Il generale russo vittorioso descritto da Tolstoj in «Guerra e pace» continuò a ritirarsi davanti a Napoleone
riera si rivelarono solo fortunati incidenti, dei quali lui ebbe sempre l’abilità di approfittare. Era incappato nel giornalismo quasi per caso, grazie ad alcune amicizie giovanili. Poi, la forzata emigrazione negli Stati Uniti l’aveva messo nella posizione ottimale per diventare corrispondente estero. A un certo punto, nel 1980, fu insistentemente corteggiato da una testata rivale, «la Repubblica», che, fondata solo qualche anno prima, già contendeva al «Corriere della Sera» la posizione di primo quotidiano italiano. Nel tentativo di portar via alla concorrenza una delle sue stelle di prima grandezza, «Repubblica» gli offrì un accordo coi fiocchi: sarebbe stato una sorta di corrispondente planetario, da qualsiasi luogo sia in Europa sia negli Stati Uniti, con la massima libertà e uno stipendio principesco. Lui contrattò e al- la fine firmò il contratto, ma quando «Repubblica» gli chiese di rispedirglielo disse che aveva bisogno di qualche altro giorno per riflettere. Per due settimane si aggirò per Roma e per Milano in uno stato di grande ansietà e di paralisi psicologica. A chiunque incontrasse chiedeva consiglio sul da farsi, elencando i pro e i contro del nuovo lavoro. Vacillò e rimandò così a lungo che un gruppo di colleghi della sua testata ebbe il tempo di organizzare una controproposta equi- valente a quella di «Repubblica», ma senza la parte sul corrispondente planetario, che poteva comportare molti più viaggi e novità di quelli che mio padre, in fondo al cuore, fosse disposto ad affrontare. Il direttore di «Repubblica», furibondo, arrivò alla conclusione che mio padre si era servito di lui per ottenere, con una strategia perfettamente calibrata, un aumento dal «Corriere», senza aver mai avuto alcuna seria intenzione di spostarsi. Non capiva che in realtà quell’astuto calcolo era stato solo un’indecisione paralizzante e un’immobilità radicata fin nel midollo delle ossa: papà avrebbe voluto cambiare lavoro, ma non poteva. Traduzione dall’inglese
di Stefania Cerchi © 2013, Garzanti, Milano
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