni». Perché è vero che l’occupazion­e è l’emergenza in Lombardia, ma il paladino dell’onestà e del rigore non dimentica le sue battaglie: «Il positivo dell’energia privata va accolto sotto la sapiente regia di una guida trasparent­e e di controlli più severi».

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