LA GUERRA CONFESSIONALE E FRATRICIDA DEL FINTO LAICO BASHAR ASSAD
Non si muove di un centimetro Bashar Assad. Nessuna concessione alle forze ribelli, che anzi definisce «burattini dell’Occidente» infarciti di «idee terroristiche»; nessuna disponibilità ad un ritiro negoziato dalla scena politica e nessuna proposta nuova per uscire dalla spirale dei massacri. Nel discorso di ieri il presidente siriano si è dimostrato più inflessibile che mai. È sembrato persino in rotta di collisione con il governo di Mosca, suo alleato storico, che pure negli ultimi tempi non ha nascosto un certo scetticismo sulla sua capacità di resistere ai successi militari degli insorti.
Tanta intransigenza si spiega con l’evoluzione dello scontro in Siria scoppiato nel marzo 2011 sull’onda delle «primavere arabe». Sua caratteristica fondamentale è infatti che, dopo la repressione sanguinosa delle prime manifestazioni pacifiche, la protesta si è via via trasformata in guerra civile e infine in guerra di religione. In Siria si sta consumando ormai da molti mesi il capitolo più cruento del conflitto interislamico tra sciiti e sunniti. Riattizzato dall’in- vasione americana dell’Iraq nel marzo-aprile 2003, questo si è rapidamente allargato a tutte le regioni dove esistono i seguaci delle due confessioni più importanti del mondo musulmano. Coinvolge l’intera penisola arabica con i Paesi del Golfo, arriva al Pakistan, alimenta la minaccia della ripresa dei massacri tra gruppi Hazara e Pashtun in Afghanistan, rappresenta la spada di Damocle per il futuro del Libano e continua ad alimentare i massacri in Iraq (quasi 4.500 morti nel solo 2012). Assad dunque non è solo. Sa che la sua battaglia non è unicamente quella della minoranza alauita (una setta sciita) che in Siria ha dominato con il pugno di ferro sulla maggioranza sunnita per un quarantennio. Al suo fianco stanno soprattutto l’Iran, la roccaforte sciita per eccellenza, l’Hezbollah libanese e il premier iracheno Nuri al Maliki. Da qui il paradosso del dittatore siriano: si presenta come bastione del panarabismo laico, ma è in trincea per una guerra confessionale fratricida.