Corriere della Sera

La fuoriserie di Diabolik simbolo degli anni 60

- Daniele Sparisci

MILANO — Per una notte intera gli abitanti di Whitley, piccolo sobborgo a sud di Coventry, restarono al buio a causa di un improvviso black-out. Accadde più di mezzo secolo fa. Tutta colpa di Malcom Sayer, ex ingegnere aeronautic­o arrivato E-Type. La macchina fu presentata nel 1961 al Salone di Ginevra e colpì subito nel segno per quelle proporzion­i perfette: si dice che, nel disegnarla, Sayer avesse trovato ispirazion­e nell’Alfa Romeo Disco Volante realizzata dalla carrozzeri­a milanese Touring una decina di anni prima.

La meccanica della E-Type era all’avanguardi­a: è stata la prima Jaguar ad adottare la monoscocca e anche fra le prime auto a dover montare tre tergicrist­alli per pulire l’enorme parabrezza; superava i 240 km/h candidando­si così a diventare una delle vetture più veloci in circolazio­ne grazie anche al peso ridotto: 1.206 chilogramm­i. Merito dell’esperienza accumulata nelle corse: il sei cilindri in linea da 265 cavalli derivava dai motori che avevano sbancato la 24 Ore di Le Mans.

Anche se in pista la E-Type non ha avuto la fortuna delle macchine che l’avevano preceduta (del resto era stata progettata come stradale), entrò di prepotenza nei garage che «contano». Da quello di George Harrison a quello di un altro geniale George: Best, micidiale attaccante dello United, una vita consumata fra alcol, bolidi e belle donne. Raccontano che quando Frank Sinatra vide la versione cabriolet esposta per la prima volta a New York fece di tutto per averla subito. Eppure problemi di prezzo non c’erano: costava molto meno di un’Aston Martin e di una Ferrari, 2.250 sterline dell’epoca, al cambio di oggi fanno 45 mila euro. Quanto una Bmw Serie 3 o un’Audi A4.

Dopo la meritata pensione a metà anni 70, la E-Type è rimasta senza eredi. La lettera «F» è stata a lungo un tabù nell’alfabeto Jaguar: paura di sbagliare, poche le risorse a disposizio­ne, insensibil­i i vecchi padroni della Ford al richiamo della tradizione. Sono stati gli indiani della Tata a dare il via libera alla nuova scommessa. In nome di un antico blasone.

 ??  ?? nei primi anni Cinquanta alla Jaguar: i suoi studi maniacali sull’aerodinami­ca lo convinsero a costruire una rudimental­e galleria del vento (a quei tempi era roba da fantascien­za) dove mettere alla prova i modelli matematici. Peccato che l’impianto...
nei primi anni Cinquanta alla Jaguar: i suoi studi maniacali sull’aerodinami­ca lo convinsero a costruire una rudimental­e galleria del vento (a quei tempi era roba da fantascien­za) dove mettere alla prova i modelli matematici. Peccato che l’impianto...

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