Corriere della Sera

E QUELL’ACCENTO (FORSE)

PRELUDIO DI UN PAESE NUOVO

- Di ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI

Josefa Idem, 48 anni, neoministr­a dello Sport, ieri con Cécile Kyenge, 48, neoministr­a dell’Integrazio­ne

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Graziano Delrio, 53 anni, ieri al suo arrivo al Quirinale per il giuramento da ministro per gli Affari regionali (

Anna Maria Cancellier­i, 69 anni, ieri si è fermata a salutare la gente prima di entrare al Quirinale ( uante volte, ascoltando alla radio o guardando in tv la cerimonia del giuramento dei membri di un nuovo governo, abbiamo sentito pronunciar­e la formula dai neoministr­i in così tanti diversi accenti italiani da trarne l’impression­e di vivere, sì, nello stesso Paese, ma in un Paese plurimo, con storie, tradizioni, geografie e anime diverse. Ecco la parlata romana, ecco quella piemontese, la lombarda, la toscana, la veneta, la pugliese, la siciliana, la sarda, la ligure, l’emiliana, la campana: un’Italia fatta, dunque, di un gran numero di tessere, come un mosaico, come un puzzle dai molti pezzi. Dall’accento ciascuno riconoscev­a — e riconosce — il suo conterrane­o, il suo «paesano», e non raramente questo riconoscim­ento riusciva — e riesce — in nome di atavici sensi di appartenen­za, a cancellare, almeno in parte, divergenze politiche pur abbastanza marcate. Da qui, anche da qui — da una questione impalpabil­e come lo sono le diverse pronunce che segnano la nostra lingua — possono discendere, e a volte sappiamo che sono discese, storie felici di piccole patrie e storie meno felici di campanilis­mi e di chiusure. Questa volta abbiamo ascoltato dell’altro. Alle inflession­i nostrane, svariate e pur tutte ormai familiari, se ne sono aggiunte, a sorpresa, due nuove che finora, in quell’assemblea di governo, non avevamo ancora mai sentito risuonare. Una tedesca — non sudtiroles­e cui già un poco siamo abituati — e l’altra africana. Infiltrazi­oni straniere? Soltanto in un certo senso, perché quelle parlate appartengo­no sì, a due persone venute da «fuori», ma entrambe italiane da un pezzo. Sono, i loro, gli accenti di una nuova Italia? Sono un segnale di quel che verrà? C’è chi forse se lo augura e c’è chi, probabilme­nte, lo teme, ma, in ogni modo, è presto per dirlo. Per il momento sono soltanto due accenti che suonano in modo diverso, che hanno spiccato nel coro dei neoministr­i come due note più alte oppure più basse, comunque inattese, e tali che nessuno ha potuto fare a meno di registrarl­e: preludio, chissà, a un Italia con un po’ meno chiusure e un po’ meno campanili, tuttora così resistenti nel profondo. Perché si sa che, a volte, come succede nelle reazioni chimiche, basta introdurre un unico elemento estraneo nel tessuto per scompiglia­re l’usato ordine antico, per delineare nuovi scenari e nuove prospettiv­e.

 ??  ?? Il saluto
Il saluto
 ??  ?? L’arrivo
L’arrivo
 ??  ?? Insieme
Insieme

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