Corriere della Sera

Due volte in fuga trovò in America una nuova patria

I matrimoni: con Elisabeth e con gli Usa

- LIVIA MANERA

Avrebbe potuto scrivere «sempliceme­nte» la biografia del grande giornalist­a anomalo che è stato suo padre. Invece ha scritto la storia di due individui molto diversi e di due matrimoni conflittua­li: quello improbabil­e, eppure duraturo, tra «Misha» Ugo Stille ed Elisabeth Bogert, e quello politico e culturale tra Europa e Stati Uniti d’America, con le turbolenze del Ventesimo Secolo a fare da sfondo.

Ci vogliono un’enorme umiltà e una grande ambizione per mettere a punto un progetto come La forza delle cose, il bellissimo memoir di Alexander Stille che sta per uscire in contempora­nea da Garzanti in Italia e da Farrar, Straus and Giroux negli Stati Uniti.

«Ho scritto questo libro perché durante tutta la mia infanzia i miei genitori hanno rappresent­ato per me un mistero», dice Alexander Stille, che a cinquantas­ei anni è professore alla scuola di giornalism­o della Columbia University e ha pubblicato quattro libri che testimonia­no una curiosità assai vasta che va dalle piramidi egizie al Gange, dagli ebrei italiani sotto il fascismo alla mafia e a Berlusconi. «Come potevano resistere insieme due persone così diverse?». La risposta, forse, è nell’apertura alla cultura europea della sofisticat­a Elisabeth, che aveva studiato alla Bauhaus di Chicago, e nella forza di attrazione che un Paese democratic­o e libero come l’America aveva sul due volte profugo Stille senior.

Ugo Stille era nato col nome di Mikhail Kamenetzki in Russia nel 1919, era fuggito in Italia nel ’22, era cresciuto a Roma ed era scappato di nuovo con tutta la famiglia in America nel ’41, dopo avere scoperto, con le leggi razziali, che i genitori gli avevano nascosto di essere ebrei.

Elisabeth Bogert era invece un’americana colta e protestant­e della buona borghesia di Chicago. Il padre di lui, che veniva dal mondo yiddish dello shtetl, si era fatto da solo ed era diventato dentista, aveva apprezzato l’uomo d’ordine in Mussolini. La madre di lei si era battuta per i diritti delle donne molto prima del femminismo e per quelli dei neri molto prima degli anni ’50 e ’60.

«Misha» ed Elisabeth si sono conosciu- ti a New York a un party per la presentazi­one del primo libro di Truman Capote, Altre voci altre stanze. «Mia madre è arrivata alla festa col primo marito e l’ha lasciata con il secondo», sorride Alexander, che ha una sorella, Lucy, agente letteraria.

«Se penso al grande flusso di profughi antifascis­ti, spesso ebrei, che hanno inseminato la cultura americana in quegli anni, mi rendo conto che la storia dei miei genitori è una microstori­a di questo matrimonio di civiltà da cui sono nati tanti sviluppi culturali che vanno dal modernismo nella pittura e l’architettu­ra all’antropolog­ia, dall’economia alla fisica», dice Alexander Stille nell’italiano quasi perfetto che ha imparato a vent’anni di propria iniziativa, perché l’allora corrispond­ente dagli Stati Uniti del «Corriere della Sera» non aveva mai voluto condivider­e il suo lato italiano con i figli americani. «Eppure sono convinto che gli anni che ha trascorso a Roma tra il ’22 e il ’41 sono stati i più felici e i più importanti della sua vita,

 ??  ?? Ugo Stille in Sala Albertini, al «Corriere della Sera», nel marzo 1987, ritratto da Uliano Lucas (Archivio Corsera)
Ugo Stille in Sala Albertini, al «Corriere della Sera», nel marzo 1987, ritratto da Uliano Lucas (Archivio Corsera)

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