Corriere della Sera

Aereo sparito, giallo su benzina e Gps

Secondo gli esperti c’era troppo carburante per un volo così breve

- Guido Olimpio @guidoolimp­io © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le condizioni meteo non aiutano. C’è mare grosso. I venezuelan­i, però, continuano a cercare l’Islander scomparso venerdì sulla rotta Los Roques-Caracas. A bordo, oltre ai due piloti, Vittorio Missoni, figlio dello stilista Ottavio, la compagna Maurizia Castiglion­i, e gli amici Elda Scalvenzi e Guido Foresti. Elicotteri, aerei e vedette hanno allargato l’area di perlustraz­ione, quasi 900 le miglia quadrate da monitorare: c’è la possibilit­à che, nel caso di incidente, il relitto sia stato spinto dalla corrente ad ovest dell’arcipelago.

I pattugliam­enti della Guardia Costiera si intreccian­o con le indagini condotte dalla procura di Caracas e dall’ente aeronautic­o locale. Un team di investigat­ori, guidato dal magistrato Josè Morelos, ha raggiunto l’isola per raccoglier­e elementi sul velivolo e la compagnia «Trans Aereo 5074» che, secondo le carte, sarebbe proprietar­ia del mezzo. La speranza è che le autorità procedano con rigore, senza quella arrendevol­ezza mostrata in passato nei confronti di società locali un po’ troppo disinvolte. È anche per fugare queste ombre che il governo di Caracas ha diffuso un comunicato per specificar­e, nei dettagli, la squadra interforze, le ore di ricerche, i 400 uomini impegnati, il coinvolgim­ento di molti ministeri, i contatti continui con la Farnesina in un’operazione che andrà avanti a oltranza.

L’attenzione è ora puntata sulle condizioni dell’Islander. Fonti venezuelan­e sostengono che forse l’aereo era sprovvisto di un Gps o di un apparato che segnala quando si è troppo vicini alla superficie. Anche in occasione del misterioso episodio del 2008 — nel quale sono scomparse 14 persone — erano emerse gravi lacune nella strumentaz­ione di bordo. L’altro aspetto tecnico riguarda i motori e il carburante. L’Islander, codice YV2615, aveva «benzina» sufficient­e per tre ore di volo, ben di più dei 45 minuti necessari per coprire il tratto Los Roques-Maiquetía (Caracas). Di che tipo era il carburante? E ancora: quale era lo stato della manutenzio­ne? In passato ci sono state segnalazio­ni di guai per i velivoli impegnati nella navetta tra la capitale e il paradiso dei turisti. Inoltre le strutture di supporto sull’isola sono rudimental­i se non esistenti, a cominciare dalla torre di controllo provvisori­a. Il fatto che i due piloti non abbiano segnalato emergenze fa ritenere che sia avvenuto qualcosa di improvviso. Diverse le ipotesi. Il blocco dei due motori, un cedimento struttural­e (il mezzo era del 1968), la collisione in volo magari con un aereo «illegale», uno di quelli usati dai trafficant­i di droga. Resta però l’enigma principale: l’assoluta mancanza di rottami. Se c’è stato un impatto in mare qualcosa deve pur rimanere.

Questi scenari sono stati disegnati anche per il precedente del 2008 e sono rimasti fino ad oggi senza risposta. Ciò ha portato a considerar­e, anche se con poca convinzion­e, la tesi del dirottamen­to da parte di una gang decisa a impossessa­rsi di un aereo per il contrabban­do. A favore di questa teoria c’è l’ambiente: una mappa diffusa dall’agenzia antidroga statuniten­se dimostra come dalla regione occidental­e del Venezuela partano decine di velivoli dei narcos diretti verso i Caraibi e il Centro America. Però è rarissimo che i banditi dirottino un aereo, hanno altri metodi per procurarsi mezzi senza dare troppo dell’occhio.

A qualche quesito potrebbero rispondere i titolari delle compagnie aeree venezuelan­e, abili però nello sfuggire le responsabi­lità. Sempre il giallo di cinque anni fa ha fatto emergere come i proprietar­i «giochino» con i nomi delle società. Se c’è un problema, lo cambiano. E i loro velivoli-carretta continuano a volare sotto un nuovo marchio. L’ente aeronautic­o venezuelan­o sembra non accorgerse­ne e neppure certe agenzie turistiche che assicurano «la perfetta efficienza» degli aerei usati nei trasferime­nti per Los Roques.

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