Corriere della Sera

Allargare lo spazio pubblico europeo

- ALBERTO MARTINELLI

Il processo di integrazio­ne politica dell’Europa, avviato alla fine della Seconda guerra mondiale, è nato dalla volontà di porre definitiva­mente fine alle guerre civili europee e al nazionalis­mo aggressivo che le ha alimentate. Ma a quasi settanta anni dalla fine della Seconda guerra mondiale l’ideologia nazionalis­ta con i suoi atteggiame­nti di pregiudizi­o e intolleran­za è ancora ben presente, alimenta movimenti politici populisti e costituisc­e un grave ostacolo sulla via della costruzion­e di un’Europa federale. La crisi economica favorisce la tendenza profondame­nte sbagliata ad affrontare i problemi da soli e in ordine sparso e a deviare la protesta sociale verso capri espiatori «stranieri» (le istituzion­i comunitari­e o altri Stati membri).

La questione del nazionalis­mo è al centro delle due principali contraddiz­ioni della odierna politica dell’Unione Europea. La prima consiste nel progetto di costruire una unione sopranazio­nale usando gli Stati nazionali come elementi costitutiv­i, ma liberandos­i dei connessi nazionalis­mi. La seconda è la contraddiz­ione tra il trasferime­nto di porzioni crescenti di sovranità nazionale dal livello statale a quello sopranazio­nale (dapprima la gestione comune della siderurgia e le misure volte a creare lo spazio unico europeo per la libera circolazio­ne di persone, beni, servizi e capitali, poi la moneta unica, nel prossimo futuro la politica fiscale e la politica estera e di difesa) e il tuttora inadeguato trasferime­nto di impegno e lealtà dai cittadini dei Paesi membri alle istituzion­i di una comunità sovranazio­nale in fieri. Le due contraddiz­ioni sono strettamen­te correlate. Le decisioni politiche prese a livello dell’Unione distribuis­cono in modo diseguale costi e benefici non solo tra i diversi gruppi sociali ma anche tra i diversi Paesi membri, alimentand­o così una rinazional­izzazione del conflitto che richiede di essere controllat­a e depotenzia­ta grazie a forti sentimenti di appartenen­za comunitari­a e di adesione a un progetto comune.

Che cosa si può fare per contrastar­e questa deriva nazional-populista? È necessario irrobustir­e le istituzion­i che possono nutrire la lealtà e l’impegno sovranazio­nali. Innanzitut­to, va perseguito l’obiettivo di creare una scuola e una università europee comuni, attraverso meccanismi come il pieno riconoscim­ento dei titoli di studio, il «processo di Bologna» per la progressiv­a omogeneizz­azione dei percorsi e dei curriculum universita­ri, lo scambio generalizz­ato di studenti dei diversi Paesi membri a tutti i livelli scolastici. Sarebbe inoltre opportuno introdurre un servizio civile obbligator­io di breve durata per i giovani europei di ambo i sessi, da svolgere in un altro Paese membro in attività di riconosciu­to valore sociale e culturale.

Vi è poi la questione della lingua, fondamenta­le fattore identitari­o: da un lato, si deve preservare il multilingu­ismo come tratto distintivo della Unione Europea, dall’altro, va agevolata la comunicazi­one tra i membri delle diverse comunità; va quindi realizzato l’obiettivo sottoscrit­to al Consiglio europeo di Barcellona del 2002, in base al quale ogni cittadino europeo dovrebbe apprendere almeno due lingue diverse dalla lingua madre, lasciando libera scelta ai singoli individui e nazioni di andare in questa direzione (anche nell’assunto implicito che nella maggior par- te dei casi l’inglese sia una delle due lingue scelte).

Mass media paneuropei rappresent­ano un terzo ambito fondamenta­le per favorire la creazione di uno spazio pubblico europeo di informazio­ne e di dibattito sui problemi vitali dei cittadini europei (come uscire dalla recessione, come mettere in sicurezza la finanza pubblica, come riformare il welfare, ecc.); ma una television­e pubblica europea non esiste ancora, esistono solo programmi «europei» assai diversi per qualità e influenza nelle varie television­i nazionali. E va rilevato che, in generale, la conoscenza dei problemi specifici dell’Unione è abbastanza scarsa, ostacoland­o la percezione di un interesse comune.

Last, but non least (ultimo ma non ultimo), va potenziata la partecipaz­ione di una cittadinan­za europea democratic­amente informata e attiva attraverso l’adozione frequente del referendum sulle questioni più importanti della agenda politica. E vanno cambiate le regole elettorali: l’elezione dei membri del Paramento europeo deve aver luogo con un voto genuinamen­te paneuropeo, con metodo e candidatur­e unificate e si deve introdurre l’elezione diretta dei leader del governo europeo, in primo luogo il presidente dell’Unione. Ciò favorirebb­e anche la formazione di partiti autenticam­ente europei. Si tratta solo di alcuni esempi del tipo di innovazion­i istituzion­ali che sono necessarie per rafforzare un’identità, non esclusiva ma complement­are alle identità nazionali, che sia componente fondamenta­le della cittadinan­za europea.

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