Ottavio Missoni jr: «Vi prego ora aiutateci a trovare mio padre»
Ottavio Missoni ricorda spesso con un sorriso che sua madre era una donna di una serenità angelica, una donna capace di trasmettere tranquillità: «Diceva che ai suoi figli non poteva succedere niente». Chissà quante volte, in questi ultimi giorni, il vecchio Tai, come lo chiamano gli amici, avrà pensato a quella frase di mamma Ina, per farsi forza e scongiurare il peggio. Rispondendo al Questionario di Proust, l’anno scorso, ha detto che il giorno più infelice della sua lunga vita è stato per la perdita di un amico. Probabilmente oggi non è più così. Il patriarca allegro e chiacchierone, sempre pronto alla battuta, adesso è lì che aspetta, disteso su una poltrona del suo studio colorato di stoffe. Intorno, la grande famiglia-tribù, asserragliata nella casa-azienda di Sumirago, Varesotto, antica pieve di Somma, sprofondata dentro un bosco di betulle e dove i Missoni hanno dato lavoro a centinaia di persone per qualche decennio, impiegando artigiani, magazzinieri, operai nei loro stabilimenti. Lui che ha sempre aperto le lunghe braccia agli amici ora non vuole rispondere a nessuno e ieri via Luigi Rossi, la strada d’accesso alla villa, è stata transennata per tenere a distanza la stampa e i curiosi: il cellulare che trilla è in mano a una signora che risponde gentilmente «Sta riposando». Le chiamate e gli sms non si contano, da tutto il mondo, ma il vecchio Tai, che compirà 92 anni l’11 febbraio, non vuole parlare. Ha scelto il silenzio, per lui così innaturale. L’invito che viene lanciato, come un segnale di fumo, dalla casa di Sumirago è di rispettare la privacy. E dopo le parole d’attesa pronunciate sabato dalla figlia Angela, ne escono poche altre. Il tweet del nipote Ottavio jr., è un disperato appello in inglese: «Aiutateci a trovare mio padre». Nient’altro.
Persino gli amici che nonno Ottavio quasi ogni martedì chiama a raccolta con un giro di telefonate per la cena al Boeucc, l’elegante ri- storante di Piazza Belgioioso a Milano, si sentono rispondere: «Sta riposando». Non si possono definire gli amici più stretti, perché anche loro sono una tribù variegata, più vicini ai novanta che ai settanta, tutti pieni di aneddoti, malignità, malinconie e ricordi che risalgono anche ai tempi eroici in cui Ottavio era un atleta, «decine, forse centinaia, di uomini e donne di ogni Paese», ha scritto anni fa Fulvio Scaparro, uno dei pochi amici, con Tullio Pericoli, che fa eccezione all’anagrafe. Un’alle- gra brigata di cui erano habitué anche Biagi e Bocca. Oggi, il grande psicoterapeuta e il famoso disegnatore possono trovarsi a tavola con l’ex ministro Virginio Rognoni, con lo storico dell’arte Flavio Caroli, con il luminare della medicina Nicola Dioguardi, con il presidente dell’Inter Moratti, con il sociologo Renato Mannheimer, con Ermanno Olmi e Enzo Bettiza, con Piero Ostellino e se capita con Claudio Magris e Paolo Poli. Molti di loro hanno inviato messaggi, in questi giorni, ma dal più fedele e chiassoso amico che conoscono hanno avuto solo notizie indirette.
La famiglia. Ora per il vecchio Tai, già acciaccato fisicamente da qualche malanno, ciò che conta è la famiglia, una rete che durante l’anno è distesa in tutto il mondo e che ora, ripiegata a Sumirago, aspetta con angoscia raccolta intorno al suo patriarca triste. E soprattutto c’è donna Rosita, che Ottavio conobbe nel 1951 e con cui si sposò il 18 aprile 1953 (un anno dopo sarebbe arrivato il primogenito Vittorio). Lui aveva 32 anni, lei era una ragazza poco più che ventenne. «È vero, il creatore sono io, però si dà il caso che è lei che ha creato me»: ama ripetere Ottavio. Adesso sarà difficile per Rosita rifare il miracolo. Intanto, gli amici aspettano la prossima cena al Boeucc e mamma Ina assiste dall’alto.