Corriere della Sera

Da Bagdad ad Aleppo: la terra libera dei qaedisti

In Iraq 300 morti in pochi giorni, in Siria si rafforza Al Nusra

- Lorenzo Cremonesi

Trecento morti in due settimane in Iraq. Il premier iracheno Al Maliki che denuncia: «Siamo vicini alla guerra civile». Strage continua e senza possibilit­à di un bilancio veritiero in Siria. Le «squadracce» di Al Qaeda sono sempre più forti e sempre più in grado di controllar­e un’area vastissima che va dalla periferia di Bagdad fino ad Aleppo. Una grande regione semi-autonoma che valica il confine tra i due Paesi ed è destinata ad alimentare il lacerante braccio di ferro cresciuto all’interno dell’Islam dopo l’arrivo delle truppe americane dieci anni fa a Bagdad. È la versione in chiave contempora­nea

Un gruppo di ribelli in azione in Siria. Una vasta regione è ormai fuori dal controllo dell’esercito di Assad. Questa zona, in mano agli estremisti sunniti, valica anche il confine iracheno ( dell’antico scontro teologico e sociale tra sciiti e sunniti, alimentato adesso dalla dinamica sempre più sanguinosa della «primavera araba» in Siria e dalla politica settaria del premier sciita iracheno Nouri al Maliki, stretto alleato dell’Iran e palesement­e incapace di assecondar­e le aspirazion­i della minoranza sunnita.

Si spiega così la recrudesce­nza di gravissimi attentati in Iraq, che durante le ultime due settimane, in concomitan­za delle elezioni provincial­i del 20 aprile, hanno causato oltre 300 morti. Un’ondata di violenze che ricorda da vicino le stragi e il terrorismo della «guerra civi- le» tra il 2005 e 2007, quando la media mensile dei morti superava quota 3.000, e costrinse Washington quasi a raddoppiar­e la presenza delle proprie truppe per cercare di controllar­e le piazze. La grande differenza ora è che da due anni gli americani si sono ritirati (e stanno ben attenti a non farsi trascinare militarmen­te nello scenario siriano), con la conseguenz­a che sono gli attori regionali ad essere maggiormen­te coinvolti: Iran, Hezbollah libanese, governo Maliki e truppe lealiste della dittatura alawita di Bashar Assad a puntello del campo sciita, contro Arabia Saudita, Qatar, Turchia in sostegno dell’universo sunnita.

Ma la novità sta adesso nel consolidam­ento dell’alleanza politica e militare tra qaedisti iracheni e le brigate sunnite islamiche in Siria, di cui la Jabhat al Nusra («Fronte di Sostegno», il gruppo armato operante nella regione di Aleppo che annovera tra i suoi ranghi anche volontari delle brigate jihadiste internazio­nali e apertament­e legato all’ideologia di Al Qaeda) costituisc­e la formazione meglio equipaggia­ta e più nota. Circa un mese fa i due fronti hanno ufficialme­nte annunciato di essersi «assorbiti» gli uni negli altri. Pochi giorni dopo quell’accordo, una trentina di militari alawiti dell’esercito siriano sconfinati in territorio iracheno, incalzati dalle brigate rivoluzion­arie che avevano conquistat­o la regione petrolifer­a a est della città di Dayr az-Zawr, sono stati a loro volta massacrati dai qaedisti iracheni in un paio di agguati ben preparati contro il loro convoglio che cercava di rientrare in Siria da un altro punto della frontiera. Il meccanismo delle alleanza non beneficia comunque solo i sunniti. Da tempo gli americani e la Nato accusano Maliki di facilitare il ponte aereo di armi iraniane e russe ad Assad via Bagdad. E negli ultimi giorni pare che l’aviazione siriana lealista abbia utilizzato le basi irachene per attaccare le forze ri- belli alle spalle.

Tuttavia la nuova dimensione territoria­le dello scontro pare davvero sconvolger­e i vecchi equilibri del Medio Oriente così come si erano consolidat­i dalla fine della Prima guerra mondiale. Già da gennaio ormai le truppe agli ordini del governo Maliki non riescono più a controllar­e le province occidental­i del Paese. Quella che potremmo definire la nuova regione semi-autonoma fondamenta­lista sunnita si estende dai quartieri occidental­i di Bagdad, occupa la regione di Al Anbar, le città di Falluja e Ramadi, per poi estendersi in Sir i a s i n o a d A l e p p o , Ha ma, Homs e confinare con le tradiziona­li enclave alawite per eccellenza che fanno capo alla fascia costiera di Latakia, Tartus e Qardaqha, il villaggio natale del clan Assad. Una deriva destinata a trascinare i due Paesi in una spirale di violenze. Ma è proprio il carattere profondo, identitari­o e radicale del conflitto a far temere il peggio. Non risparmia neppure i media: proprio ieri al Maliki ha ordinato la chiusura di una decina di tv considerat­e filosunnit­e, tra cui Al Jazeera. Ultimament­e l’intellettu­ale iracheno Kanan Makiya sul New York Times ha ricordato che la rivoluzion­e siriana ha le sue radici nell’invasione dell’Iraq nel 2003. E lo storico Fouad Ajami nel suo libro da poco pubblicato, La ribellione siriana, ha spiegato quanto fosse inevitabil­e che la maggioranz­a sunnita si rivoltasse contro la minoranza alawita.

 ??  ?? In azione
In azione

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy