(MOLTO) PIÙ LAVORO E MENO RIFORME QUESTA L’UNICA PRIORITÀ DEL GOVERNO
Le tasse sul lavoro fanno sì che in Italia un lavoratore non sposato costi all’impresa circa due volte il suo stipendio netto, contro un rapporto pari a 1,7 nel resto dell’area euro. I contributi sociali ammontano (dati Istat per il 2011) a circa 216 miliardi. Per riportare il cuneo fiscale a livelli europei servono circa 50 miliardi. Quindici si possono recuperare eliminando tutti i sussidi, come da mesi chiede Confindustria. Altrettanti tagliando detrazioni fiscali, come proposto dalla Commissione Ceriani. Sette (come suggerisce Tito Boeri su Repubblica) cancellando i corsi di formazione regionale che non servono a nulla. Una decina (stima della Uil) tagliando alcuni costi della politica, a cominciare dai rimborsi elettorali. Il resto proponendo uno scambio ai contribuenti più abbienti: aliquote più basse, ma costi dei servizi più elevati, a cominciare da sanità e università. Per farlo occorre rendere operativa l’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente), lo strumento che consente di far pagare alcuni servizi in funzione del reddito, che il governo uscente non è riuscito a far approvare.
Sei mesi fa il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella (uno dei dieci saggi nominati da Napolitano) ha inviato al governo 75 proposte concrete per liberare l’economia, cancellando un po’ di rendite e di vincoli che rendono tanto difficile lavorare. Il governo uscente le ha riposte in un cassetto. Le si traducano in altrettanti articoli di un decreto legge e lo si adotti nel primo mese di governo.
Le banche hanno chiuso i rubinetti del credito: il motivo principale è che hanno troppo poco capitale. Nell’attesa che l’Europa trovi il modo per rafforzarle (ci vorranno molti mesi), si può ridurre il capitale di cui le banche devono disporre per erogare il credito, garantendo i prestiti alle piccole e medie imprese, come fa la Sace con il credito all’esportazione. Queste garanzie potrebbero essere offerte dalla Cassa depositi e prestiti. Negli anni la Cassa si è trasformata in una nuova Iri (l’Istituto per la ricostruzione industriale creato da Mussolini nel 1933) via via acquistando pezzi di imprese pubbliche. Bisogna smontare questo sistema sovietico privatizzando per liberare il credito alle imprese. Gli argomenti per cui lo Stato dovrebbe continuare a mantenere partecipazioni rilevanti in Eni, Enel, Terna, Snam Rete Gas, Finmeccanica, Assicurazioni Generali non solo sono sbagliati. Sono anche difficili da spiegare ad un’azienda che chiude perché la banca le ha tagliato le linee di credito.