Allargare lo spazio pubblico europeo
Il processo di integrazione politica dell’Europa, avviato alla fine della Seconda guerra mondiale, è nato dalla volontà di porre definitivamente fine alle guerre civili europee e al nazionalismo aggressivo che le ha alimentate. Ma a quasi settanta anni dalla fine della Seconda guerra mondiale l’ideologia nazionalista con i suoi atteggiamenti di pregiudizio e intolleranza è ancora ben presente, alimenta movimenti politici populisti e costituisce un grave ostacolo sulla via della costruzione di un’Europa federale. La crisi economica favorisce la tendenza profondamente sbagliata ad affrontare i problemi da soli e in ordine sparso e a deviare la protesta sociale verso capri espiatori «stranieri» (le istituzioni comunitarie o altri Stati membri).
La questione del nazionalismo è al centro delle due principali contraddizioni della odierna politica dell’Unione Europea. La prima consiste nel progetto di costruire una unione sopranazionale usando gli Stati nazionali come elementi costitutivi, ma liberandosi dei connessi nazionalismi. La seconda è la contraddizione tra il trasferimento di porzioni crescenti di sovranità nazionale dal livello statale a quello sopranazionale (dapprima la gestione comune della siderurgia e le misure volte a creare lo spazio unico europeo per la libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali, poi la moneta unica, nel prossimo futuro la politica fiscale e la politica estera e di difesa) e il tuttora inadeguato trasferimento di impegno e lealtà dai cittadini dei Paesi membri alle istituzioni di una comunità sovranazionale in fieri. Le due contraddizioni sono strettamente correlate. Le decisioni politiche prese a livello dell’Unione distribuiscono in modo diseguale costi e benefici non solo tra i diversi gruppi sociali ma anche tra i diversi Paesi membri, alimentando così una rinazionalizzazione del conflitto che richiede di essere controllata e depotenziata grazie a forti sentimenti di appartenenza comunitaria e di adesione a un progetto comune.
Che cosa si può fare per contrastare questa deriva nazional-populista? È necessario irrobustire le istituzioni che possono nutrire la lealtà e l’impegno sovranazionali. Innanzitutto, va perseguito l’obiettivo di creare una scuola e una università europee comuni, attraverso meccanismi come il pieno riconoscimento dei titoli di studio, il «processo di Bologna» per la progressiva omogeneizzazione dei percorsi e dei curriculum universitari, lo scambio generalizzato di studenti dei diversi Paesi membri a tutti i livelli scolastici. Sarebbe inoltre opportuno introdurre un servizio civile obbligatorio di breve durata per i giovani europei di ambo i sessi, da svolgere in un altro Paese membro in attività di riconosciuto valore sociale e culturale.
Vi è poi la questione della lingua, fondamentale fattore identitario: da un lato, si deve preservare il multilinguismo come tratto distintivo della Unione Europea, dall’altro, va agevolata la comunicazione tra i membri delle diverse comunità; va quindi realizzato l’obiettivo sottoscritto al Consiglio europeo di Barcellona del 2002, in base al quale ogni cittadino europeo dovrebbe apprendere almeno due lingue diverse dalla lingua madre, lasciando libera scelta ai singoli individui e nazioni di andare in questa direzione (anche nell’assunto implicito che nella maggior par- te dei casi l’inglese sia una delle due lingue scelte).
Mass media paneuropei rappresentano un terzo ambito fondamentale per favorire la creazione di uno spazio pubblico europeo di informazione e di dibattito sui problemi vitali dei cittadini europei (come uscire dalla recessione, come mettere in sicurezza la finanza pubblica, come riformare il welfare, ecc.); ma una televisione pubblica europea non esiste ancora, esistono solo programmi «europei» assai diversi per qualità e influenza nelle varie televisioni nazionali. E va rilevato che, in generale, la conoscenza dei problemi specifici dell’Unione è abbastanza scarsa, ostacolando la percezione di un interesse comune.
Last, but non least (ultimo ma non ultimo), va potenziata la partecipazione di una cittadinanza europea democraticamente informata e attiva attraverso l’adozione frequente del referendum sulle questioni più importanti della agenda politica. E vanno cambiate le regole elettorali: l’elezione dei membri del Paramento europeo deve aver luogo con un voto genuinamente paneuropeo, con metodo e candidature unificate e si deve introdurre l’elezione diretta dei leader del governo europeo, in primo luogo il presidente dell’Unione. Ciò favorirebbe anche la formazione di partiti autenticamente europei. Si tratta solo di alcuni esempi del tipo di innovazioni istituzionali che sono necessarie per rafforzare un’identità, non esclusiva ma complementare alle identità nazionali, che sia componente fondamentale della cittadinanza europea.