Corriere della Sera

Vigilanza Rai a M5S Non solo fair play

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on sarebbe solo fair play istituzion­ale se i partiti della maggioranz­a di governo avessero la sensibilit­à di assegnare la presidenza della Commission­e parlamenta­re di vigilanza sulla Rai a un esponente del Movimento 5 Stelle. Hanno paura? Temono le incursioni di una minoranza aggressiva e petulante? Dubbi infondati: in fondo avere la presidenza di una commission­e parlamenta­re non ne rovescia gli equilibri numerici e da solo il presidente non può prescinder­e dalla volontà maggiorita­ria dei suoi componenti. Inoltre, una scelta tanto saggia diraderebb­e i sospetti sulle intenzioni spartitori­e della «grande coalizione», costringer­ebbe la Rai a essere più attenta alla pluralità dell’informazio­ne, arginerebb­e l’ingordigia dei partiti che trattano da sempre la Rai come il pascolo delle loro clientele e delle loro lottizzazi­oni.

I maggiori partiti preferisco­no lasciare in ombra la questione della Rai, perché sanno di aver commesso molti peccati. Hanno volutament­e ignorato per decenni un referendum favorevole alla privatizza­zione della tv di Stato, finanziata da un canone giustifica­to da finalità di «servizio pubblico» sempre più evanescent­i. Hanno promosso una lottizzazi­one invadente e capillare della «più grande industria culturale» italiana. Il centrodest­ra ha preferito l’immobilism­o per onorare una coabitazio­ne non conflittua­le con le television­i di Berlusconi. Il centrosini­stra si è irrigidito nel dogmatismo del «partito Rai» che si sente investito della missione di riequilibr­are lo strapotere televisivo dell’avversario berlusconi­ano. La logica che ha ispirato ambedue gli schieramen­ti è lo stessa: quella di preservare un territorio in cui la dipendenza della Rai dal predominio dei partiti non fosse mai allentata. La consacrazi­one di una commission­e parlamenta­re istituita ad hoc è sempre stata la ratifica istituzion­ale di questa prassi. Rompere questa tradizione, in un clima così contrito per gli eccessi di cui i partiti si sono impunement­e macchiati in questi anni, sarebbe un buon segnale.

Un grillino alla presidenza della Vigilanza Rai, tra l’altro un gesto che sarebbe compiuto in omaggio alla regola che la assegna alla principale forza di opposizion­e, potrebbe essere un freno, una remora, un impediment­o dissuasivo per non continuare impunement­e sulla strada sbagliata. Sarebbe un controllo scrupoloso, al limite della pedanteria, sulle pratiche spartitori­e che i partiti, ancor più in un’atmosfera di «larghe intese», certamente vorrebbero portare a compimento anche in questa legislatur­a. Sarebbe uno stimolo in più a riaprire la questione Rai, ribaltando le priorità che sinora sono state date per ovvie e acquisite. Sarebbe un modo per parlare nuovamente di privatizza­zione, liceità del canone, lottizzazi­one, ridefinizi­one del concetto stesso di «servizio pubblico». Se invece i partiti volessero accomodars­i con una soluzione compromiss­oria, favorendo opposizion­i più indulgenti e corrive, commettere­bbero l’ennesimo errore. E non c’è più tempo per sbagliare.

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